abitudini

Le “interviste impossibili”: dialogo con la paura

Ci sono due modi per far muovere gli uomini: l’interesse e la paura” (Napoleone Bonaparte)

Eccoci ancora qui con un ospite molto gettonata in questo periodo, la protagonista assoluta della scena mondiale, presente nelle case di tutti senza essere Bruno Vespa o un influencer con milioni di like. Meglio sarebbe dire che, in fondo, è l’influencer più influenzante che ci sia, con miliardi e non milioni di dislike e proprio per questo merita questa intervista in esclusiva.

D: “Come ci si sente ad essere, in questo momento, colei che è entrata non solo nelle case di tutto il mondo, ma nella testa e nel cuore di tutti gli abitanti del pianeta?”
R: “Tengo a precisare che io ho sempre fatto parte integrante della vita di ogni essere umano, nessuno escluso. Anzi, nemmeno gli animali sono esenti dalla mia morsa, ma loro sono molto più intelligenti degli umani e si limitano a darmi ascolto solo quando esiste un motivo valido e preciso. Terminata la causa esterna che mi ha generato, un secondo dopo se ne sono dimenticati e tornano tranquilli come prima. Non mi diverto molto con loro.
Con gli umani invece si che mi diverto e mi sbizzarrisco, voi siete fantastici, così irrazionali ma allo stesso tempo così prevedibili…
Mi avete resa protagonista persino nelle fiabe per i bambini per educarli sin da piccoli alla mia presenza, loro che neanche sanno cosa sia la paura. Non hanno idea di cosa significhi davvero “avere paura”, ma voi infarcite le favole che raccontate loro prima di andare a dormire di orchi, streghe, “uomo nero” ed altre cose ridicole come queste senza rendervi conto che state creando le mie vittime preferite quando saranno grandi.
Adesso non ho neanche bisogno di creare qualcosa che faccia davvero paura, non devo neanche sforzarmi di lavorare; mi basta dire qualche parolina e riesco a scatenare un panico ingiustificato che vi rende tutti miei servitori. Cosa potrei chiedere di più?
D: “Ci può svelare quali sono i suoi trucchi per essere diventata così famosa?”
R: “Insieme alla mia famiglia, mia sorella ansia e mio fratello panico, formiamo un gruppo invincibile. Siamo molto affiatati ma di rado operiamo insieme perché gli effetti della nostra unione possono essere devastanti per la sopravvivenza stessa del genere umano, ma in questo periodo ci hanno dato il permesso di stare un pò insieme e noi naturalmente ne approfittiamo perché non capita molto spesso…ce lo consentono al massimo un paio di volte ogni secolo.
Guardi che poi non uso nessun “trucco” come lei ha detto. Non ne ho affatto bisogno ed opero alla luce del sole utilizzando i mezzi che usano tutti per farsi conoscere al grande pubblico, in primo luogo i giornali e la televisione, ed in questo periodo vengo invitata ad ogni programma che viene mandato in onda, dai Tg sino ai quiz ed i programmi più stupidi, che poi alla fine sono sempre i più seguiti. Confesso che, insieme ai miei fratelli, stiamo facendo gli straordinari per dividerci i compiti ma ci stiamo riuscendo alla grande.
Credo che il genere umano, al giorno d’oggi, sia composto da esseri di paglia e non temprati come quelli di una volta, per cui basta solo far scoccare una piccola scintilla al momento giusto nel posto giusto ed ecco che avete ottenuto un enorme incendio, difficile da domare. In fondo non devo neanche sforzarmi così tanto. Ricordo i tempi della peste nera del 1300…eh allora si che la gente aveva le palle…
D: “Quando è nata questa storia del coronavirus, vi aspettavate tutto questo successo?”
R: “Se devo essere sincera, assolutamente no. Come ho già detto, sono abituata ad agire in simbiosi con il genere umano quotidianamente fin da quando la vostra specie è apparsa sul pianeta e mi accorgo che vi sono determinate situazioni in cui la vostra risposta è sproporzionata al pericolo in atto.
Le porto un esempio; periodicamente viene sempre fuori qualche malato di mente con mille problemi che decide di farla finita magari lanciandosi con un camion su una folla di gente inerme. Ebbene, a me basta pronunciare la parola magica “terrorismo”, ed ecco che tutti mi spalancano la loro mente, smettono di ragionare, se la prendono con un nemico invisibile, ed il gioco è fatto. Ammetto che in questo genere di situazioni mi faccio aiutare da mia cugina Ira, ma l’effetto è sempre limitato geograficamente e nel tempo perché tutti pensano che quelle cose capitino sempre a qualcun altro e dopo qualche giorno di notorietà, a me già non pensano più.
Questa volta però, è stato grandioso! Qui si è messa in discussione la vita stessa, la vita di tutti indistintamente, e di fronte a quella paura ancestrale che è la morte, l’effetto è stato maestoso, oltre ogni aspettativa. Sono entrata come un pensiero fisso, come una colata di pece bollente che ha ricoperto il cuore di tutti. Sono riuscita a mettere contro intere famiglie, padri e madri che hanno rinunciato a vedere i loro figli e viceversa grazie a me, intere nazioni si lanciano accuse tremende di favorire interessi nazionali e addirittura zone geografiche di una stessa nazione, quindi fratelli contro altri fratelli che inveiscono ed insultano, sud contro nord, est contro ovest. Davvero incredibile!
Noto che, in questo clima che ho appena descritto, sono tornati a migliaia, e vanno di gran moda, i delatori, la categoria più meschina mai esistita tra le persone, che oggi invece fanno a gara per emergere. Notano magari qualcuno che sta andando a fare la spesa e pubblicano foto sui social con tanto di volto in modo che si scateni un seguito di odio ed insulti verso qualcuno che magari era in giro per ragioni valide. Era dai tempi del fascismo che non assistevo a questo fenomeno, solo che a quei tempi i delatori restavano nell’ombra per la vergogna, adesso sono fieri di esserlo.
D: “Crede che ci sia un aspetto positivo nel suo operato di questi giorni, oppure è tutto in chiave distruttiva?”
R: “Guardi, sulla base della mia millenaria esperienza, ogni circostanza non è mai soltanto negativa o solo positiva. E’ l’insegnamento che ne traete ed il senso che voi date ad un determinato evento che determina questa cosa.
Come ogni altra espressione dei vostri sentimenti più profondi, io sono una maestra di vita formidabile, quindi ci sono alcuni che traggono beneficio dai miei insegnamenti ed altri che invece dimostrano ogni volta di non aver capito niente. Dovreste fare come gli animali che, come ho detto all’inizio hanno capito fin da subito il mio insegnamento e si comportano di conseguenza.
Vi sto insegnando che certi valori che credevate fondamentali o quantomeno molto importanti sono futili ed insignificanti per la vostra vita, mentre altri che avete trascurato sono vitali.
Prendiamo l’esempio del calcio. Sino a ieri vi scannavate e siete arrivati in certe occasioni ad uccidervi l’un l’altro per difendere i colori di una maglia. Oggi, che anche il calcio è fermo, avete modo di capire quello che esso è veramente. Un circo inutile di gente inutile che non serve a nessuno, fatta eccezione per pochissime persone che lo governano al solo fine di guadagnare miliardi e miliardi alle spalle di poveracci che pagano quei miliardi di tasca loro per immedesimarsi in qualcosa di così vuoto, forse perché hanno dentro di loro un vuoto più vuoto di quello che credono di riempire con il tifo calcistico.
E lo stesso discorso potete applicarlo ad ogni settore ritenuto importante della vita sociale, come la politica e la religione. Io ho tolto il velo della menzogna su tutte le presunte certezze che avete. Il re è nudo, adesso riuscite a vederlo? Spero per voi che sia così, altrimenti sarò costretta a ritornare più duramente di quanto non stia facendo adesso.
D: “Ultima domanda in prospettiva futura. Che scenario si aspetta dopo questo suo passaggio trionfale? Che succederà dopo che si saranno spente le luci sulla ribalta di questa sua eccezionale performance?”
R: “Io so tutto sul passato ma nemmeno una come me è in grado di predire quale sarà il vostro futuro. Sulla base della mia secolare esperienza posso dire che dipende soltanto da voi e dalle lezioni che vi ho dato. Se saprete sfruttare questa incredibile occasione, come i vostri antenati sono stati in grade di fare dopo l’ultima guerra mondiale, allora ci sarà una nuova rinascita, potrete rivedere certi aspetti del sistema che non hanno funzionato e potrete apportare le modifiche necessarie. Inevitabilmente ognuno dovrà pagare un certo prezzo per rimettere in piedi le macerie di un intero sistema e, se sarete disposti ad accollarvi questo sforzo, allora in breve tempo ne sarete fuori. Ma se delegherete ancora una volta le decisioni che verranno a coloro che arriveranno presentandosi sotto le mentite spoglie dei salvatori, allora andrete ancora più a fondo, sino a perdere la vostra libertà ed altri diritti che sino ad oggi ritenevate di non poter mettere in discussione, e se questo succederà, sarà solo colpa vostra.
Se me lo consentite, resterò ancora un pò, quanto basta per completare la mia grande opera distruttiva, poi vi lascerò in pace per qualche altra decina d’anni, ma tornerò di sicuro perchè io sono voi…

Le “interviste impossibili”: Dialogo con l’orologio

“Gli uomini bianchi hanno gli orologi ma non hanno il tempo” (proverbio africano)

Eccoci arrivati al terzo appuntamento con le nostre “interviste impossibili”. Oggi abbiamo come gradito ospite un oggetto che si contende con il letto, già intervistato in precedenza, il primato di essere presente in tutte le case del pianeta ma anche, come egli stesso ama dire, “non solo mi trovate in tutte le case del mondo, ma in pochi di voi escono di casa senza che io li accompagni. Tutti escono con l’orologio, nessuno esce con il letto”.

D: “La prima cosa che mi viene da chiederle è quella di svelarci che cosa è il tempo, perchè credo che nessuno al mondo lo conosca meglio di lei”
R: “Questa è una domanda molto difficile persino per uno come me. Potrei dire che il tempo è un’idea, una percezione intima e personale che cambia da persona a persona, così come vi sono infiniti modelli di orologi, altrettanto infiniti sono i concetti di tempo. Non credo esista un’idea più diversa eppure uguale del tempo.
In effetti sembrerebbe uguale per tutti, sembra correre alla stessa maniera e non risparmiare nessuno. Ma chi ha bisogno di sapere che ore sono deve portare il tempo con sè e, di conseguenza, possedere un orologio. Ma anche noi orologi non segniamo mai la stessa ora, ognuno ha la sua ora diversa, quindi ha la sua stima personale del tempo ed in questo vi assomigliamo, di conseguenza c’è chi è già nel futuro e chi invece è rimasto un pò nel passato. Ognuno crede che il “suo tempo” sia quello giusto, quello a cui rifarsi per tutto ciò che ha da fare e fa dipendere la propria vita da quei ritmi. Ed infatti in un attimo si nasce ed in un attimo si può morire.
Il tempo è come il mercurio: se lo spargi, tende a ricompattarsi di nuovo, ritrovando la sua integrità.
L’uomo ha creduto di domare e possedere il tempo, rinchiudendolo nei suoi orologi. Qualcuno ha detto che conosciamo bene il valore di un orologio, ma non conosciamo affatto il valore del tempo che esso misura.
Se liberi il tempo scoprirai che scorre in maniera diversa a seconda delle persone. Per alcuni è lento e viscoso come pece, per altri fugge via ed è il metro con cui misurano la vita che passa. Ammazzare il tempo è un pò come suicidarsi quindi.
Le più grandi menti della storia, dagli antichi filosofi greci ai più moderni scienziati fino ad Einstein, hanno cercato di definirlo, di dargli una definizione, di imbrigliarlo in un concetto di fissità che fosse valido nel… tempo. Ma come si fa a fermare il concetto di tempo? Se non puoi fermare lui, come puoi fermare ciò che esso è? Noi possiamo fermarci, ma lui no.
Sant’Agostino diceva, a chi gli chiedeva cos’era il tempo, che se nessuno glielo domandava lo sapeva, ma nel momento in cui gli ponevano la domanda non lo sapeva più.
Il tempo ci rende socialmente accettabili se siamo puntuali, e riprovevoli se siamo ritardatari, il tempo è croce e delizia degli innamorati e cambia a seconda della sedia su cui sei seduto, se su una sdraio in spiaggia oppure sulla poltrona del dentista.
Il tempo passa? No, lui resta. Sono gli uomini che passano senza aver capito nulla del tempo.”

D: “Secondo lei, che valore viene dato al tempo che lei misura?”
R: “Personalmente credo che riserviamo, a ciò che vale davvero, solo gli avanzi della vita. Siamo sempre indaffarati, di corsa, ansiosi. Chi si ferma è perduto…è questo il motto della società di oggi. Niente di più sbagliato. L’uomo corre e si dimentica di vivere, come se fosse destinato a vivere per sempre.
All’uomo di oggi piace essere invischiato in mille occupazioni, impegni, appuntamenti, scadenze di lavoro…piace non avere tempo. Oggi, chi ha tempo viene considerato un fallito, ma io non credo che sia così. Il perdente è quello che è vittima del suo tempo.
La vita non è breve, siamo noi che ci affanniamo a renderla tale, sprecando quel dono prezioso che è il tempo che ci è stato assegnato. Lo diceva anche Seneca nel suo meraviglioso “De brevitate vitae”. Con ciò non voglio affermare che bisogna tralasciare i propri doveri per una presunta libertà, ma soltanto vivere la vita con una consapevolezza diversa.
Inevitabilmente, appena si ha la possibilità di aprire le porte al tempo, la vera essenza vola, libera di andare dove vuole, portandovi su quella che forse è la vostra vera strada; bisogna soltanto seguirla e potrebbe farvi scoprire realtà inimmaginabili.”

D: “Nella società di oggi lei è diventato uno status symbol, può costare cifre esorbitanti e vanta collezionisti quasi pari a quelli delle opere d’arte. Come ci si sente ad essere così importanti?”
R: “Quello che dice è assolutamente vero, i miei antenati mai avrebbero immaginato la carriera che abbiamo fatto. C’è da dire che solo una parte di noi ha raggiunto lo stato di cui abbiamo parlato e mi riferisco agli orologi da polso. La nostra progenitrice, nonna meridiana, sarebbe orgogliosa dei suoi piccoli nipotini. Siamo diventati gli influencer di questo secolo. Oggi le persone, specialmente nelle grandi città di affari, prima ti guardano l’orologio e poi il viso. Non so se è un traguardo dell’umanità oppure il contrario, ma è comunque vero che se vuoi farti un’idea abbastanza azzeccata di chi hai di fronte per la prima volta, dovresti guardare il suo orologio e le sue scarpe, con questo metodo non sbagli quasi mai.”

D: “Una domanda provocatoria: come mai ci sono così tanti tipi di orologi per misurare qualcosa che invece è unico?”
R: “Come ho già detto nella prima risposta, il tempo non è unico. La fisica ha dimostrato che esso cambia a seconda dell’altezza in cui ci troviamo e della velocità a cui andiamo. Mi fa sorridere il pensiero che, se potessimo viaggiare alla velocità della luce, il tempo si fermerebbe. Noi orologi, in questo caso limite, saremmo inutili e disoccupati. Ma sulla terra voi uomini fate caso ai secondi ed addirittura alle frazioni di secondo ed ai millesimi. I vostri “cronometri” dimostrano quanto siete pignoli e sono loro che decidono, per esempio, a chi assegnare una medaglia d’oro olimpica che può essere il traguardo di una vita. Ma i cronometri ed i vostri record hanno vita breve, noi aspiriamo a misurare l’eternità ma neanche noi, per quanto possiamo essere sofisticati, riusciamo raggiungere quel risultato.”

Le “interviste impossibili”: dialogo con il letto

“Il letto è il luogo più pericoloso del mondo; vi muore l’ottanta per cento della gente” (Mark Twain)

Buonasera a tutti, cari lettori, oggi inauguriamo una serie che credo risulterà molto interessante: intervisteremo alcuni oggetti, animali o piante con cui abbiamo a che fare tutti i giorni e che non immagineremmo mai che possano parlare.
A dire il vero se provate a farlo e scoprite che in effetti vi parlano, allora mettete giù subito la bottiglia di vodka e smettetela con gli stupefacenti. In realtà non parlano, ma se avete abbastanza fantasia e perspicacia vi renderete conto che hanno cose da dire che non avreste mai potuto immaginare.
Oggi inizieremo da sua maestà il letto.

D: “Come ci si sente ad essere così famoso?”
R: “Sono un tipo semplice ed in effetti non mi sarei mai aspettato di essere probabilmente l’unico oggetto presente in tutte le case del pianeta. Nessun altro mio “collega” può vantare questo primato, a parte la mia collega tazza del gabinetto, ma io sono un tipo che presta molta attenzione alla pulizia, mentre lei non si può dire che faccia altrettanto. Di solito siamo sempre ben distanti…ma non vorrei sembrare troppo snob…certo i neonati non hanno ancora ben capito la differenza ma, quando crescono, col tempo, mi apprezzano molto”
D: “Dicono di lei che è il “confidente” di tutti, è vero?”
R: “Certamente! Io posso affermare tranquillamente che conosco i segreti inconfessabili di tutte le persone che su di me si distendono. Chi parla nel sonno, chi confessa qualcosa in punto di morte e che non ha mai detto a nessuno, chi sussurra parole d’amore vere o false (me ne accorgo il giorno dopo) o grida sconcezze irripetibili, io vengo a conoscenza di tutto ma non chiedetemi altro perchè ho una reputazione da difendere e sono molto riservato”.
D: “Le piace questa sua condizione?”
R: “Devo confessare che spesso mi trovo in difficoltà. La mia etica di signor letto mi imporrebbe di mettere in guardia tutti gli ospiti che passano per le mie lenzuola sugli inganni che il proprietario spesso mette in scena per portare ospiti sul mio palcoscenico, ma sono costretto a tacere per un accordo tacito che ho con lui/lei perchè i nostri abbracci notturni mi portano ad affezionarmi a chi mi accoglie in casa ed io non sono un traditore.”
D: “Può raccontarci qualche aneddoto simpatico che le è capitato?”
R: “Me ne sono successi tanti, ma quelli più comuni riguardano certi gesti che sono caratteristici a seconda di quando il mio proprietario è solo oppure in compagnia. Guardi, quando sono con me, come nella vita di tutti i giorni, le persone hanno atteggiamenti diversi. Se siamo da soli, il mio proprietario/a non esita ad essere se stesso, si compiace di fare rumori col sedere e seppellirsi sotto le lenzuola ad annusare la propria opera e questo mi fa molto ridere, ma mi fanno parimenti ridere gli sforzi che fa quando è in compagnia, dissimulando inesistenti attacchi di tosse per coprire il rumore…per i disturbi olfattivi certi geni sono soliti agitare dal verso loro le coperte manifestando improvvisi attacchi di caldo che si rivelano inesistenti e questo mi diverte molto.”
D: “Le sue tipologie, o meglio diverse personalità che anche lei vanta, differenziano le esperienze che si trova a vivere?”
R: “Certamente. Quando sono singolo di solito percepisco tristezza e solitudine, il mio proprietario vorrebbe allargarsi ed è particolare come l’ambizione ad essere più grande delle persone è legata a me. Da singolo vorrei dare di più, così come le persone che accolgo vorrebbero di più. Preti e ragazzini hanno ambizioni di crescita. Per i secondi ci penserà la vita, per i primi non va bene che poi vadano a cercare quei ragazzini che hanno la loro stessa dimensione di letto. Poi c’è quella diabolica invenzione umana dei letti a castello, una specie di metafora della vita umana, politica e non. Chi è sopra ha una posizione privilegiata ma corre sempre il rischio di cadere e farsi male; chi è sotto si sente oppresso e tende a guardare chi è sopra di lui. So bene che è un’esigenza di spazio per sistemare due materassi dove ce ne andrebbe uno solo ma sono convinto che gli esseri umani non amino molto dormire e camminare a troppa distanza dal suolo, ho imparato che queso li inquieta un pò.
D: “Quali sono le principali doti o virtù di cui lei va fiero?”
R: “Non credo di aver bisogno di farmi pubblicità, quindi rispondo volentieri. In primo luogo ritengo di essere l’oggetto più democratico che esista, ogni bandiera di stato democratico dovrebbe inserirmi nella sua effige al posto di stelle, scudi, croci, lune e soli. Tutta roba triste come le croci o inarrivabile come stelle, luna e sole. Io sono molto più concreto, inoltre accolgo su di me chiunque. Quando si distendono sul mio socio materasso sono tutti uguali, indistintamente, e più o meno fanno tutti le stesse cose. Un povero, come anche il Papa, vanno a letto tutte le sere senza alcuna differenza. Poi li ho visti tutti nudi o almeno in mutande, anche il Papa o il presidente USA.
Poi direi che sono versatile. Le mie forme e dimensioni diverse mi consentono di adattarmi ad ogni angolo della casa; ad una o più piazze, un posto per me si trova sempre.
Inoltre sono anche molto paziente. Non ha idea di certi “pesi” che sono costretto a sopportare. Sono vecchio quanto il mondo ed in quei casi le mie vecchie molle cigolano doloranti. Ma la stessa cosa succede quando saltano i bambini grassocci oppure quando qualche amante che si sente un pornoattore cerca di compiacere la sua partner dando botte da martello pneumatico credendo che quello sia il modo per far godere una donna. Questa verità l’ho imparata dalle donne quando poi, magari sullo stesso letto dormono con qualche amica…se gli uomini sapessero quanto li prendono per il culo, gli passerebbe la voglia di fare i patetici playboy…
D: “Per concludere, qual’è il messaggio che il letto vuole lanciare al mondo intero?”
R: “Siate leggeri, in tutti i sensi, farete molta meno fatica a vivere e farò molta meno fatica io nel sopportarvi. Su di me liberate sereni i vostri pensieri, perchè bisogna essere distesi per vedere o soltanto immaginare il cielo.”

Aiuto! Nessuno mi ascolta?

L’incomunicabilità è la più terribile delle solitudini (F. Nietzche)

Il più grande problema, al giorno d’oggi, è che la gente ha preso un sacco di cattive abitudini e ne ha perdute altrettante di buone. Quelle cattive sono sotto gli occhi di tutti ed è inutile elencarle, ma possiamo individuare quelle buone, prima fra tutte, il dono di “ascoltare”. Le persone non ascoltano più, non ne sono più capaci. Ascoltare cosa l’altro ha da dirci è la capacità di venirsi incontro, di superare barriere ed ostacoli che ormai hanno frantumato l’intera umanità. Ormai, ascoltare senza interrompere è diventata un’esclusiva dei sacerdoti nei confessionali. Preferiamo essere sempre protagonisti, interrompiamo spesso l’interlocutore perchè siamo rosi dalla brama di dire la nostra, e quelle volte che la civile educazione prevale, non vediamo l’ora che finisca per poter finalmente esprimerci. Abbiamo dimenticato che, in un dialogo, il fattore più importante non è dire la nostra, quella la conosciamo già, bensì ascoltare il punto di vista dell’altro perchè potrebbe avere molto da insegnarci. Invece si litiga, si urla, si urla più forte di chi urla, come se l’urlare equivalesse ad avere ragione. Ragione di che, poi? Igor Sibaldi, un filosofo e filologo italiano afferma sempre che “nella vita o hai ragione o sei felice”. Quando si vedono due persone dialogare accade spessissimo che, una volta che uno ha finito, l’altro risponde in modo vago e cambia argomento, come se non avesse ascoltato nulla, ed infatti è esattamente quello che è accaduto. Questo succede ovunque, tra partner, tra genitori e figli, tra colleghi di lavoro, tra amici. Tutti sentono ma non ascoltano più, e se lo fanno è soltanto per brevissimi attimi. Forse sono immersi nei loro pensieri, fatto sta che in un dialogo mettono in funzione solo le orecchie e non il cervello. “In principio era il Verbo”…sono queste le parole con cui inizia il vangelo di Giovanni. “Infine nessuno lo ascoltò più” avrebbe aggiunto se fosse vissuto ai tempi di oggi. L’uso della parola ormai è smodato ed usato a sproposito, si apre la bocca tanto per parlare, per mettersi in mostra, spesso senza avere la consapevolezza di ciò che si dice. Di parlatori è pieno il mondo, ma c’è grande carenza di ascoltatori, perchè nessuno lo fa più. Il disastro di questa società è appunto il fatto che ci sono troppe parole per poche menti/orecchie e così non vi può essere comunicazione. Perchè interrompiamo l’altro per dire la nostra se l’altro poi non ascolta e fa la stessa cosa con noi? Non vi sembra un dialogo tra imbecilli? Potrebbe essere questa la causa del fallimento planetario del rapporto di coppia? O del disastroso rapporto odierno tra genitori e figli? Forse non è l’unica ma credo che sia tra le prime. L’ego di ognuno di noi è completamente cieco e sordo, si rifiuta di ascoltare per paura che il Se possa risvegliarsi e trovare qualcosa di vero nelle affermazioni di chi ci sta di fronte e così cambiare. Il cambiamento è sempre il nemico n.1 per l’ego, cambiare significa evolversi e l’ego non vuole correre questo rischio. E’ paradossale che in un’epoca di comunicazione globale non si ascolti più. Tutti sono convinti di avere una risposta a tutto, si irrigidiscono nelle loro convinzioni (che poi non sono mai davvero le loro) e non gli interessa conoscere altri punti di vista o prendere in considerazione altre informazioni. Ecco perchè non ascoltano. Sono convinti di essere detentori della “ragione” e se quello che l’altro dice è in contrasto con le sue convinzioni allora non conta nulla. Il risultato di tutto questo? Incomunicabilità. Tu parli, io non ascolto, poi parlo io ma non ascolti tu. Quello che chiamiamo dialogo, in realtà è la somma di due monologhi paralleli che, come le rotaie di un treno, non si incontreranno mai. Proviamo ad invertire questa tendenza, impariamo ad ascoltare anche chi sembra non abbia nulla di interessante da dire; nella peggiore delle ipotesi resteremo con le nostre conoscenze ed opinioni immutate, risultato che, peraltro, è quello che oggi succede sempre. Ma potremmo anche ricevere sensazioni ed informazioni nuove, che ci spingono a riflettere e forse cambiare, perchè gli altri sono il nostro specchio e, se qualcuno ci parla, probabilmente l’Universo ha qualcosa di importante da dirci, quindi ascoltiamolo. Riprendere l’abitudine di “ascoltare” gli altri è uno dei pilastri di tutte le discipline presenti in the Ark lab https://www.thearklab.net/, perchè senza un vero ascolto non può esistere nessun apprendimento…

Imagine…

E’ il titolo di una delle più belle e visionarie canzoni mai scritte e probabilmente, proprio per questo, ha avuto un successo che pochi altri brani musicali possono vantare.
Il grande John Lennon ha voluto lanciare un messaggio forte con quella canzone; il suo testo era avanti di secoli sullo stato dell’umanità. Semplice e complicato allo stesso tempo.
Purtroppo quasi tutti probabilmente si sono fermati alla musicalità della sua opera, ammantata dalla fama infinita che il suo autore poteva vantare, ma il suo messaggio era rivolto molto più in profondità.
Immaginare che non esistano più paradisi ed inferni, che tutti possano vivere l’attimo presente, che le religioni ed i confini tra le nazioni scompaiano…
Visionario, certo, ma anche illuminato perchè è questo a cui il genere umano deve aspirare ma sembra così facile da dire e così difficile da attuare.
Io ci aggiungerei anche qualcosa d’altro che in pratica impedisce la realizzazione del desiderio dell’ex Beatle.

La sfida, la competizione tra le persone si è riflessa anche sul piano sportivo, scolastico, lavorativo, quindi immagina se allo stadio non andasse più nessuno a vedere uno spettacolo che, se uno ci pensa bene, è davvero demenziale.

Immagina se nessuno pagasse più l’abbonamento alle pay tv che trasmettono il calcio. Sarebbero costrette ad adeguare i programmi alle rinnovate esigenze delle persone che, ci si augura, saranno un pò più elevate.

Immagina se a votare alle elezioni non ci andasse più nessuno. I politici non sarebbero più eletti e si dovrebbe cambiare tutto il sistema. Magari ne viene fuori qualcosa di buono, perchè tanto peggio di così sarebbe davvero impossibile.

Immagina se tutti si mettessero a leggere i classici della letteratura invece che le biografie di rapper e calciatori…si svilupperebbe una consapevolezza ed una compassione incredibile e la vita di tutti cambierebbe in meglio.

Immagina se tutti lavorassero di meno. Siamo una società ipertecnologica che però non è riuscita a delegare alle macchine nemmeno un minuto del nostro lavoro, anzi lo ha persino aumentato e non si capisce come sia potuto succedere.

Immagina se tutte le persone si svegliassero davvero…

Il mestiere dell’anima

Il lavoro. Questo concetto così frainteso, rincorso, desiderato, amato, odiato, atteso…forse nessun’altra parola della nostra lingua è in grado di scatenare sensazioni così diverse l’una dall’altra. L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro…bum!
Spesso si spende più denaro per ottenere un titolo di studio che poi non ti garantisce nemmeno che tu riesca a rientrare delle spese sostenute per ottenerlo, ma un lavoro è il sogno di tutti. Sogno di tutti? ma è davvero così?
Il lavoro è un pò come l’amore di coppia. Da giovane lo insegui con ardore e ti senti arrivato quando lo raggiungi e poi ti impegni, passi notti insonni perchè credi che ti ricambi quello che tu gli stai dando, insomma sei stanco ma felice.
Da adulto, mano a mano che il tempo passa, inizi a stancarti, se non addirittura ad odiarlo, a sentirlo come una costrizione che ti sottrae libertà, un pò perchè ti ci sei abituato e si sa che l’essere umano si stanca presto, un pò perchè dentro senti di avere spazio per “qualcos’altro”, un qualcosa che inizia a bussare sempre più forte al tuo cuore.
E, se è vero che va così, forse nell’amore e nel lavoro c’è qualcosa che non abbiamo ancora capito bene come funziona.
Restando al tema lavoro, ritengo che l’errore risieda nel fatto che la maggior parte dei lavori di oggi non sono quasi mai la libera espressione delle reali capacità di chi lo svolge o, peggio ancora, dei suoi nascosti sogni e desideri.
Quando si chiede ad un bambino piccolo cosa vuole fare da grande, lo si fa per sorridere alla sua risposta, aspettandosi i classici stereotipi infantili del pilota di formula 1 o di aerei, dell’astronauta, del pompiere, dell’infermiera o del cuoco. Forse, però, questo succedeva un pò di tempo fa, quando i bambini erano ancora “liberi”. Oggi i bambini sono già indottrinati ad ambire a professioni sociali tramandate in famiglia, sempre qualora ne valga la pena, come avvocato, dottore o ingegnere, oppure ad emulare gli effimeri idoli del momento quali calciatori, rapper e ballerine.
Poi si cresce e la vita spinge gli ex bambini a dover intraprendere lavori “imposti” dalla società del momento e non perchè piacciono davvero, ma solo perchè ti consentono di guadagnare denaro. Per molti è il denaro che serve alla stretta sopravvivenza per sbarcare il lunario, per cui va bene tutto, anche il minatore, rischiando la vita per un boccone di pane. Per altri, più fortunati, un lavoro è solo il mezzo per guadagnare tanto, per affermarsi socialmente, ed ecco che la società riceve un’overdose di avvocati, notai, medici, ingegneri, architetti e commercialisti.
A volte mi chiedo quale pazzo aspirerebbe davvero a diventare notaio perchè si sente “nato notaio”, perchè ha la missione, nella vita, di mettere firme su stupidi pezzi di carta…ma sai che palle! Chiedete a tutti i bambini piccoli del mondo (tranne quelli che hanno il papà notaio) e vedete se ne trovate uno che vi risponde così.
Col tempo, però, affiorano quelli che io definisco i “mestieri dell’anima”, le vere passioni nascoste, soffocate dall’urlo della vita frenetica e dalla logica insulsa del “vinca il migliore” che pervade oggi la nostra società.
Ebbene sono proprio quelle le nostre ambizioni, quelle che ci renderebbero davvero felici. Avete mai chiesto alla vostra anima cosa le piacerebbe fare? Quasi nessuno lo fa. Se lo faceste ed aveste la sensibilità di ascoltare la sua flebile risposta, scoprireste cose incredibili come il musicista, lo scultore, il pittore, l’attore di teatro o lo scrittore. Tutte espressioni creative connesse con la bellezza e l’armonia, perchè un’anima è sempre bellezza ed armonia. Un’anima non è fatta per mettere firme su pezzi di carta.
Una riflessione abbastanza semplice e quasi ovvia che però aiuta a farci capire perchè oggi siamo così infelici.

Saluti per tutti

Non scrivo questo post con l’intento di salutare nessuno, ma solo per rendervi partecipi di un particolare aspetto della nostra vita che, qui in occidente (come tantissime altre cose), ha perso ogni significato simbolico ed è addirittura in via di estinzione totale, forse sacrificato anche quello sull’altare della onnipotente “dea fretta” che richiede all’indaffarato pirlone occidentale di non perdere neanche un secondo per produrre e consumare.
Sto parlando dei saluti, che invece reputo una cosa importantissima nelle relazioni umane, già esistenti oppure nasciture. Salutare qualcuno all’inizio di un incontro o di una conversazione è un pò come celebrare la nascita di qualcosa e farlo alla fine è il suggello a ciò che si è dato e ricevuto in quel periodo più o meno lungo che in ogni caso deve per forza averci scatenato almeno un’emozione, sebbene sia stata solo la noia.
Al giorno d’oggi, fatta eccezione per l’abbraccio, bella ed unica manifestazione superstite dell’affetto tra due persone (quando è sincero), qui da noi nel West ci limitiamo ad un “ciao” o ad un formale “buongiorno” o “buonasera”, magari accompagnato da una fugace stretta di mano che il più delle volte da l’impressione di aver toccato una medusa piuttosto che l’estremità di un essere umano.
Questo nella media, laddove agli estremi di questo “squallore” troviamo, da un lato l’ormai obsoleto baciamano tra uomo e donna, quasi del tutto estinto, mentre nel gradino più basso troviamo l’“alve a tono basso da ascensore”, crasi per salve, rivolto, solo da parte dei più educati, a chi incontriamo casualmente.
Il panorama dei nostri saluti si chiude qui e l’unico gesto che conosciamo, la stretta di mano, è un gesto le cui origini, molto antiche, derivano comunque dalla mancanza di fiducia reciproca, quando tra signori o guerrieri ci si stringeva l’avambraccio per sincerarsi che l’altro non avesse qualche pugnale nascosto. Come possiamo constatare non siamo cambiati affatto.
Nell’antica Roma era considerato il saluto tra gladiatori, mentre il saluto legionario prevedeva il battersi il petto con la mano destra e quello comune era il noto saluto romano con braccio teso e mano aperta, oggi rifuggito e temuto solo perchè un tizio pelato, meno di un secolo fa, decise di rispolverarlo e farne il simbolo del suo fallimentare programma.
Se ci spostiamo verso oriente la musica cambia del tutto ed anche un semplice saluto viene caricato di un fascino tutto particolare.
Prima di arrivare in estremo oriente fermiamoci un attimo nei paesi arabi. Da quelle parti, nella versione completa, si recita la formula “As Salam alaikum” che significa “la pace sia con te” mentre la mano tocca in successione il torace, le labbra e la parte centrale della fronte concludendosi in un inchino, in una gestualità che sta a significare che si offre il cuore, l’anima e la mente a chi ci sta di fronte. Non male davvero.
Prima di arrivare in estremo oriente, dove il saluto è un rito carico di significati, tappa obbligata in India e Nepal dove ci si saluta congiungendo le mani nel gesto simile a quello della preghiera, unite all’altezza del petto, inchinandosi a chi ci sta di fronte recitando la parola “Namastè”. L’angolazione dell’inchino sarà tanto maggiore quanto è importante e saggia la persona che si incontra. Il suo significato è quello di “mi inchino a te”, sottintendendo che ci si inchina di fronte alle qualità divine che si riconoscono a tutti sulla base degli insegnamenti del buddismo.
In Cina, la patria delle arti marziali, esiste un saluto meraviglioso, chiamato bao-quan-li, dove la mano destra si chiude a formare un pugno che viene appoggiato al palmo della mano sinistra aperta, entrambe all’altezza del petto, accompagnate da un leggero inchino. Il gesto sta a significare l’alternanza delle forze negative e positive, yin e yang, con la mano aperta che rappresenta la ferma volontà di fermare la violenza del pugno, in un concetto che vede l’intelligenza, in altre parole, dominare la forza. Inutile dire che l’esecuzione perfetta di questo saluto prima di ogni combattimento di arti marziali è più importante del combattimento stesso.
Chiudiamo questo breve viaggio con il Paese del sol levante, il Giappone, dove ci si saluta con il “Rei”, il saluto degli antichi samurai, che viene considerato “la norma più importante della vita sociale”. E’ un saluto molto complesso, che implica una postura allineata ed eretta dei tre “hara”, i centri del ventre, del busto e della testa, sedi di volontà, emotività ed intelletto. Le mani sono serrate e distese lungo le cosce ed anche qui l’angolo dell’inchino si adatta all’importanza dell’interlocutore. Inutile dire che i giapponesi ci tengono moltissimo a questo saluto, carico di simbolismo spirituale, come tutti quelli a cui ho accennato e che non approfondisco in questa sede, anche se ci sarebbe da fare un post su ognuno di essi.
Provate a fare un “Rei” o un “Namastè” al primo che incontrate domani per strada o in ascensore e vedrete che vi mandano la neuro a casa.
Non so come salutarvi, quindi scegliete voi quello che più vi piace.

Un libro

Non smetterò mai di scrivere sui libri. Potrà sembrare un paradosso ma è così. Leggere mi incanta, è un piacere che pochi si concedono nell’epoca dei social. Per mancanza di tempo, ci si giustifica il più delle volte. Se si trova il tempo per nutrire il corpo si dovrebbe trovare anche quello per nutrire l’anima.
Un libro può essere giocoso, spiritoso, erotico, noioso, toccante, coinvolgente…tutti attributi che cerchiamo ed a volte troviamo anche nelle persone che incrociano la nostra vita. Ma, al contrario di queste ultime, un libro non tradisce mai, non sa fingere. E’ quello che è, se non ti piace puoi metterlo da parte senza rancore. I libri non provano rancore. Danno ma non ti tolgono nulla.
Una persona può mentire, spesso solo per difendersi, un libro non mente mai. Puoi decidere di trascorrere una serata in un qualsiasi locale ma rischi di aver buttato via il tuo tempo. Puoi decidere di trascorrere un pomeriggio in libreria o una sera a leggere e non rischi mai, perché i libri sono amici del tempo e forse sanno come fermarlo.
Il peggiore dei sentimenti che può provocarti è l’indifferenza. Non si può odiare un libro. Una persona ha un volto ed un carattere mutevole, un libro ha solo un’anima ed è sempre quella.
Un libro è un mondo alternativo al mondo di ogni giorno, un oggetto che senza far troppo rumore, ci consegna realtà inimmaginabili, creando quel vuoto nel mondo reale che spesso cerchiamo troppe volte invano, è una droga che non fa danni.
I libri hanno vita propria, credo che non siamo noi a sceglierli, ma sono loro a scegliere noi con quelle copertine ammiccanti ed i loro titoli, proprio come fanno gli abiti e l’aspetto per le persone.
Spesso non ci rendiamo conto che dietro quelle parole c’è tutta l’anima di una persona con cui abbiamo deciso di trascorrere il nostro tempo, famosa o sconosciuta, viva o morta. Volete mettere la soddisfazione di poter dire di aver conosciuto Shakespeare, Omero, Dante, Dostoevskij, Pirandello o addirittura Buddha. Già, perchè un libro trascende il tempo e le distanze e ti fa entrare nel mondo migliore di persone distanti migliaia di chilometri, che parlano altre lingue o che non ci sono più da secoli o millenni. Perchè leggere un libro è sempre guardare avanti anche se stai andando indietro nel tempo, perchè la nostra esperienza comincia dove quella dell’autore finisce.
Un libro, se lo guardate bene, ha la stessa forma di una porta senza serrature; la apri ed entri in un altro mondo, il mondo di chi lo ha pensato e scritto che diventa adesso il mondo di chi lo sta leggendo.
I libri hanno cambiato il modo di vivere e non parlo soltanto di quello di chi li legge. Pensate alla Bibbia, al Corano, ai Veda; Senza quei libri tutta la società sarebbe ben diversa da come la conosciamo oggi. I libri sono stati fraintesi, idolatrati, proibiti, censurati, bruciati e raccolti in biblioteche enormi, tanto grandi da far impallidire le cattedrali.
Non è possibile che un libro lasci indifferenti, una sensazione te la provoca sempre, anche se fosse il semplice sonno o la noia.
Non ha importanza ciò che leggi, un libro, se letto al momento giusto, ti sfonda l’anima e ti cambia per sempre.

I segreti del tè

Questa bevanda, che, dopo l’acqua, è la più bevuta al mondo, è qualcosa di unico perché è il classico esempio di quanto ci si possa far passare letteralmente sotto il naso un intero mondo che riserva sorprese, piaceri e benefici conosciuti da millenni a cui oggi non facciamo più caso.
Alla pari di altre sane passioni (mi vengono in mente quelle per il buon vino o la musica classica), quando ci si addentra nel mondo del tè conoscendone a fondo storia ed usanze, si entra in una tradizione millenaria piena di fascino e mistero, che ebbe origine, neanche a dirlo, nell’antica Cina.
Laggiù si fa risalire l’origine di questa bevanda nientemeno che al 2.737 a.c. ed alla sua scoperta da parte di un imperatore chiamato Shen Nung. Nel corso dei millenni il tè ha riassunto sia le proprietà di una vera erba medicinale, sia quelle di una bevanda che ha conquistato poi interi popoli in ogni parte del mondo. In Europa è arrivato soltanto nel 1600 grazie ad olandesi e portoghesi e fu originariamente appannaggio di re ed imperatori che ne rimasero subito affascinati e non vollero mai più restare senza.
Il tè è divenuto quindi “disponibile” per il grande pubblico solo verso nel 1800 ma ritengo che ancora oggi le persone non sappiano cosa significhi bere del vero tè. Quasi tutti oggi li consumano in bustina aggiungendo poi latte o limone o peggio zucchero ed a quel punto è più salutare una bibita gassata in lattina perché quello che ne viene fuori non è più tè.
A prescindere dall’intruglio che si è prodotto aggiungendo latte, limone o un paio di cucchiaini di zucchero, dovete sapere che i tè in bustina fanno male. Molte bustine sono infatti rivestite con epicloridrina, un noto cancerogeno attivo in acqua calda. Negli ultimi anni (ovviamente per risparmiare) le marche presenti nella grande distribuzione imbustano il prodotto con materiali provenienti dalla plastica come PVC e nylon alimentare perché la carta speciale o il tessuto con cui andrebbero fatte costa troppo. Le sostanze plastiche in questione rilasciano inoltre sostanze chimiche aromatizzanti ed altre schifezze artificiali che avvelenano la vostra tazza di simil-tè.
Ma non è tutto. Uno studio dello scorso anno ha accertato che le bustine in cui sono contenute tisane e tè, immerse in acqua bollente, emettono fino a sedici tipi diversi di ftalati, altri veleni chimici che vanno ad interferire pesantemente con il sistema endocrino. Digitate in rete e ve ne renderete conto.
Senza contare la qualità delle foglie di tè contenute in quella bustina che di solito provengono dagli scarti della produzione o quantomeno dalla parte meno pregiata del raccolto. Un tè, meno costa e meno si può chiamare tè; ma questa è una regola che si applica ad ogni cosa, per cui se acquisti un vino da 2 euro stai sicuro che quello che ti hanno rifilato non è vino.
A Milano ho scoperto un posto dove vendono solo tè ed accessori per prepararlo e mi si è aperto un mondo. Il proprietario è un grande esperto, conoscitore dell’oriente ed ogni volta che ci vado mi trattengo almeno un’ora, facendo passare davanti tutti i clienti ed aspettando i momenti vuoti per chiacchierare con lui.
Ho imparato a distinguere i vari tipi di tè (anche se tutti i tè provengono da una stessa pianta, la camellia sinensis, e le differenze stanno nella diversità di trattamento e raccolta delle foglie) che vengono venduti rigorosamente in foglie essiccate che vanno messe in infusione in una teiera di ghisa con apposito filtro per un tempo rigorosamente stabilito e diversificato con acqua a differenti temperature altrimenti si rischia di bruciare le foglioline e rovinarne il gusto.
Ho scoperto che esistono tè verdi giapponesi che costano anche mille euro al chilo e sono quelli per le cerimonie, ma a parte certe eccezioni, il resto ha prezzi abbordabili e gusti così diversi che c’è davvero da perderci la testa.
Il tè (non quello nelle bustine del supermercato) ha dei benefici per la salute infiniti ed incredibili, specialmente il tè verde; non sto qui ad elencarveli, digitate su Google “benefici tè verde” e leggete.
Il tè è una bevanda senza tempo e deve essere bevuto da chi può dedicargli (e dedicarsi) del tempo; per prepararlo, come per gustarlo, da solo o con amici. Si pensi che la cerimonia del tè in Oriente, chiamata Cha no yu, può durare più di un’ora e solo poche persone sono in grado di compierla esattamente perché ha un rituale molto complicato, ma è chiaro che il tutto racchiude un significato di raccoglimento e meditazione che trascende la semplice tazza di tè.
Se non si ha molto tempo a disposizione è meglio farsi un caffè…

L’estate sta finendo

e un anno se ne va… questo è stato un tormentone di una canzone dei Righeira in voga parecchi anni fa. Meglio non ricordare l’anno altrimenti il peso dell’età mi cade addosso tutto in una volta e rischio di rimanere schiacciato.
Questo periodo atteso un anno intero da tutti volge al termine ma, come tutte le cose della vita, anche questo è soltanto un punto di vista.
Lo è perché vale per noi che viviamo in questa fascia di mondo, per uno che vive in Jamaica dire che è estate o inverno non fa nessuna differenza. Provate a dire che arriva l’estate ad uno che vive in Argentina, certamente si intristisce perché la collega all’arrivo di freddo e gelo mentre si illumina quando sa che sta per arrivare l’inverno.
Insomma anche il perenne fluire delle stagioni è una questione di prospettiva, sociale, ma sempre di prospettiva. La realtà è una visione al nostro cannocchiale della vita e dobbiamo renderci conto che ciò che vedo io nel mio strumento potrebbe essere molto diverso da quello che vede un’altra persona anche se lo abbiamo puntato sullo stesso panorama. Spesso descriviamo cose diverse e perciò non ci capiamo.
A prescindere da questo, suppongo che le vacanze estive siano per la maggior parte delle persone uno dei tre grandi spartiacque dell’anno assieme al capodanno ed al compleanno. Sono le tre grandi boe attorno alle quali girano, come barche a vela durante una regata, una quantità indefinita di buoni propositi, la maggior parte dei quali, se non quasi tutti, è poi destinata a naufragare.
“Al rientro si cambia”, quante volte abbiamo sentito da altri o pensato noi stessi queste parole? Che sia per il lavoro che “così non va”, o per il fumo (“devo assolutamente smettere”) o per la tanto rinviata iscrizione in palestra o per qualsiasi altro proposito che riteniamo importante per la nostra vita, la ripresa della vita abitudinaria nelle città in cui viviamo, ci piace pensarla come una rinascita, un qualcosa che le ferie dal lavoro, comunque le si sia passate, hanno sottratto ad una monotonia che ci spinge a fare sempre le stesse cose e che ci toglie l’entusiasmo di andare a cercare qualche novità o addirittura a cambiare vita. Già, cambiare vita, perché no? Quanti di voi sarebbero disposti a cambiare tutto? A mollare il lavoro e trasferirsi altrove a ricominciare?
Tanti io credo, molti addirittura non lo ammettono neanche a se stessi, adducendo i mille problemi che impedirebbero una vera rinascita quali la famiglia, il lavoro o…boh.
Spero che, se non riuscirete ad aprire un baretto sulla spiaggia ai Caraibi o in qualche altro posto, almeno abbiate la forza di smettere di fumare o di iscrivervi in palestra…

Maschere

Il grande Osho diceva che noi non siamo la nostra personalità. Che questa è solo una maschera che portiamo, non è la nostra vera realtà, il nostro volto originale. Essa andrebbe quindi distrutta per scoprire la nostra individualità.
L’individualità quindi sarebbe la nostra vera essenza, mentre la personalità non è altro che quello che la società ha fatto di noi, o sta cercando di fare.
Oggi non si incentiva l’individualità, ma si forgiano personalità indirizzandole nella direzione voluta da chi ha deciso cosa è bene e cosa è male. Milioni di persone nel mondo conoscono solo la propria personalità senza rendersi conto che c’è qualcosa di molto più grande.
Sono diventati tutti attori, ipocriti, burattini nelle mani di preti, politici, genitori, insegnanti e si ritrovano a fare cose che non avrebbero mai desiderato fare e non fanno ciò che invece hanno sempre sognato di fare. E’ come fare la guerra a se stessi.
Ma la propria natura non può essere distrutta, quindi continuiamo ad avvelenarla. “La facciata di una casa non appartiene a chi ci abita, ma a chi la guarda”, recita un antico detto orientale.
Personalità deriva da “persona”, il nome della maschera teatrale che nell’antica Roma indicava l’attore della commedia. Il militare, il padre di famiglia, il mercante… tutti dovevano essere riconducibili ad una tipologia ben definita nella vita quotidiana. Insomma una maschera, e non si può indossare una maschera senza venirne alla fine pesantemente condizionati.
Possiamo quindi arrivare a concludere che il termine “persona” significa “maschera”.
Quindi siamo tutti persone e siamo tutti maschere. Se volete oltrepassare una maschera guardate l’unico spazio che quest’ultima non copre: gli occhi. Perchè le maschere hanno un grande limite, non possono coprire gli occhi.

Meditazione

Provate ad immaginare vostra moglie o vostro marito o il vostro partner, vostra madre o vostro padre, vostro fratello o sorella o il vostro capo o il postino, persone con cui condividete la vita di tutti i giorni per molto o per poco tempo, sedute tranquille in un angolo con luce soffusa, incenso e magari musica rilassante, immobili con gli occhi chiusi a meditare. Non credo sia un’immagine consueta che potreste collegare a quelle persone e magari se le vedeste in quella situazione vi chiedereste cosa diavolo stanno facendo.
Noi occidentali non abbiamo questa cultura, l’abbiamo importata di recente, complice la globalizzazione, dall’oriente, dove invece è praticata da millenni con risultati stupefacenti. Da noi è ancora una pratica un po’ new age, ancora poco compresa nella sua essenza più profonda.
Forse l’abbiamo adattata alle nostre idee, al nostro modo di vita frenetico e quindi la consideriamo una parentesi tra le mille attività che ci riempiono la vita di una giornata frenetica. Ecco, adesso è il tempo dei venti minuti di meditazione, poi devo prendere il bambino a scuola, devo cucinare, finire quella relazione, fare quello telefonate, ecc ecc.
Funziona anche così, ma non è questa la sua filosofia. La meditazione non è un compito da assolvere, una cosa da fare tra le tante, è un fine da raggiungere se vogliamo davvero sperimentarne tutti i suoi effetti.
Quanti di voi ci hanno provato con costanza e continuità? Quanti si sono impegnati veramente e non l’hanno considerata un semplice momento di relax tra le frenetiche attività di una giornata tipo? Vabbè, oggi non ho tempo, magari lo faccio domani…
E se le cose più positive fossero quelle più semplici? Magari non lo si fa perché ci si sente un po’ stupidi. Stare minuti o ore seduti immobili nel silenzio…che roba assurda. E se entra qualcuno e mi vede che cosa penserebbe? E poi come faccio con i bambini che urlano, le cose che ho da fare…e poi c’è in TV il mio programma preferito. E ci perdiamo.
Ma secondo voi, tutti i monaci buddisti o lo stesso Dalai Lama sono dei deficienti che hanno tempo da perdere? Se una pratica sopravvive da millenni ci sarà pure una ragione.
Quella ragione adesso sta arrivando timidamente anche da noi e la pratica della meditazione è addirittura entrata, a sorpresa, a far parte di protocolli ospedalieri in cui si è scoperto che, durante quella stessa pratica, si attivano aree del cervello che consentono a quest’ultimo di rilasciare sostanze che possono modificare il nostro stato di salute, aiutando il corpo nel processo di guarigione, cancellando anche le dannose conseguenze dello stress.
Certo, la lobby delle aziende farmaceutiche non ne è affatto contenta e cerca in tutti i modi di osteggiare certe “deliranti” tecniche che sono gratuite, ma certi medici e scienziati che hanno una coscienza non hanno potuto ignorarne i benefici ed hanno cercato di condividerli, a fatica ma lo stanno facendo.
Io sono convinto che nell’Universo, e quindi sulla Terra, ci sia a disposizione tutto e gratis e ce ne sarebbe per tutti; cibo, energia pulita, cure con le piante, viaggi mentali (pensate alla mescalina, al peyote o all’ahyahuasca) insomma tutto ciò di cui un essere umano avrebbe bisogno per una vita felice ma non ce ne rendiamo conto ed abbiamo lasciato il monopolio di queste gestioni in mano a gruppi di potere che non hanno certo a cuore la salute del genere umano ma solo i loro profitti. E noi soffriamo.
La meditazione è un mezzo di risveglio, io la pratico da anni e non sto qui a raccontare cosa è significato per me, quali grandissimi problemi mi ha aiutato ad affrontare…posso solo consigliarvi di provare, costantemente e senza aspettative. Potrebbe schiudersi un mondo nuovo…