Non senza difficoltà Makno riuscì a procurarsi un paio di dosi di flashback, grazie ad uno dei suoi vecchi amici “immuni”. Restava adesso da decidere se parlargliene, cercando di ottenere il suo assenso, oppure agire in maniera del tutto egoistica e procedere ad una somministrazione forzata.
Scelse la seconda alternativa, dal momento che la prima gli sembrava conducesse ad un vicolo cieco di reciproca comprensione, visto che non avrebbero parlato lo stesso linguaggio, quindi, in un pomeriggio soleggiato la condusse nel luogo in cui erano soliti incontrarsi ai tempi del loro amore ed attese il tramonto per iniettarle la dose di flashback con il cuore che gli batteva furiosamente nel petto al pensiero di ciò che sarebbe successo. Esitò più volte con mano tremante ed altrettante volte nascostamente la ritrasse; fu proprio nell’attimo in cui parve aver trovato quel coraggio necessario al gesto che si era prefissato che Yelna compì un gesto improvviso col braccio facendo deviare la mano con la siringa ipodermica verso la coscia di Makno che così finì per iniettarsi, suo malgrado, la dose di flashback.
In quel momento si fece una domanda che forse nessuno fino ad allora si era posto: visto che la sostanza era stata sintetizzata per far rivivere i sentimenti a coloro che ne erano stati privati dal “piano di rinascita” governativo ed era esclusivamente destinata a costoro, che effetti avrebbe avuto su una persona “immune”? Per quanto era dato sapere, nessuno aveva mai sperimentato un dato del genere…
Yelna si accorse a quel punto della siringa nella mano di Makno mentre quest’ultimo iniziava a provare un senso di asfissia, una mancanza di aria che gettava un’ombra di grigio sulla sua visione esterna ed interna del mondo. Immagini sfumate iniziarono a passargli davanti agli occhi mentre il microchip innestato all’epoca del piano di rinascita sembrava stesse diventando incandescente tanto gli bruciava.
Avendo timore di perdere completamente i sensi, Makno cercò allora di confessare a Yelna quello che aveva cercato di fare, parlandole del suo stato di “immune”, del flashback e delle due siringhe con le quali nutriva la segreta ed inconfessabile speranza di risvegliare i suoi addormentati sentimenti per poter rivivere con lei i momenti ancora vivi nei suoi ricordi mai sopiti. La donna lo ascoltava con immobile attenzione, senza interromperlo, quasi stesse disperatamente cercando da qualche parte, nel suo cervello, un senso logico al discorso che stava ascoltando. Al termine di quello che parve un incredibile sforzo, Makno perse i sensi, tendendo verso Yelna la seconda siringa ancora piena con il flashback.
Lei la prese, girando e rigirando l’oggetto come se fosse un qualcosa che potesse morderla da un momento all’altro, forse cercando di immaginare cosa sarebbe accaduto se l’uomo fosse riuscito nel suo intento di iniettarle la sostanza. Non si accorse di quanto tempo fosse trascorso a guardare lo strumento che Makno iniziò a compiere piccoli movimenti quasi fosse sul punto di risvegliarsi.
Fu in quel momento che lei prese una decisione che doveva averle attraversato la mente come un fulmine. Prese la seconda siringa di flashback e se la iniettò a sua volta prima che Makno si riavesse del tutto.
Yelna iniziò a sentire una strana sensazione di pizzicore in tutto il corpo, una sorta di formicolio che le attraversava la colonna vertebrale come una specie di serpente che iniziava a srotolarsi all’interno di essa fino ad arrivare alla base del cervello, proprio dove si trovava quel maledetto microchip che allora sembrò esploderle in testa in un turbinìo di colori, mentre i fantasmi colorati di tanti ricordi le attraversavano di nuovo la mente come un esercito che riprendeva posizione in una landa desolata. Fu una sensazione stupenda, adesso ricordava tutto, la luce nei suoi occhi era di nuovo accesa ed il suo sguardo era chino su Makno per incontrare il corrispondente sguardo negli occhi di lui.
Ma non lo vide. Lui riaprì un paio di occhi freddi e velati che esprimevano soltanto un interrogativo. “Che ci faccio qui?” le chiese.
Yelna capì allora che il flashback aveva ottenuto su Makno l’effetto opposto a quello che aveva sui “non immuni”, cancellando emozioni e sentimenti, quasi avesse riattivato quel microchip che inizialmente non aveva funzionato. “Che incredibile sfortuna!” le venne da pensare, un piccolo errore, un gesto sbagliato e ci siamo scambiati i ruoli proprio nel momento meno opportuno, così, quando l’amore, dopo tanto tempo, era stato vicino a sollevare l’ultimo velo che lo separava dalla sua anima gemella, proprio allora le loro strade avevano ripreso a divergere. La consolava il fatto che lui non si sarebbe arreso e ci avrebbe certamente riprovato e che almeno per qualche ora avrebbero potuto nuovamente essere felici.
Quello che Yelna ancora non sapeva era che l’effetto del flashback su Makno era stato irreversibile, aveva cioè, per qualche misteriosa ragione biomeccanica, riattivato per sempre le impostazioni emozionali previste dal microchip del “piano di rinascita” governativo.
Per un assurdo gioco del destino, Makno, il quale voleva che Yelna lo raggiungesse nel suo mondo per qualche ora, aveva ottenuto il risultato di raggiungere per sempre lei nel suo freddo mondo programmato, uccidendo definitivamente le sue emozioni, senza apparente speranza di poter tornare indietro.
Mentre calde lacrime le rigavano il viso, ancora sotto l’effetto del flashback, le venne in mente, in quella incredibile situazione, ed a terribile proposito, una frase di “Romeo and Juliet” di William Shakespeare: “Ahimè…perchè l’amore, di aspetto così gentile, è poi, alla prova, così aspro e tiranno?”
