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Essere umano

C’è un abisso di differenza se utilizzi “essere” come verbo piuttosto che come sostantivo. La maggior parte delle persone su questo pianeta sono esseri umani senza essere umani.
Si è perso il significato ed il valore di essere umani, forse perché è uno status che consideriamo acquisito fin dalla nascita. E’ ovvio che si nasce umani ed umani si muore. Ma riusciamo davvero ad essere umani durante il nostro passaggio di vita?
La storia dell’umanità riflette, sin dai suoi albori, quella che dovrebbe essere l’evoluzione di ogni singolo uomo, che non consiste nel semplice fattore biologico di una nascita, una crescita ed una morte, ma in un aumento della profonda consapevolezza di ciò che significa davvero essere umani.
Siamo solo una specie che fa parte integrante dell’equilibrio naturale ma fingiamo di non accorgerci che, per mantenere quell’equilibrio, che è il nostro stesso equilibrio, dobbiamo fare la nostra parte di esseri umani per preservarlo e migliorarlo, non certo per alterarlo, perché tutto questo potrebbe equivalere ad un suicidio di massa.
L’umanità intera si sta evolvendo da millenni, è stata giovane ed è cresciuta, secolo dopo secolo, ma adesso non si riesce a capire se stia ancora crescendo o, come sembra, sia terribilmente invecchiata e, di conseguenza, inizi a dimostrare i segni evidenti del cedimento che sono i prodromi della morte.
Si avverte, infatti, un certo senso di appagamento negli esseri umani di oggi, quasi la convinzione che ormai si sia “arrivati” e che non resti molto altro da scoprire, visti i passi da gigante della scienza in ogni settore negli ultimi decenni.
Gli stessi scienziati, e non solo la gente comune, stanno commettendo il grossolano errore che, nel 1900 commise Lord Kelvin, stimatissimo fisico ed ingegnere britannico, il quale, parlando davanti alla British Association for the Advancement of Science, a Bradford, pronunciò queste scellerate parole: “Ormai in fisica non c’è più nulla di nuovo da scoprire”.
Gli uomini hanno demandato tutto alla scienza ed alla tecnologia, convinti che, se dovesse sorgere qualunque problema, una macchina futuristica o un computer potentissimo sarebbero in grado di risolverlo. Ma è solo un’illusione.
Certo, l’odierna tecnologia rende molti aspetti della vita quotidiana più semplici, ma abbiamo mai riflettuto sul prezzo che abbiamo pagato e che stiamo ancora pagando?
Abbiamo delegato a quella stessa tecnologia tutto quello che ci rende umani, ne siamo diventati schiavi, non riusciamo a fare più nulla senza un computer, uno smartphone o un tablet. Abbiamo di conseguenza sacrificato la nostra creatività, che è la principale caratteristica ed il più grande dono di un essere umano. Non riusciamo più a creare qualcosa che sia originale, che sia nostro, che ci renda unici. E questo perché diciamo di non avere tempo, quel tempo che le macchine avrebbero dovuto regalarci in abbondanza ma che invece ci ha sottratto del tutto. Che cosa non ha funzionato?
Se non riusciamo a creare e quindi a far emergere la nostra “umanità”, siamo costretti a scegliere tra quei (pochi) modelli preconfezionati che la società ci propone ed in un certo senso ci impone.
Ed ecco che ognuno cercherà di assomigliare a questo o a quello, essere magra come una modella o bello come un attore, ricco come un industriale o seguito come un influencer. Si sono creati alcuni poveri modelli e, di conseguenza, milioni di copie venute male.
Credete che tutto questo sia “essere umani”? Ci siamo ridotti ad un ammasso di cellule con funzioni biologiche che sfruttano ed uccidono quegli animali che pure fanno parte della stessa natura e che reputiamo privi di diritti. Ebbene, anche loro, come noi, sono un insieme di cellule con funzioni biologiche che pensano, ragionano e provano sentimenti. Se dovessi fare un paragone, direi che sono anche migliori degli umani, perché tra quei sentimenti non sono comprese la crudeltà e la cattiveria. L’uomo è l’unico essere del creato capace di uccidere un suo simile per il solo piacere di farlo. Stiamo attenti quando parliamo di “superiorità” della razza umana.
Tutti hanno dimenticato che quello che ci rende “esseri umani” è invece la capacità (che gli animali non hanno) di porsi determinate domande.
Nell’antichità, i cui uomini non esitiamo a definire “barbari” o “incivili”, quelle domande erano invece all’ordine del giorno, la filosofia era una parte vitale delle società antiche. Molti sovrani erano abili condottieri e grandissimi filosofi, come Marco Aurelio, uomini nel vero senso della parola a cui veniva demandato il comando di interi popoli e dai quei popoli venivano amati.
Oggi non esistono più condottieri, ma solo uomini meschini ed individualisti e la filosofia, intesa etimologicamente come “amore per la conoscenza” è scomparsa del tutto, relegata a materia odiata nelle scuole ed appannaggio di pochi uomini che nessuno è disposto più ad ascoltare.
Ebbene le domande dei filosofi sono le “domande dell’uomo”, quello che ci contraddistingue come “esseri umani”, e che ci dovrebbe far progredire in un cammino che non può essere concluso.
Non dico che tutti dovrebbero porsi le universali questioni del “chi siamo” e “da dove veniamo”, anche se sarebbe auspicabile, ma almeno ognuno di noi si dovrebbe porre la domanda di “chi vuole essere”. Ma neanche questo accade, e se non ti poni il problema di chi vuoi essere, allora sarai sempre e soltanto ciò che gli altri di diranno di essere o faranno in modo che tu sia, e quello non sei tu.
I grandi saggi del passato hanno sempre affermato che bisogna vivere l’attimo presente ed avevano ragione, perché quasi tutti sprecano letteralmente l’intera vita a rimpiangere un passato che non può tornare o a preoccuparsi ed avere il terrore di un futuro che non c’è ancora e che forse mai ci sarà.
Paradossalmente l’umanità sta mettendo in pratica quell’insegnamento come collettività universale e non come singolo individuo. Così facendo sta sovvertendo i benefici di quel modo di essere.
Una umanità che è tutta tesa a vivere soltanto il presente, depredando le risorse del pianeta, inquinandolo, distruggendo intere zone ed ecosistemi, per il loro benessere di oggi, è destinata a scomparire.
Se l’individuo, per essere felice, deve vivere il suo presente, il genere umano deve avere lo sguardo dritto sul futuro e non spremere il presente come se un domani non ci fosse. Noi in quel domani non ci saremo, ma i nostri figli e nipoti si, ed oggi stiamo creando una generazione del tutto incapace di costruirsi un futuro, per cui dovremmo pensarci noi, preservando l’ambiente ed educandoli a farlo a loro volta.
Se per “essere umani” non abbiamo voglia di apprendere la filosofia, almeno impariamo la storia, ma non quella del nostro quartiere, della nostra città, regione e nemmeno nazione. Dovremmo imparare la storia di tutti i popoli, conoscerne le rispettive culture ed origini, perché sono convinto che il dilagante razzismo ed intolleranza nei confronti di chi è “diverso” da noi a cui assistiamo oggi deriva soltanto dall’ignoranza.
Se continuiamo ad educare le nuove generazioni secondo una logica di quartiere avremo una sempre maggiore frammentazione delle coscienze, gruppi chiusi a difesa del loro piccolo sentire, gli uni contro gli altri.
Non importa se il “diverso” è nella città vicina o dall’altra parte del mondo. Se conosco solo la storia del mio “gruppo di appartenenza”, ignorando quella dell’altro secondo la folle ed imperante logica dell’equazione che ogni “diverso” deve anche essere “peggiore” di te, otterrò sempre e comunque un mondo frammentato ed in guerra perenne.
Le tradizioni sono importanti e vanno tramandate, ma in quanto parti di una cultura comune che deve fare leva sulla curiosità della conoscenza (qui ritorna il vecchio metodo filosofico) e non sulla demenziale certezza di essere i depositari del sistema di vita migliore, perchè quale sia il sistema migliore credo che nessuno lo abbia ancora capito. Gli esempi che abbiamo oggi sono totalmente fallimentari.
Nuova conoscenza e tradizione possono e devono coesistere. Creare una società di persone, esseri umani appunto, che sanno da dove provengono ma che abbiano voglia di migliorare, arricchendosi di nuove esperienze e nuovi modi di intendere la vita rispettandosi, deve essere l’obiettivo a cui tendere. La certezza del passato per una evoluzione nel futuro, vivendo appieno il presente singolarmente, nel rispetto di tutti e dell’ambiente in cui siamo immersi.
Questa semplice formula ritengo sia quella che posa farci “essere umani”.

Il maestro invisibile

L’errore più madornale che l’essere umano ha commesso nel corso della sua esistenza e che continua a reiterare ancora oggi in misura molto maggiore, è quello di essersi considerato la “specie eletta” del pianeta se non dell’intero Universo, unta da un dio che poi, nei momenti di maggiore necessità, è sempre da qualche altra parte e lascia i piccoli uomini a sbrigare i loro casini da soli.
Questa mania di protagonismo, con l’avanzare dei secoli, è diventata la vera pestilenza che, se non saremo in grado di arginare e guarire, ci sterminerà del tutto, specie se non saremo in grado di osservare i nostri limiti e la nostra piccolezza.
Abbiamo commesso l’imperdonabile errore di fare l’equazione “tecnologia = evoluzione e benessere” e, sotto certi aspetti, può essere anche vero.
Ma avere a casa un paio di elettrodomestici che rispondono ai nostri comandi vocali non fa di noi i signori dell’Universo.
Consideriamo gli animali esseri inferiori da sfruttare, i più compassionevoli ne fanno oggetti da compagnia che devono ubbidire, per non parlare delle piante ed addirittura consideriamo persino buona parte del nostro prossimo come risorsa da sfruttare e quindi ci sfruttiamo l’un l’altro.
Non siamo la “specie eletta”, siamo dei poveri imbecilli.
Abbiamo scoperto qualche legge dell’universo, è vero, ogni tanto qualche genio nasce tra gli imbecilli e toglie un sottile velo dall’infinita oscurità che ci avvolge.
Resta però ancora quasi tutto da scoprire ed in questi giorni, visto che in questo periodo c’è grande carenza di geni ed abbondanza di deficienti, ci ha fatto visita un grande maestro invisibile.
Viene da quella parte della natura che ancora non conosciamo e che invece siamo convinti di dominare ma è lui che in questi giorni sta dominando noi.
Gli abbiamo dato un nome regale, forse inconsciamente per riconoscergli questo ruolo ed è particolare, per chi conosce qualcosa di Kabbalah ebraica, che “corona” in ebraico si dica Keter, che è la Sephirah più alta dell’Albero della vita, il cuore dell’intera Kabbalah.
Keter è l’inconoscibile, ed infatti questo maestro è totalmente sconosciuto e ci sta spaventando, perchè noi, piccoli uomini, abbiamo il terrore dell’ignoto.
Credo che oggi saper “leggere” certi segnali possa servire per non avere quella paura, bensì per comprendere che questo “maestro invisibile” è come ogni maestro, severo con tutti quelli che dimostrano di non aver capito certe lezioni.
Con le vecchie scuole chiuse, vediamo di andare a scuola dal maestro Keter e cerchiamo di far tesoro di quello che ci sta insegnando.
Personalmente, ho capito che la Terra e tutte le sue risorse sono indispensabili per la nostra sopravvivenza, mentre la nostra specie, per il pianeta, è solo una grande rottura di maroni di cui farebbe forse volentieri a meno. La maggior parte delle persone sensibili al problema, giustamente ringrazia la Terra per tutto ciò che ci concede. Io, oggi, chiederei umilmente scusa a nome dei miei simili. Il nostro organismo dispone di anticorpi che attaccano certi agenti patogeni quando si fanno aggressivi, quindi perché la Terra, che è anch’essa un organismo vivente, non potrebbe disporre di un sistema analogo?
Ho imparato ad apprezzare il valore del tempo che ci è stato dato per riuscire a fare qualcosa di grande, di importante, prima che arrivi qualcosa di invisibile a spazzarci via tutti. Quel momento è ancora lontano dall’accadere ma questa esperienza dovrebbe insegnarci che non dovremmo accontentarci di una “piccola vita” standardizzata e sicura fatta di lavoro, stipendio, vacanze ad agosto, TV spazzatura, attesa della pensione e qualche risparmiuccio qua e là in vista di tempi più difficili, perchè non potremo mai sapere quanto “difficili” saranno quei tempi nè quando arriveranno, infatti, nella condizione attuale pensioni e risparmiucci servono a ben poco.
Bisogna a tutti i costi coltivare la fantasia, rincorrere i propri sogni, quelli veri, perchè quelli che vanno bene per tutti non potranno mai essere i vostri sogni.
Ho appreso il potere della paura, quella vera, e come questo terribile potere può distruggere le menti e le vite delle persone anche più forti ed intelligenti molto più di un banale virus. La paura nei singoli individui causa danni all’organismo ed è in grado di fare ammalare il corpo, la paura nelle masse distrugge economie e nazioni intere ed è più facile da instillare. Con la paura addosso le persone smettono di ragionare, di cercare i perchè di una situazione, convinti che quello capita sia opera del caso, di satana, dei pipistrelli, dei cinesi o di chissà chi. Se ci si fermasse a riflettere, mantenendo la mente lucida e funzionante si scoprirebbero un sacco di cose che vincerebbero la paura, perchè niente accade per caso, neanche questo virus.
Ho imparato che la gente non impara mai. Se le viene data forzosamente la possibilità di fermarsi a riflettere, a cercare di capire, a meditare, a leggere un buon libro, o a stare un pò di più in compagnia di coloro che affermano di amare, dopo un paio di giorni gli sembra di impazzire perchè persino quella routine di lavoro noioso ed aperitivi sempre uguali a parlare sempre delle stesse cose con le stesse persone gli manca, perchè è diventata la loro miserabile droga.
Ho imparato che siamo tutti sulla stessa barca e non criticherò mai più l’operato di nessuno, perchè ognuno di noi, a volte, si trova a dover affrontare situazioni difficili ed inaspettate e stare sul divano o in un bar a bere un drink dicendo “si poteva fare questo o quello e non sarebbe successo” è troppo facile e poco intelligente. Ci sentivamo superiori ad altri popoli per cultura, tradizioni, possibilità economiche, colore della pelle o diversa religione ed ecco che il maestro invisibile ha dimostrato che loro sono uguali a noi se non superiori in un momento di bisogno che noi non sappiamo affrontare e loro invece si.
Ne deriva che i confini che noi uomini abbiamo disegnato a matita sulle mappe geografiche in realtà non esistono perchè la stupidità non ha confini, qualunque idioma si parli. Nessuno è migliore di qualche altro, ma solo diverso e la diversità è una risorsa che va capita, apprezzata e valorizzata.
Ho imparato che persino nei momenti più difficili la solidarietà resta sempre insufficiente, perchè non ci si mette mai nelle vesti degli altri per sforzarsi di provare a capire una realtà diversa dalla nostra. Certo non mancano atti di aiuto disinteressato verso chi è più in difficoltà, ma voglio vedere se questa esperienza insegnerà davvero qualcosa sul punto oppure sarà come a Natale, quando tutti sono più buoni per un paio di giorni e dopo tornano a fare gli egoisti di sempre. Per non parlare di quelli che, malgrado il momento difficile dei più deboli, approfittano della situazione come sciacalli a caccia di visibilità e fama scrivendo libri e sgomitando per apparire in programmi televisivi per dimostrare che bisogna seguire soltanto loro che sono i veri specialisti del settore. Peccato che anche tra loro non c’è intesa e si contraddicono l’un l’altro.
Ho imparato ad avere più fiducia in me stesso, a fidarmi delle mie sensazioni profonde che non sono mie e che hanno generato una promessa di affetto nei confronti di tutti che spero di essere in grado di mantenere per il resto della mia vita.
Ho capito che tutti parlano senza sapere ma c’è sicuramente qualcuno che sa senza parlare e questo proprio non lo digerisco.
In conclusione, non so se ho capito qualcosa di tutta questa situazione, di sicuro ho capito di essere diventato una persona migliore.

Le “interviste impossibili”: dialogo con il letto

“Il letto è il luogo più pericoloso del mondo; vi muore l’ottanta per cento della gente” (Mark Twain)

Buonasera a tutti, cari lettori, oggi inauguriamo una serie che credo risulterà molto interessante: intervisteremo alcuni oggetti, animali o piante con cui abbiamo a che fare tutti i giorni e che non immagineremmo mai che possano parlare.
A dire il vero se provate a farlo e scoprite che in effetti vi parlano, allora mettete giù subito la bottiglia di vodka e smettetela con gli stupefacenti. In realtà non parlano, ma se avete abbastanza fantasia e perspicacia vi renderete conto che hanno cose da dire che non avreste mai potuto immaginare.
Oggi inizieremo da sua maestà il letto.

D: “Come ci si sente ad essere così famoso?”
R: “Sono un tipo semplice ed in effetti non mi sarei mai aspettato di essere probabilmente l’unico oggetto presente in tutte le case del pianeta. Nessun altro mio “collega” può vantare questo primato, a parte la mia collega tazza del gabinetto, ma io sono un tipo che presta molta attenzione alla pulizia, mentre lei non si può dire che faccia altrettanto. Di solito siamo sempre ben distanti…ma non vorrei sembrare troppo snob…certo i neonati non hanno ancora ben capito la differenza ma, quando crescono, col tempo, mi apprezzano molto”
D: “Dicono di lei che è il “confidente” di tutti, è vero?”
R: “Certamente! Io posso affermare tranquillamente che conosco i segreti inconfessabili di tutte le persone che su di me si distendono. Chi parla nel sonno, chi confessa qualcosa in punto di morte e che non ha mai detto a nessuno, chi sussurra parole d’amore vere o false (me ne accorgo il giorno dopo) o grida sconcezze irripetibili, io vengo a conoscenza di tutto ma non chiedetemi altro perchè ho una reputazione da difendere e sono molto riservato”.
D: “Le piace questa sua condizione?”
R: “Devo confessare che spesso mi trovo in difficoltà. La mia etica di signor letto mi imporrebbe di mettere in guardia tutti gli ospiti che passano per le mie lenzuola sugli inganni che il proprietario spesso mette in scena per portare ospiti sul mio palcoscenico, ma sono costretto a tacere per un accordo tacito che ho con lui/lei perchè i nostri abbracci notturni mi portano ad affezionarmi a chi mi accoglie in casa ed io non sono un traditore.”
D: “Può raccontarci qualche aneddoto simpatico che le è capitato?”
R: “Me ne sono successi tanti, ma quelli più comuni riguardano certi gesti che sono caratteristici a seconda di quando il mio proprietario è solo oppure in compagnia. Guardi, quando sono con me, come nella vita di tutti i giorni, le persone hanno atteggiamenti diversi. Se siamo da soli, il mio proprietario/a non esita ad essere se stesso, si compiace di fare rumori col sedere e seppellirsi sotto le lenzuola ad annusare la propria opera e questo mi fa molto ridere, ma mi fanno parimenti ridere gli sforzi che fa quando è in compagnia, dissimulando inesistenti attacchi di tosse per coprire il rumore…per i disturbi olfattivi certi geni sono soliti agitare dal verso loro le coperte manifestando improvvisi attacchi di caldo che si rivelano inesistenti e questo mi diverte molto.”
D: “Le sue tipologie, o meglio diverse personalità che anche lei vanta, differenziano le esperienze che si trova a vivere?”
R: “Certamente. Quando sono singolo di solito percepisco tristezza e solitudine, il mio proprietario vorrebbe allargarsi ed è particolare come l’ambizione ad essere più grande delle persone è legata a me. Da singolo vorrei dare di più, così come le persone che accolgo vorrebbero di più. Preti e ragazzini hanno ambizioni di crescita. Per i secondi ci penserà la vita, per i primi non va bene che poi vadano a cercare quei ragazzini che hanno la loro stessa dimensione di letto. Poi c’è quella diabolica invenzione umana dei letti a castello, una specie di metafora della vita umana, politica e non. Chi è sopra ha una posizione privilegiata ma corre sempre il rischio di cadere e farsi male; chi è sotto si sente oppresso e tende a guardare chi è sopra di lui. So bene che è un’esigenza di spazio per sistemare due materassi dove ce ne andrebbe uno solo ma sono convinto che gli esseri umani non amino molto dormire e camminare a troppa distanza dal suolo, ho imparato che queso li inquieta un pò.
D: “Quali sono le principali doti o virtù di cui lei va fiero?”
R: “Non credo di aver bisogno di farmi pubblicità, quindi rispondo volentieri. In primo luogo ritengo di essere l’oggetto più democratico che esista, ogni bandiera di stato democratico dovrebbe inserirmi nella sua effige al posto di stelle, scudi, croci, lune e soli. Tutta roba triste come le croci o inarrivabile come stelle, luna e sole. Io sono molto più concreto, inoltre accolgo su di me chiunque. Quando si distendono sul mio socio materasso sono tutti uguali, indistintamente, e più o meno fanno tutti le stesse cose. Un povero, come anche il Papa, vanno a letto tutte le sere senza alcuna differenza. Poi li ho visti tutti nudi o almeno in mutande, anche il Papa o il presidente USA.
Poi direi che sono versatile. Le mie forme e dimensioni diverse mi consentono di adattarmi ad ogni angolo della casa; ad una o più piazze, un posto per me si trova sempre.
Inoltre sono anche molto paziente. Non ha idea di certi “pesi” che sono costretto a sopportare. Sono vecchio quanto il mondo ed in quei casi le mie vecchie molle cigolano doloranti. Ma la stessa cosa succede quando saltano i bambini grassocci oppure quando qualche amante che si sente un pornoattore cerca di compiacere la sua partner dando botte da martello pneumatico credendo che quello sia il modo per far godere una donna. Questa verità l’ho imparata dalle donne quando poi, magari sullo stesso letto dormono con qualche amica…se gli uomini sapessero quanto li prendono per il culo, gli passerebbe la voglia di fare i patetici playboy…
D: “Per concludere, qual’è il messaggio che il letto vuole lanciare al mondo intero?”
R: “Siate leggeri, in tutti i sensi, farete molta meno fatica a vivere e farò molta meno fatica io nel sopportarvi. Su di me liberate sereni i vostri pensieri, perchè bisogna essere distesi per vedere o soltanto immaginare il cielo.”

Essere se stessi

Ma che affermazione banale, io sono già me stesso. Questo è quello che risponderebbero miliardi di persone a queste tre semplici parole che racchiudono, magicamente, la ricetta per vivere una vita con molti meno problemi e più soddisfazioni.
E invece non è affatto vero, solo che non lo sapete.
Tutti sono “alla ricerca di se stessi” ma la verità è che non si trovano mai e quindi cosa fanno? Cercano disperatamente aiuto all’esterno in qualcuno che afferma di avere la formula magica per accendere una luce sul cammino dell’esistenza; un’esistenza che per molti sembra non avere senso e forse è proprio così. Ma nessuno vuole accettarlo.
Ed ecco che il mondo intero si divide in due categorie:
1) i batteri semplici, quelli che nascono, crescono, mangiano, si riproducono e muoiono.
A tenere a bada questi esseri monocellulari bastano le religioni tradizionali classiche, con l’idea semplice del paradiso, del dio buono e comprensivo, delle vergini, dei fiumi di latte ecc. Il concetto è banale: tu fai il buono, il povero e l’ignorante qui sulla terra ed andrai in paradiso. Peccato che non ti danno garanzie ed il paradiso non l’ha mai visto nessuno, o perlomeno mai nessuno è tronato indietro a raccontarlo. Ma alle amebe basta, e ne hanno paura, perchè se non fanno i poveri, ignoranti e buoni e non hanno paura di dio andranno all’inferno. Li riconosci perchè parlano solo di calcio, politica, contenuti televisivi, mode del momento, e gossip e vanno in chiesa la domenica perchè…non si sa mai.
2) una specie di batteri più evoluta, pluricellulare, che in generale osteggia le religioni tradizionali. E’ molto fiorente in occidente e si appropria parassitariamente delle religioni alternative orientali cercando di adattarle ad un mondo diverso, come se il pivot dei Lakers volesse indossare gli scarpini da danza di Carla Fracci. Non credono di solito in dio, ma “sentono” che c’è qualcosa che poi nessuno sa mai che cazzo è davvero, e seguono una marea di nuovi guru, ognuno col suo piccolo serbatoio di batteri da nutrire. La classificazione di questi newguru è molto frammentata ma più elaborata rispetto ai rappresentanti delle religioni ufficiali, per andare incontro alle esigenze dei batteri evoluti. Hanno tutti una linea comune che è quella di raggiungere fantomatiche illuminazioni, stati di benessere estatici, distacchi emotivi, pensa positivo, desideralo e lo avrai, il tutto nella frenetica ricerca della “luce” in opposizione all’oscurità da rifuggire. Tu sei quanto, mente quantica, cervello quantico, medicina quantica…parolina magica che neanche sanno cosa significa ma fa fico ed è un brand che fa presa su questa specie di batteri-polli. Li riconosci perchè sono schifati dagli argomenti della prima categoria ed hanno il loro linguaggio new age, joga in 1000 forme, meditazioni a quintali, intricati discorsi sul tutto è uno, la realtà è un’illusione, volemose bene, compassione, amore, mangia vegan, e la loro massima ambizione è la sconfitta del fantomatico EGO, una specie di mostro finale dei videogiochi.
Hanno attuato la “speciazione” e adesso sono pochi e speciali, perchè stanno solo seguendo una via diversa ma parallela a quegli altri, senza rendersi conto che entrambe quelle vie finiscono nello stesso baratro.
I primi si sono rinchiusi in una cella di 4 pareti, i secondi in un labirinto, ma sempre in gabbia sono.
Sia la prima che la seconda categoria umane descritte sono impossibilitate a raggiungere uno stato di benessere e, del resto, i risultati lo dimostrano. Se religioni e newguru funzionassero davvero saremmo tutti più felici invece mi sembra che aumentano sempre di più le nevrosi e le alienazioni e le persone sono sempre più nella merda. Squadra che perde si cambia.
Quindi, cosa resta?
Resta quello che c’è sempre stato. TU ed i tuoi desideri, qualunque essi siano.
Non lasciatevi ingannare da quelli che affermano che per raggiungere l’illuminazione bisogna distaccarsi dall’ego. L’ego sei tu! E non è distaccato dal tuo essere, è parte di te e se cerchi di sopprimerlo con qualche tecnica new age o religiosa del cazzo, si incazza e ti morde di brutto. Ed è quello che sta succedendo a tutti. Eliminando l’Ego, stiamo assistendo ad un suicidio collettivo di massa. L’ego è l’arma che ci è stata data alla nascita per difenderci e devi solo saperla usare, non devi disfartene, altrimenti resterai con le chiappe da fuori, pronto a fare la felicità dei furbacchioni.
In questo mondo un’arma ci vuole sempre, solo devi saperla usare, altrimenti rischi di spararti nelle palle.
Ma allora quale sarebbe la soluzione? L’abbiamo sempre avuta sotto gli occhi senza gli inganni banali delle religioni e senza i segoni mentali dei nuovi guru che se avessero risolto davvero i problemi a cui cercate soluzione rivolgendovi a loro, sarebbero su una spiaggia a bere mojito con belle donne (o uomini) fumando marijuana, e non con le ascelle pezzate di sudore in un seminario in qualche città a raccontar cazzate a 100 euro a pollo, ma devono farlo perchè sono dei poveri cristi come tutti noi che devono sbarcare il lunario.
La soluzione sta in un semplice concetto che, in epoche differenti, è stato espresso da uno che è diventato un famoso santo, da un notissimo filosofo e da un misterioso mago. Quindi, religione, filosofia e mistica esoterica per essere tutti d’accordo ed arrivare alla stessa soluzione.
“Ama e fa’ ciò che vuoi” (Agostino d’Ippona)
“Nulla è vero. Tutto è permesso” (Frederich Nietzche)
“Fai ciò che vuoi sarà tutta la legge” (Aleister Crowley)
Soluzione anarchica e socialmente scomoda ed inaccettabile, ma l’unica percorribile se si vuole vivere ragionevolmente felici.

Aiuto! Nessuno mi ascolta?

L’incomunicabilità è la più terribile delle solitudini (F. Nietzche)

Il più grande problema, al giorno d’oggi, è che la gente ha preso un sacco di cattive abitudini e ne ha perdute altrettante di buone. Quelle cattive sono sotto gli occhi di tutti ed è inutile elencarle, ma possiamo individuare quelle buone, prima fra tutte, il dono di “ascoltare”. Le persone non ascoltano più, non ne sono più capaci. Ascoltare cosa l’altro ha da dirci è la capacità di venirsi incontro, di superare barriere ed ostacoli che ormai hanno frantumato l’intera umanità. Ormai, ascoltare senza interrompere è diventata un’esclusiva dei sacerdoti nei confessionali. Preferiamo essere sempre protagonisti, interrompiamo spesso l’interlocutore perchè siamo rosi dalla brama di dire la nostra, e quelle volte che la civile educazione prevale, non vediamo l’ora che finisca per poter finalmente esprimerci. Abbiamo dimenticato che, in un dialogo, il fattore più importante non è dire la nostra, quella la conosciamo già, bensì ascoltare il punto di vista dell’altro perchè potrebbe avere molto da insegnarci. Invece si litiga, si urla, si urla più forte di chi urla, come se l’urlare equivalesse ad avere ragione. Ragione di che, poi? Igor Sibaldi, un filosofo e filologo italiano afferma sempre che “nella vita o hai ragione o sei felice”. Quando si vedono due persone dialogare accade spessissimo che, una volta che uno ha finito, l’altro risponde in modo vago e cambia argomento, come se non avesse ascoltato nulla, ed infatti è esattamente quello che è accaduto. Questo succede ovunque, tra partner, tra genitori e figli, tra colleghi di lavoro, tra amici. Tutti sentono ma non ascoltano più, e se lo fanno è soltanto per brevissimi attimi. Forse sono immersi nei loro pensieri, fatto sta che in un dialogo mettono in funzione solo le orecchie e non il cervello. “In principio era il Verbo”…sono queste le parole con cui inizia il vangelo di Giovanni. “Infine nessuno lo ascoltò più” avrebbe aggiunto se fosse vissuto ai tempi di oggi. L’uso della parola ormai è smodato ed usato a sproposito, si apre la bocca tanto per parlare, per mettersi in mostra, spesso senza avere la consapevolezza di ciò che si dice. Di parlatori è pieno il mondo, ma c’è grande carenza di ascoltatori, perchè nessuno lo fa più. Il disastro di questa società è appunto il fatto che ci sono troppe parole per poche menti/orecchie e così non vi può essere comunicazione. Perchè interrompiamo l’altro per dire la nostra se l’altro poi non ascolta e fa la stessa cosa con noi? Non vi sembra un dialogo tra imbecilli? Potrebbe essere questa la causa del fallimento planetario del rapporto di coppia? O del disastroso rapporto odierno tra genitori e figli? Forse non è l’unica ma credo che sia tra le prime. L’ego di ognuno di noi è completamente cieco e sordo, si rifiuta di ascoltare per paura che il Se possa risvegliarsi e trovare qualcosa di vero nelle affermazioni di chi ci sta di fronte e così cambiare. Il cambiamento è sempre il nemico n.1 per l’ego, cambiare significa evolversi e l’ego non vuole correre questo rischio. E’ paradossale che in un’epoca di comunicazione globale non si ascolti più. Tutti sono convinti di avere una risposta a tutto, si irrigidiscono nelle loro convinzioni (che poi non sono mai davvero le loro) e non gli interessa conoscere altri punti di vista o prendere in considerazione altre informazioni. Ecco perchè non ascoltano. Sono convinti di essere detentori della “ragione” e se quello che l’altro dice è in contrasto con le sue convinzioni allora non conta nulla. Il risultato di tutto questo? Incomunicabilità. Tu parli, io non ascolto, poi parlo io ma non ascolti tu. Quello che chiamiamo dialogo, in realtà è la somma di due monologhi paralleli che, come le rotaie di un treno, non si incontreranno mai. Proviamo ad invertire questa tendenza, impariamo ad ascoltare anche chi sembra non abbia nulla di interessante da dire; nella peggiore delle ipotesi resteremo con le nostre conoscenze ed opinioni immutate, risultato che, peraltro, è quello che oggi succede sempre. Ma potremmo anche ricevere sensazioni ed informazioni nuove, che ci spingono a riflettere e forse cambiare, perchè gli altri sono il nostro specchio e, se qualcuno ci parla, probabilmente l’Universo ha qualcosa di importante da dirci, quindi ascoltiamolo. Riprendere l’abitudine di “ascoltare” gli altri è uno dei pilastri di tutte le discipline presenti in the Ark lab https://www.thearklab.net/, perchè senza un vero ascolto non può esistere nessun apprendimento…

Resilienza

questa sconosciuta…
In effetti questo è un termine preso in prestito dalla fisica ed in questo settore è la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. Pensate all’abissale differenza che ci può essere tra la gomma ed il vetro. Quale sia il materiale più resiliente risulta immediatamente intuitivo.
Sarà il fatto che tutto ciò che viene dalla fisica è considerato come materia riservata solo agli addetti ai lavori, ma il lessico quotidiano ha mutuato quel termine e lo ha applicato anche agli esseri umani, coniando un concetto che finora sembra utilizzato solo dagli psicologi.
Non ci vuole uno scienziato per capire che il grado di resilienza di un essere umano è determinato dalla sua capacità di reggere agli urti…ma non certo quelli fisici, bensì quelli emotivi che la vita ci mette di fronte quotidianamente.
Quello di resilienza è un concetto fondamentale nella vita di una persona ma è un termine ancora poco usato e semisconosciuto.
Riassumendo, una persona resiliente è una persona “con le palle”, una che non si lascia scoraggiare dalle difficoltà e combatte quotidianamente a dispetto dei fallimenti per raggiungere il suo progetto di vita. E’ la persona che cade cento volte e cento volte si rialza perchè, come un bambino quando impara a camminare, sa che alla fine ce la farà, malgrado tutto. I resilienti sono i supereroi della strada, gente comune che possiede una caratteristica che sembra mancare alla maggior parte delle persone.
Le persone resilienti sanno che non conta tanto il risultato ma il fatto che ce l’hanno messa tutta e che dietro ogni angolo c’è una nuova sfida da vincere.
Le persone resilienti usano i loro fallimenti come bussola e si rendono conto di essere ciò che sono non tanto per i successi ma soprattutto per le sconfitte.
Le persone resilienti sono pazienti di natura, sanno che avranno altre occasioni per tagliare lo stesso traguardo.
Le persone resilienti non restano attaccate a quello che non c’è più e sono quelle che guardano avanti senza fermarsi a rimpiangere quello che è stato.
Le persone resilienti cadono perchè affrontano percorsi sconosciuti che loro stessi hanno scelto, perchè cadere sulle proprie scelte è diverso che cadere su scelte che hanno suggerito altri.
Le persone resilienti sono quelle che finora hanno cambiato il mondo, scienziati derisi che poi hanno vinto il nobel a distanza di decenni…Peter Higgs ne è un esempio, ma è una tradizione che iniziò un tale chiamato Galileo Galilei.
Le persone resilienti sono quelle che se hanno raggiunto una meta non si fermano e sono pronte a ricominciare, a cadere e rialzarsi, perchè forse è proprio quello il bello della vita.
Ma la notizia buona è che la resilienza non è un dono di natura. Si può coltivare, sviluppare, abbandonando gli schemi, uscendo dalla propria comfort zone per affrontare le sfide della vita a testa alta senza piangersi addosso, perchè in qualunque situazioni ci si trovi, se si rinuncia a lottare si è già perso.

Abbraccio

Il gesto di un abbraccio è un chiaro segnale che il tuo cuore è aperto come le tue braccia, su questo non si può sbagliare. Per questo tendiamo a diffidare istintivamente di chi ci si para di fronte a braccia conserte. Un cuore chiuso non potrà mai avere una mente aperta.
In un abbraccio c’è il calore di chi vorrebbe essere con te una cosa sola, chi ti abbraccia vorrebbe fondersi con la tua anima ma non può farlo materialmente e te lo fa capire così.
In un abbraccio non ti guardi ma ti senti, perchè, come disse una piccola volpe tempo fa, le cose importanti non si guardano con gli occhi ma si sentono col cuore.
In un abbraccio la mente smette di pensare e si gode il momento presente; è impossibile pensare a qualcosa di negativo quando stringi qualcuno tra le braccia, anzi è impossibile pensare ad altro se non alla sensazione che quello stesso abbraccio trasmette.
Le strette di mano sono tutte diverse, gli abbracci sono tutti uguali.
Fate un esercizio semplice: contate le persone che abbracciate calorosamente ogni volta che le incontrate…quante sono? Familiari esclusi, credo che il numero non raggiunga le dita di una mano, vero?
Immaginate cosa accadrebbe se lo faceste con uno sconosciuto…potreste cambiare il mondo…il vostro ed il suo. Ci vorrebbe così poco e non costa nulla.
jaques Prévert una volta ha detto: “Migliaia e migliaia di anni non basterebbero per descrivere il minuscolo secondo di eternità in cui tu mi hai abbracciato ed io ti ho abbracciato”.
Un abbraccio significa che sei arrivato a casa ed il tempo si ferma. Sono convinto che se si potesse restare abbracciati per sempre vivremmo in eterno.
L’abbraccio è un cerchio ed il cerchio è la figura geometrica perfetta, non ha inizio e non ha fine.
Un abbraccio non ha misure e dimensioni, le braccia sono fatte per stringere uomini ed animali di ogni taglia.
Non abbiate paura di abbracciare qualcuno…ci sono infinite situazioni in cui avresti voglia di farlo ma pensi che sia sconveniente perchè non sai come potrebbe essere interpretato. Ebbene un abbraccio è come il bianco della neve, sta bene su tutto. Magari iniziate timidamente ma ricordate che nessuno potrà mai rifiutare un abbraccio sentito.
Un abbraccio è una sensazione che quando ti stacchi continui a sentirla addosso come un cappotto che ti tiene caldo, è una sensazione che ti fa tornare bambino, perchè tutti abbracciano i bambini ma hanno paura di farlo con gli adulti, mi chiedo il perchè di questa assurdità.
Poi c’è il top dei top che è l’abbraccio con rincorsa; un urto di elettroni che si fondono per creare un composto sconosciuto in natura.
Se poteste guardare la gente che assiste ad un abbraccio sentito scorgereste una punta di invidia. E’ l’invidia verso chi è ricco, ma non certo di denaro o altre cose materiali. Sembra che pensi: quanto mi piacerebbe una roba così…ma non basta tutto il denaro del mondo per comprare un abbraccio vero.
In un abbraccio gli sguardi vanno oltre l’orizzonte e puoi vedere il mondo a colori.
Un abbraccio è un arcobaleno in cui dissolvi ogni tua paura ed è l’unico momento in cui sei consapevole di non essere solo…

Gatto

Ho preso da poco un gattino nero di nome Yoda che si è letteralmente impossessato di tutta la casa.
Il nome è derivato dalla mia sfrenata passione per l’omonimo personaggio della saga di Guerre Stellari e dovuto, inizialmente, allo strano modo in cui tiene le orecchie, quasi mai diritte ma orizzontali, proprio come il gran maestro Jedi.
Ma è bastato poco per convincermi che il nome fosse azzeccato non solo per le sue orecchie ma anche per il fatto che mi sta facendo rendere conto che è davvero un “maestro” da cui apprendere.
Un animale si accoglie in casa per la compagnia, per giocare con lui quando ci va, “esigendo” che lui sia sempre pronto a farlo, insomma se, come quasi sempre accade, non ci sforziamo di adattarci ai nostri simili umani figuriamoci se lo facciamo con i nostri animali.
Il cane è quello che più si è “piegato” a questa esigenza umana ed ha stabilito un patto diabolico con gli esseri umani. Assistenza e cibo in cambio di obbedienza incondizionata ed è per questa ragione che resta il più amato tra gli animali da compagnia, da lavoro o da difesa, a seconda della razza. L’essere umano è di natura infedele ma ama l’altrui fedeltà.
Il gatto è un essere misterioso, indipendente, pigro e sfuggente, praticamente tutto il contrario del cane e, probabilmente per queste sue caratteristiche, ha avuto un peso molto più preponderante nelle fiabe, leggende e nella letteratura di quanto non lo abbiano tutti gli altri animali messi insieme. Sono gli animali preferiti di quelli che vengono definiti “poeti maledetti” come Bukowski o Baudelaire e le antiche civiltà, prima fra tutte quella egizia, lo hanno elevato addirittura al rango di divinità.
Bene, se cercate obbedienza e sudditanza, occhi dolci e coccole a gettone lasciate stare i gatti.
Ai cani si insegna e questi, col tempo, apprendono ciò che noi chiediamo che loro facciano; con i gatti non funziona, loro non apprendono non perchè non siano in grado di farlo, anzi, ma perchè siamo noi a dover apprendere da loro e quindi il ruolo, rispetto al cane, è invertito.
Il gatto è maestro nell’arte di dipendere da qualcuno senza privarsi della propria indipendenza…pensate a quanti vorrebbero vivere una vita di coppia o familiare così senza riuscirci…
Questo straordinario felino è poi dotato di un intuito ed empatia del tutto unici grazie alla sua straordinaria capacità di percepire e cogliere anche i segnali più nascosti e le vibrazioni più sottili. Spesso si fermano ad osservare qualcosa che loro vedono ma che è invisibile ai nostri occhi e questo è inquietante.
Notate la differenza nel loro sguardo, è un’osservazione attenta, profonda, nulla a che vedere con lo sguardo adorante di un cane che ci piace tanto, anzi è qualcosa che quando è prolungato ci mette quasi a disagio, come se fosse in grado di leggerci dentro, una specie di finestra da cui un essere misterioso ci osserva in silenzio. Una leggenda irlandese infatti afferma che gli occhi di un gatto sono finestre che ci permettono di vedere dentro un altro mondo.
Un cane non salterà mai nei punti più alti della casa, resterà lì acquattato ai nostri piedi o, se glielo concederemo, al massimo sul divano. Il gatto non ama guardare dal basso in alto ma vuole avere un punto di osservazione privilegiato, più alto, per osservare tutto e tenere la situazione sotto controllo perchè si sa, anche lo stratega più impreparato sa che l’altezza è il punto da cui si domina la situazione. Da lì guardano tutti dall’alto in basso ed è forse per questa ragione che odiano gli uccelli.
Se noi umani imparassimo ad osservare il nostro prossimo con la stessa calma e attenzione con cui il gatto guarda noi, ci regaleremmo l’opportunità di conoscere gli altri non solo per quello che dicono o fanno ma per quello che realmente sono.
Allo stesso modo se imparassimo ad analizzare il mondo con la sua stessa curiosità e intelligenza, la nostra creatività e ingegno ne ricaverebbe un sorprendente beneficio.
Il gatto, infatti, non ha fretta di capire. Si concede tempo e studia i dettagli. E raramente sbaglia.
Il gatto è un animale domestico che non si può addomesticare, non riconosce l’autorità dell’uomo perché all’obbedienza ha sostituito il rispetto: se accetta una regola o risponde a un richiesta è solo perché lo vuole, su di lui obblighi e costrizioni non sortiscono il minimo effetto.
Come disse qualcuno, “I gatti non obbediscono al padrone per cause evolutive. Se discendeste dalle tigri, nemmeno voi ubbidireste ai pronipoti delle scimmie” oppure, altra bellissima battuta, “i gatti hanno sempre quell’espressione di chi ha letto Kant e l’ha capito”.

Guerrieri della Luce

Non so se vi è capitato di leggerlo, ma Paulo Coelho ha scritto un bellissimo libricino intitolato “Manuale del Guerriero della Luce”, sviluppando alcune massime di quello che dovrebbe essere il modus operandi di una nuova generazione di persone, uomini e donne, stanchi dello status quo attuale, che hanno voglia di rifondare tutto, senza peraltro rinnegare radici e tradizioni.
Consapevolezza del passato ma anche fiducia nel futuro, il tutto vivendo appieno il momento presente.
Io aggiungo che questo tipo di guerrieri è in aumento in ogni angolo della terra, ancora troppo pochi per potersi accorgere della loro presenza ma stanno lentamente distruggendo il sistema.
Esserlo è facile e difficile allo stesso tempo. Basta amare e rispettare tutto il creato ma bisogna anche disimparare quasi tutto di quello che ci è stato finora insegnato ed in cui crediamo di credere. Bisogna tornare ad essere bambini per imparare tutto di nuovo. Come tali sbaglieremo ancora, ricadremo vittime di antichi pregiudizi e stupidi luoghi comuni che non ci sono in realtà mai appartenuti davvero. La guerra che si combatte è quella della vita che alla fine non risparmia nessuno.
Ci si sente soli, seppure in mezzo a milioni di esseri umani uguali a noi, si hanno da dire cose che nessuno è disposto ad ascoltare e spesso non si saprà da dove cominciare per cambiare le cose, senza correre il rischio di ergersi all’antipatico ruolo di “insegnante”. Non c’è niente da insegnare, soltanto da condividere ciò che si è scoperto ed aspettare di vedere germogliare i semi, se il terreno lo consente.
E’ una strada nuova fatta di incertezze e difficoltà, ben diversa da quella che le persone percorrono da sempre e che sono molto restii ad abbandonare.
Confusione, timore di aver sbagliato, nebbia ovunque, senza che vi siano segnali che ci indichino cosa fare.
Questo è il momento più difficile, ma il Guerriero della luce deve andare avanti e trovare il coraggio di proseguire in quella nebbia senza vedere dove sta mettendo i piedi ed allora sentiremo nel profondo di essere sostenuti da qualcuno o da qualcosa e si cominceranno ad intravedere piccole luci di altri Guerrieri che, come noi, hanno intrapreso lo stesso cammino, vincendo paure ed incertezze.
Non importa capire perchè, a volte, si fanno certe cose, è importante capire quando è il tempo di farle, e quel tempo è ora. E bisogna farle in fretta, se non si vuole restare per sempre indietro lasciandosi sfuggire l’occasione.

Apologia della domanda

Una domanda è sempre uno sconfinato oceano di possibilità, è aperta ad ogni soluzione, è come un insieme di possibilità potenziali che possono condensarsi in una realtà da venire. Una domanda è guardare al futuro, una risposta è mettere il sigillo a tutto questo, porre un limite, ed è lì che inizia il passato.

Una domanda è una azione da bambini, una risposta è una roba da vecchi.

Una domanda è movimento, è sete di conoscenza, è curiosità, è vita. Una risposta è sempre rigida, a meno che non sia la più coraggiosa e rara di tutte: “non lo so”; una risposta è presunzione, è spesso saccenza e più raramente saggezza.

Una domanda è una cascata di acqua fresca che si rinnova sempre, una risposta è uno specchio di acqua stagnante.

Una domanda è malleabile, puoi riformularla, ritirarla, modificarla, adattarla a chi ti sta di fronte. Una risposta, una volta data, è come una freccia, difficilmente può tornare indietro, l’orgoglio e le leggi fisiche glielo impedirebbero.

Una domanda può fregiarsi dell’eleganza sinuosa del punto interrogativo. Una risposta ha la povertà di un misero puntino che è compreso nel punto di domanda ma giace sempre come un servo ai suoi piedi.

Una domanda può accomunare e mettere d’accordo ogni essere della terra, mentre questo è impossibile per una risposta. La tua domanda può essere anche la mia domanda ma la tua risposta difficilmente potrà essere la mia risposta.

Una domanda non è mai stupida, moltissime risposte lo sono.

La domanda è la madre del dubbio, le risposte sono le figlie dell’ignoranza.

Le domande scandiscono i momenti più importanti della vita, le domande non mentono, sono sempre sincere, è impossibile mentire se si chiede. Le risposte, invece, sembrano fatte apposta per la menzogna; sono le vesti naturali di chi vuole nascondere la realtà.

Alle domande sono associati in genere aggettivi positivi quali belle, ingenue, sfrontate, coraggiose, intriganti; alle risposte si affibbiano aggettivi di segno opposto quali sbagliata, tardiva, insensata, offensiva, tagliente.

Spesso, a domande da un milione di dollari vengono date risposte che non valgono un centesimo.

Ogni progresso umano è fondato sulle domande perchè se i grandi geni non si fossero posti quesiti folli, oggi forse saremmo ancora nelle caverne ad accendere il fuoco con le pietre. Se ci fossimo fidati delle risposte immutabili oggi crederemmo ancora ad una terra piatta al centro dell’universo e ad altre cose che oggi sembrerebbero assurdità.
Gesù non ha mai esaltato le risposte ma ha sempre posto al centro dei suoi insegnamenti il “chiedete e vi sarà dato”; del resto come potremmo mai ottenere qualcosa senza domande?

Insomma preferisco sempre coloro che fanno domande, proprio come i bambini. Un pò meno mi piacciono quelli che hanno e danno solo risposte. Una domanda non è mai sbagliata ed è solo nostra; le risposte vengono dagli altri e molto spesso sono sbagliate.

E per finire gustatevi questa chicca di pochi secondi su una distinzione tra domande e risposte tratta da un dialogo di “Per qualche dollaro in più” del mitico Sergio Leone.

I colori del cibo

Da un pò di tempo a questa parte sono diventato molto attento all’alimentazione, visto che è incontestabile il suo ruolo fondamentale nella quantità e, soprattutto, qualità della nostra vita.
Sembrerebbe la scoperta dell’acqua calda, eppure abbiamo tutti sotto gli occhi che mentre metà della popolazione mondiale muore di fame, incredibilmente l’altra metà muore di cibo.
I recenti studi sul microbiota intestinale poi, stanno aprendo strade incredibili alla nuova medicina. E’ ormai assodato che abbiamo due cervelli nel nostro corpo, di cui uno nel nostro intestino e pare che il suo ruolo non sia affatto secondario. In quella sede stazionano miliardi di batteri (circa 1,5 kg!) che “decidono” molto della nostra salute e addirittura dei nostri comportamenti.
Come in tutti i settori della vita, anche i nostri batteri si dividono in buoni e cattivi per cui, se daremo il giusto cibo a quelli “buoni”, questi prolifereranno e saranno i migliori guardiani della nostra salute e del nostro equilibrio psichico.
Viceversa, se alimenteremo quelli “cattivi”, questi prenderanno il sopravvento sui buoni e saranno la causa di ogni tipo di malattia, prime fra tutte quelle che riguardano il sistema immunitario perchè è proprio nel nostro grosso intestino che si trova il 90% delle cellule relative a questo organo di vitale importanza.
Il prossimo step è quello di stabilire quali sono i cibi giusti e quelli sbagliati per questa famelica ciurma di batteri che ospitiamo dentro di noi e senza i quali la vita sarebbe comunque impossibile.
C’è bisogno che lo dica? Io credo di no, perchè la risposta è intuitiva. Mangiare da McDonald’s, bere bibite gassate, mangiare carni rosse, latticini, zuccheri e grassi contenuti in dolciumi e merendine avrà un effetto devastante per la salute e per la vita complessivamente intesa.
Ma la cosa più sconvolgente è stata la scoperta che questi batteri “cattivi”, una volta assunto il comando del microbioma intestinale, letteralmente “ordinano” al cervello di continuare ad approvvigionarsi di quei cibi per poter prosperare a scapito dei “colleghi buoni” ed a scapito della nostra salute che verrà, prima o poi, distrutta. Da qui certe dipendenze.
Un esempio su tutti per capire l’importanza di questo fattore: i ricercatori hanno scoperto che determinati cibi “cattivi” somministrati a topi di laboratorio inibiva lo sviluppo del gene che induce i roditori ad aver paura dei gatti! Immaginate cosa questo può significare per la vita di un topolino…
E pensare che il nostro sistema inconscio sa bene quali sono i cibi che ci curano, ci rendono sani e ci fanno vivere a lungo, questo perchè la natura ha fornito, nella sua immensa intelligenza, quei cibi di caratteristiche estetiche “attrattive” che ce li dovrebbero rendere più appetibili di altri.
E qui arrivo al titolo di questo post, laddove il primo impatto col cibo, che è quello visivo, ci attrae naturalmente verso frutta e verdura. Osservate quel meraviglioso blu dei mirtilli, il rosso dei pomodori o del ribes, il giallo del mango o delle banane, l’arancione delle carote, il porpora dei lamponi o le sfumature di certi tipi di mele o ancora il verde brillante degli spinaci o di altre verdure a foglia. Sono stati creati per attrarci, per lanciarci il segnale che dovremmo mangiare tutti quelle cose e invece…
Moltissimi continuano a preferire bistecche alla brace, hamburgher, hot dog, scamorze e formaggi grassi…tutti alimenti che, guarda caso, hanno una gamma di sfumature cromatiche che vanno dal nero al marroncino…e si sa che il marrone è il colore della m….

In alto

Mi piace camminare guardando in alto, un pò con la testa tra le nuvole, perchè soltanto lassù puoi trovare qualche bella sorpresa. Le sorprese che incontri con gli occhi bassi non sono quasi mai belle; per bene che ti possa andare sono cose scontate e prevedibili.
Guardare in alto o pensare in alto ti porta in un’altra dimensione, in quella dimensione dove ci sono le idee, le scoperte geniali, le invenzioni dei folli ed i giochi dei bambini.
Solo un buon visionario può accedervi. Pensate che Albert Einstein, per mettere a punto le sue teorie sulla relatività, si immaginava a cavallo di un raggio di luce.
E’ un luogo dove tutti potremmo andare, di tanto in tanto, è un enorme negozio pieno di sorprese, peccato che l’accesso, alla fine, sia appannaggio di pochi.
Lassù non c’è più il tempo né lo spazio; un orologio sarebbe utile come un semaforo in autostrada.
Chi inspira solleva istintivamente il capo verso l’alto, mentre chi espira tende ad abbassarlo e si sa che l’inspirazione è vita, mentre l’espirazione è collegata alla morte. La prima azione di un essere umano che viene alla vita è inspirare l’aria di quel nuovo mondo in cui adesso si trova; la sua ultima azione sarà buttare fuori per l’ultima volta quella stessa aria.
In alto puoi incantarti ad osservare il volo degli uccelli, gli antichi ne traevano importanti profezie per il futuro. Abbiamo imparato fin da subito ad osservare le stelle lassù, a chiederci, piccoli ed impauriti, cosa ci fosse dietro tutto quel mistero e ne abbiamo ricavato scienza e fantasia, sogni e poesia.
In basso ci siamo attaccati, come una sorta di maledizione gravitazionale, guardare verso il muro che ci sta davanti ci sta facendo impazzire, per questo motivo l’unico modo che abbiamo di evadere verso l’infinito è sollevare gli occhi e l’anima al cielo, perchè è da lì che possiamo sperare di avere delle risposte.
Chi sogna ad occhi aperti non è ben visto nella società odierna, perchè chi immagina e sogna, al giorno d’oggi, sono rimasti i matti ed i bambini, che sono le uniche persone imprevedibili; e si sa che la società detesta l’imprevedibilità, per cui i bambini li “rieduca” ed i matti li rinchiude per evitare che vadano a rovistare tra le nuvole e scoprano certe verità.
Se non sei più un bambino, l’unica via di salvezza che ti rimane è quella di impazzire un pò…