Month: ottobre 2015

A te (amore futuro)

A te che verrai fuori dal nulla come un soffio di vento inatteso ed ogni tanto ti assenterai, lasciandomi solo e lontano ad asciugare pensieri che colano dagli angoli della bocca.

A te che entrerai da una porta che neanche sapevo esistesse, un varco chiuso, da cui tu farai entrare luci e suoni, la tua orchestra in punta di piedi che camminerà su pareti e soffitto suonando un motivo di strumenti antichi.

A te, che sento di conoscere ma che so di non conoscere fino a quando non mi conoscerai.

A te, che una tua risata sarà un grimaldello che apre ogni stanza della mia casa e che farà da colonna sonora ad ogni ora della mia giornata…

A te che sarai tanto orgoglio e pochissimo pregiudizio ma che saprai come giocarti le tue carte anche se non sai giocare d’azzardo, come ho fatto stupidamente io per una vita…

A te che non camminerai, ma rimbalzerai tra i muri del cuore con frasi spezzate e gioie intere, toccando e dipingendo punti che non erano mai stati visitati nè dipinti prima.

A te che correrai, correrai e non ti fermerai mai a te che trascinerai tutto nella tua scia senza voltarti indietro a guardare perchè oltre il tuo fianco non ti interesserà cosa ci sia.

A te che avrai la consapevolezza di essere ma la paura di avere, tappeto di piume che volteggiano nel vortice delle tue allegre corse e che non faranno mai in tempo a posarsi che subito torneranno a danzare di nuovo in aria al tuo passaggio, come in uno di quei souvenir per turisti che vendono nelle stazioni ferroviarie di tutto il mondo.

A te che sarai e che per me ci sarai e che non vorrò mai lasciare andare via, come facevo con i giocattoli che mi regalavano da bambino, che avevo paura di rompere ed accarezzavo felice.

A te che mi farai parlare di te come se ci fossi stata da sempre e che sto aspettando solo il momento in cui arriverai… non conosco il tuo nome ed il tuo viso, ma conosco la tua anima, unica e bianca che ha già tessuto un velo che forse non è stato mai completato.

A te che sarai la A del mattino e la Z della sera e non importa dove sei ora, perchè verrai, e da allora la vita sarà un calendario tutto in rosso fatto di feste e domeniche per mangiare, riposare e fare l’amore.

A te che mi darai il coraggio di volare, io che ne ho un pò paura e mi faccio scudo di quel camminare a testa alta ma coi piedi per terra. Io che mi sento piccolo davanti a chi sfoggia un paio di ali, perchè so che ne ho bisogno se voglio guardare il mondo da un’altra prospettiva.

A te che sei aquila e sola e non hai bisogno di sbattere quelle ali per galleggiare nel vento, basta tenerle aperte ed essere ciò che sei per farti portare dove vuoi, che è sempre lo stesso posto deciso dal vento, che forse è tuo amico. Ed il vento non è amico di tutti.

A te, che sarai un regalo a cui non si può fare un regalo, perchè sarebbe come avere il privilegio di essere invitati alla festa di un miliardario a cui è impossibile pensare a qualcosa da regalare perchè ha già tutto.

A te che dirigerai le parole come Topolino comanda le scope nel film “Fantasia”, le userai e poi le lascerai andare per toccare e fuggire, e non importa se gli altri non le capiscono, tu saprai quello che volevi dire e non avrai rimpianti.

A te che voli alto… mi insegnerai a volare con la pazienza di un’aquila, perchè quando spazi nell’azzurro del cielo e ti rendi conto che sai volare, la paura si trasforma in un sorriso.

A te che ora sai ma non sei ancora…. usa queste parole, infilale in una collana come perle oppure masticale e dimmi che sapore hanno, assaggiate dal futuro.

A te….

Il popolo nascosto

Le genti del nord Europa sono sempre state considerate tra le più civili ed avanzate, ed in effetti chi ha avuto la possibilità di visitare quei Paesi, freddi ma naturalisticamente stupendi, non ha potuto fare a meno di notare come vi sia una gran differenza sociale rispetto ai popoli del sud dell’Europa.

Tra quei Paesi l’Islanda merita forse un discorso a parte. Pur facendo parte, geograficamente, di quel nord scandinavo, a causa della sua isolatezza si è sempre considerata una terra a se stante ed in effetti la caratteristica dei suoi paesaggi credo non abbia altri posti eguali al mondo.

I colori della terra, dell’acqua e del cielo in Islanda sono unici. Girando l’isola si fa fatica a non restare a bocca aperta per la bellezza e la pace dei paesaggi. E’ una natura che ti sovrasta e che allo stesso tempo ti sorride e ti protegge e viene da ringraziare chiunque abbia potuto compiere un simile capolavoro. Hai solo voglia di stare raccolto e lasciare che sia quel paesaggio a parlare con i suoi innumerevoli suoni e silenzi.

Ebbene, nella avanzatissima Islanda, dove tutto è all’avanguardia, nuovissimo e perfettamente efficiente, dove nessuna religione che possa chiamarsi tale ha attecchito, circa il 60% della popolazione crede nell’esistenza degli àlfar, gli Elfi, quelli che lassù vengono chiamati Huldufòlk, il popolo nascosto.

Nei giardini delle loro case potrete notare sempre tre casette di legno vicine l’una all’altra e sono lì appunto per loro, affinchè la loro vicinanza sia di aiuto e di buon auspicio.

Secondo la leggenda gli elfi sarebbero figli di Eva, madre di tutti gli uomini.

Un giorno Dio annunciò ad Eva che sarebbe andato a trovarla per conoscere tutti i suoi figli. Eva, come ogni madre, iniziò a lavare e preparare i figli per l’evento, ma, poiché erano tanti, non riuscì a fare il bagno a tre di loro. Per non mostrarli in disordine davanti a Dio, li nascose nell’armadio.

Durante la visita Dio chiese a Eva se quelli che sedevano nella stanza erano tutti i suoi figli e la donna confermò. Allora Dio che è onnisciente continuò: “ciò che è nascosto a Dio, sarà nascosto per sempre anche agli uomini!”. Eva corse disperata all’armadio, ma lo trovò vuoto.

Dio aveva reso invisibili i tre bimbi agli occhi degli uomini. Solo chi ha cuore puro può vederli. Gli uomini chiamarono queste creature invisibili appunto álfar, elfi.

Ma la cosa più particolare è quella che gli abitanti ci credono a tal punto da modificare opere e costruzioni pubbliche per non disturbare la vita del popolo nascosto.

Non è infrequente notare sulle strade delle inspiegabili deviazioni o restringimenti che sono dovute al fatto che si è voluto evitare di spostare le rocce abitate dagli elfi.

In Islanda esistono esperti governativi incaricati di verificare la presenza degli àlfar nei massi del territorio e vengono sempre interpellati allorquando si debba costruire qualcosa in luoghi “sospetti”.

Lo scorso anno è stata interrotta la costruzione di un’autostrada che avrebbe dovuto collegare la capitale Reykjavik alla penisola di Alftanes perchè avrebbe minacciato l’habitat del popolo nascosto. Il Governo ha quindi sospeso i lavori e rimesso la decisione alla Corte Suprema d’Islanda. Pensate ad una roba del genere qui in Italia…

Personalmente non escludo nulla ma, avendo avuto la fortuna di vedere quei posti, con quell’indiscutibile atmosfera magica che li caratterizza, non mi meraviglierei se il popolo nascosto esistesse davvero…

Ah…le foto (se si vedono) le ho scattate io…

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Feisbuc

Ogni tanto mi capita di fare riflessioni o scambiare opinioni su quello che è il social network del secolo, il salotto web dove non si può non esserci. Il luogo dove darsi appuntamento per una chiacchierata o condividere pensieri. La bacheca su cui fare inviti alle feste o ostracizzare qualcuno.

Ci sono pure io naturalmente, anche se lo frequento col contagocce da quando preferisco di gran lunga farmi una bella passeggiata qui tra i blog dove leggo cose di gran lunga più appaganti ed interessanti. Questa di WP è una casa con tante stanze e quindi se desidero pace e silenzio vado a leggere qualche poesia da Carlo o da Mistral, se voglio farmi due risate e sparare minchiate vado da Avvo… insomma c’è sempre un posto dove trascorrere tempo in buona compagnia.

Su FB apri la porta e sei subito in piazza, gente che urla ed un sacco di banner che vogliono venderti la loro mercanzia, guarda caso da siti che hai visitato di recente…oh ma allora è vero che non si fanno i cazzi loro…

Quindi ogni tanto mi affaccio, perchè lo considero una specie di mercato del pesce dove ognuno urla la sua minchiata quotidiana che spesso ha lo spessore culturale di una scoreggia. Forse non è stata una buona idea cambiare aria…

Un passaggio di qualche minuto si può sopportare, fa anche sorridere un pò, ma starci tutta la giornata a contare i “like” ed ammirare foto di dubbio gusto credo nuoccia gravemente alla salute (mentale).

Ci sono quelli educati che puntualmente augurano buongiorno, buonasera e buonanotte postando foto di cornetti, fumetti e gnomi e fatine addormentate.

Ci sono gli amanti del selfie impossibile, quelli che rimpiangono la nonna, quelli incazzati col Governo di turno, quelli/e mollati dal fidanzato/a, quelli che ce l’hanno con le donne, con gli uomini, con quelli di colore, col vicino di casa, coi migranti, con Pippo Baudo, col Milan, con L’Inter, la Juve, ecc…

Insomma è il centro commerciale della cazzata e del cervello defunto. Un post su 3 riporta aforismi che spaziano dalla presa per il culo alle categorie sociali a frasi d’amore che farebbero venire il diabete a chi non ce l’ha.

E’ il paradiso di chi predica bene e razzola male. Che poi, se tutti fossero come dicono di essere e professare, con l’amore eterno e l’altruismo che la fa da sovrano, il mondo dovrebbe essere quasi un paradiso ed invece così non è, anzi. Su Facebook c’è il mondo, quindi la maggior parte sono dei bugiardi.

Chi cita Immanuel Kant e si sente rispondere che è il suocero di Diabolik, chi polemizza con chiunque la pensi diversamente da lui, chi crea album delle vacanze ad Ostia o Fregene con i suoceri e foto da balena spiaggiata, chi fotografa la bilancia perchè ha perso tre etti, chi fa conoscere il cane o il gatto alla gente a cui non frega un cazzo di lui, figurati il cane ed il gatto, chi se la prende con Equitalia, con i Carabinieri, chi rompe i maroni con i Marò, chi posta le foto della zia, del cugino, del cognato, o del saggio di danza della nipote. Chi rispolvera foto ingiallite di quando aveva i calzoni corti come la sua memoria.

Poi c’è la categoria peggiore di tutti: chi ti invita a giocare a Candy Crush, la fattoria o altre bestialità simili. Ma dico, quando Dio distribuiva i cervelli tu eri al cesso?

Ecco, a questo punto mi chiedo come mai. Cosa spinge una persona a compiere certe assurdità? Magari ti invitano ad una festa e non spiccichi parola, però prima di uscire hai postato una foto in mutande e turbante…non capisco come funziona.

Ok, sono stato volutamente sarcastico e a questo punto mi viene in mente, per concludere, un divertente detto romano: “O t’elevi, o te levi”, ed io sto pensando di “levarmi” da Facebook…ah la canzone del video è troppo divertente… 🙂

Entanglement

Da quando mi sono appassionato alla fisica quantistica, materia che, fino a poco tempo fa, mi era sconosciuta quanto la lingua mongola, devo confessare che mi si è aperto un mondo, avendovi trovato spunti davvero significativi alle domande che, sempre più frequenti, si affollano nella mia mente. Ho detto spunti e non risposte, eh?

Ebbene, forse la cosa più incredibile, meravigliosa, affascinante, e… terribile per le sue implicazioni è quella del cd. entanglement.

Questo fenomeno, riscontrato da rigorose e molteplici dimostrazioni scientifiche, per ora sperimentate sulle particelle più piccole di cui è composta la materia, ha un qualcosa di magico e meraviglioso che non siamo riusciti a capire come possa trovare applicazione in quella che noi definiamo realtà o vita di tutti i giorni. Che si applichi è fuori di dubbio perchè noi stessi siamo costituiti, alla base, di quella stessa materia, che però ha regole che nella vita ci sembrano delle magie che neanche i personaggi di Star Wars riuscirebbero a realizzare. Come mai?

Veniamo all’entanglement. Questo termine fu introdotto per la prima volta da Schroedinger ed è anche conosciuto come paradosso EPR (Einstein, Podolsky, Rosen) o teorema di Bell.

Si tratta di un fenomeno osservato, ma scientificamente inspiegabile, che collega indissolubilmente due elementi anche se essi sono separati fisicamente nello spazio, qualunque sia la distanza che li divide e ovunque siano nell’Universo.

Non mi addentro nel tecnico ma pensate a due trottole che girano, una sulla Terra e l’altra su Plutone piuttosto che su Alfa Centauri o ancora più in là. Se in un certo momento quelle trottole sono state in contatto tra loro e poi le si divide come detto, se io inverto il senso di rotazione di quella sulla Terra, ISTANTANEAMENTE invertirà il suo senso di rotazione anche quella su Plutone, senza che tra di esse vi sia alcuna forma di comunicazione rilevabile.

Incredibile, vero? Che significa? E’ la punta di un iceberg che nasconde qualcosa di infinitamente vasto e nascosto, qualcosa di meraviglioso che non abbiamo capito, perchè implica che ogni cosa che esiste nell’Universo (si badi ho detto Universo, non Terra) può potenzialmente condizionare il comportamento, in modo totale o parziale, di ogni altra cosa esistente nello stesso Universo. Ogni cosa, e quindi ogni essere, sono in qualche modo, seppur razionalmente inspiegabile, collegati con tutto ciò che esiste, interagendo e condizionando tutto ciò che esiste.

Ne deriva che ciò che appare separato nello spazio è in realtà strettamente collegato nello spazio e nel tempo. Anche noi esseri umani.

Personalmente ne deduco che due esseri che sono in qualche maniera entrati in contatto tra loro (entangled) restano comunque connessi, influenzandosi a vicenda. Questa è una cosa che molti di noi già percepiscono nettamente senza riuscire a capirne la ragione (pensate ad una madre con il figlio). Certo, scoprire come questo fenomeno sia concretamente possibile tra sistemi complessi come gli esseri umani è davvero difficile, ma è innegabile che esista.

Altra deduzione: se questo è vero, l’odio verso qualcuno con cui si è stati in contatto si può ritorcere verso di noi? E’ come se odiassimo una parte di noi stessi…

Bè, magari c’è chi potrebbe bollare questa realtà nascosta come una emerita cazzata, ma io non ce la faccio… mi affascina e mi fa paura allo stesso tempo.

Ho provato ad affrontare il discorso anche con persone di Chiesa per cercare di comprendere il loro punto di vista… Sono fortunato che hanno abolito i roghi altrimenti sarei stato certamente condannato come eretico perchè nessuno di loro concepisce il fatto che sia in noi e non in un qualcosa di esterno e capriccioso la vera sorte della nostra vita…

Wabi – Sabi

Credo che la lettura sia davvero un cibo per l’anima. Si condividono pensieri e stati d’animo unici che ci trasmettono sensazioni che la nostra anima riconosce come “sue” senza bisogno di rileggerle. Risaltano immediate, tutto qui.

E’ quello che mi sta succedendo durante la lettura di un libro che avevo sempre messo in disparte con la classica affermazione “lo leggerò dopo”.

Il lettore compulsivo, alla cui categoria appartengo, lo riconosci dal fatto che compra più libri di quanti sa di riuscirne a leggere. Li prende e li mette da parte come farebbe uno scoiattolo con le noci o Zio Paperone con le monete d’oro e sta li a guardarseli pregustando il momento di quando arriverà il loro turno.

Il libro in questione è “L’eleganza del riccio” di Muriel Barbery, una scrittrice francese che ha creato un piccolo capolavoro, delineando figure umane di una bellezza e poesia incredibili, nel bene e nel male. Ve lo consiglio.

Nel corso della narrazione mi sono imbattuto in un concetto che mi ha molto colpito, proveniente dalla cultura giapponese. Il wabi-sabi.

Allora cos’è il wabi-sabi? Per gli abitanti del Sol levante è un concetto indefinibile, che riguarda uno stato d’animo e non qualcosa di concreto. Un giapponese stesso lo ha definito come il tentativo di spiegare, in termini fisici, il gusto del cioccolato a chi non lo ha mai assaggiato, attraverso la sua forma ed il suo colore.

Il wabi-sabi è una visione del mondo, fondata sull’accoglimento della transitorietà delle cose, derivata dalla dottrina buddista sull’impermanenza di tutte le cose e dai concetti taoistici.

I termini sono intraducibili, come spesso accade per gli ideogrammi orientali, ma il concetto che ho trovato più significativo è associato a quello che è stato uno dei più grandi architetti della storia, Frank Loyd Wright, il quale sosteneva che una costruzione o, in generale, una cosa, dovrebbe comunque avere in se una sua bellezza. La quale non deve derivare dalla forma e dal modo con cui è costituita, nè da cosa le si mette sopra per abbellirla.

E’ la bellezza delle cose imperfette, grezze, senza inutili aggiunte estetiche; la bellezza delle cose semplici, umili e modeste, con tutte quelle particolarità e stranezze che aggiungono eleganza ed unicità a qualsiasi cosa. E’ collegato alla semplicità della cerimonia del tè.

Un documento zen dei primi dell’800 riporta questa definizione: “Wabi significa che, anche nelle ristrettezze, non nasce alcun pensiero di disagio. Anche nelle difficolta’, l’individuo non e’ mosso da alcun sentimento di bisogno. Anche di fronte al fallimento, uno non pensa all’ingiustizia. Se ti senti prigioniero delle ristrettezze, se ti lamenti delle cose che non hai come privazioni, se ti lamenti perche’ le cose non sono andate per il tuo verso, questo non e’ wabi”.

E’ un’elogio dell’imperfezione ed io la trovo una cosa meravigliosa…

Tempo

Il tempo è un’idea, una percezione intima e personale che cambia da persona a persona. Non credo esista un concetto più diverso eppure uguale del tempo.

Esso sembra uguale per tutti, corre alla stessa maniera e non risparmia nessuno. Ma chi ha bisogno di sapere che ore sono deve portare il tempo con sè e, di conseguenza, possedere un orologio. Ma anche gli orologi non segnano mai la stessa ora, ognuno ha la sua ora diversa, quindi ha la sua stima personale del tempo. Ognuno crede che il “suo tempo” sia quello giusto, quello a cui rifarsi per tutto ciò che ha da fare e fa dipendere la propria vita da quei ritmi. Ed infatti in un attimo si nasce ed in un attimo si può morire.

Se il tempo si libera si trasforma. Un tempo breve arriva ad essere scomposto e suddiviso in frazioni sempre più piccole. Per chi corre i 100 metri ogni frazione di secondo è vitale, per chi ha libertà, una frazione di secondo non esiste neppure.

Il tempo è come il mercurio: se lo spargi, tende a ricompattarsi di nuovo, ritrovando la sua integrità.

L’uomo ha creduto di domare e possedere il tempo, rinchiudendolo nei suoi orologi. Qualcuno ha detto che conosciamo bene il valore di un orologio, ma non conosciamo affatto il valore del tempo che esso misura.

Se liberi il tempo scoprirai che scorre in maniera diversa a seconda delle persone. Per alcuni è lento e viscoso come pece, per altri fugge via ed è il metro con cui misurano la vita che passa. Ammazzare il tempo è un pò come suicidarsi quindi.

Le più grandi menti della storia, dagli antichi filosofi greci ai più moderni scienziati fino ad Einstein, hanno cercato di definirlo, di dargli una definizione, di imbrigliarlo in un concetto di fissità che fosse valido nel… tempo. Ma come si fa a fermare il concetto di tempo? Se non puoi fermare lui, come puoi fermare ciò che esso è?

Sant’Agostino diceva, a chi gli chiedeva cos’era, che se nessuno glielo domandava lo sapeva, ma nel momento in cui gli ponevano la domanda non lo sapeva più.

Il tempo ci rende socialmente accettabili se siamo puntuali e riprovevoli se siamo ritardatari, il tempo è croce e delizia degli innamorati e cambia a seconda della sedia su cui sei seduto, se su una sdraio in spiaggia o sulla poltrona del dentista.

Il tempo passa? No, lui resta. Siamo noi che passiamo senza aver capito nulla.

Esperienza scolastica? #Catastrofe

Ribloggo un post di Cris che sto seguendo da poco…le parole del filmato e la sua esperienza mi hanno davvero colpito… in linea con quello che vado affermando da un po’ di tempo a questa parte. Qui si parla di scuola, un argomento che è a me ormai lontano, ma spero che faccia riflettere affinché si limiti lo scempio a cui tuttora sottoponiamo i giovani studenti….

EndlessLove

Prima di leggere vi prego di guardare questo video di Federico Clapis , altrimenti non ha senso.

La prima volta che ho visto questo video, ho pensato : “allora non sono l’unica matta che crede fermamente che il nostro sistema scolastico sia una violenza mentale?”

La mia esperienza scolastica? una tragedia!!!

Iniziando dall’asilo , non volevo andarci.

Urla e pianti tutte le mattine, come la maggior parte dei bambini d’altronde, ma le mie crisi non sono mai finite.

Alle scuole elementari , fingevo ogni giorno mal di pancia , stomaco testa e via dicendo, non seguivo le lezioni in classe, ed in più ero dislessica , avevo molta difficoltà a leggere,nel mio caso quella “dislessia” era solo dovuta ad un rifiuto mentale verso quel contesto.

Alle scuole medie , il coltello nella piaga lo girò, la mia professoressa di Matematica e Scienze, al quanto isterica , e con lo stesso…

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Centro di gravità permanente

La prima cosa che viene in mente è la canzone di Battiato…alzi la mano chi ha pensato proprio a quello leggendo il titolo del post, magari canticchiandola un pò. Ah tutti vedo. In effetti lo spunto è quello.

Non si tratta di cercare un punto fisso che dia sicurezza, io suggerirei qualcosa di più profondo. Un punto fisso lo abbiamo tutti. La famiglia, il lavoro, gli amici, anche la squadra di calcio per cui tifi, va bene tutto. Ma è tutto esterno.

Niente a che vedere con la nostra anima, cosa che, allo stato, pochissime persone ascoltano e posseggono del tutto. Magari credono di controllarla invece ne sono controllati.

Se sei in balia di qualcosa di esterno, sarai inevitabilmente alla mercè degli eventi. Se cambiano loro, allora cambierai anche tu e non c’è niente che tu possa fare per evitarlo. Se metti il destino nelle mani di qualcosa al di fuori di te, affidi una bottiglia al mare…il messaggio andrà dove lo porteranno le correnti e tu non potrai farci nulla.

Ti rappresenterai con ciò che credi di essere e di sapere e, se qualcosa non andrà nel verso giusto, darai sempre la colpa agli altri, a quell’esterno che credi ti influenzi sempre. Un comodo alibi, tutto sommato.

Il tuo centro di gravità permanente non è altro che uno stato di coscienza, una centratura dell’essere di chi osserva senza giudicare. Ah questo è difficile, eh?

Chi è centrato credo che cerchi di osservare tutto senza esprimere giudizi, osserva e basta. Stop. Non esiste giusto o sbagliato, esiste una scelta soggettiva.

Nel momento in cui ti sbilanci in un giudizio perdi quel centro, ti schieri da una parte o dall’altra e sei di nuovo nella massa. In quella massa che soffre e che lotta perchè crede che il suo punto di vista sia quello “giusto”. Non c’è mai un punto di vista che sia giusto oggettivamente. Tutti i punti di vista sono in qualche modo giusti secondo gli occhi di chi li osserva.

Credo che la sventura peggiore del genere umano è quella dell’avere ragione. Tutti credono di avere ragione. Con la loro testa però, che non è per nulla disposta ad immaginare cosa passa per la testa degli altri.

Anche perchè chi è che esprime il suo giudizio ultimo su cosa è giusto? Noi non siamo mai uno…siamo tanti (centomila) e siamo nessuno… chi conosce Pirandello non può non essere d’accordo. Anche per noi stessi quello che è “giusto” oggi potrebbe non esserlo domani.

Cerco un centro di gravità permanente…che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose e sulla gente…ecco, proprio questo, il rispetto di se stessi e degli altri. Quante volte ci siamo riusciti? Quante volte siamo riusciti a trovare quella centratura dell’io? Senza, riusciamo solo a trovare tante reazioni dei nostri tanti io, ognuno dei quali pensa a suo modo, e reagisce a suo modo. Se non riusciamo ad essere costanti noi, come possiamo cercare il giusto nelle idee altrui?

Allora osserva e basta, non dare giudizi. Solo così non potrai mai cambiare idea sulle cose e sulla gente….