comunicazione

Aiuto! Nessuno mi ascolta?

L’incomunicabilità è la più terribile delle solitudini (F. Nietzche)

Il più grande problema, al giorno d’oggi, è che la gente ha preso un sacco di cattive abitudini e ne ha perdute altrettante di buone. Quelle cattive sono sotto gli occhi di tutti ed è inutile elencarle, ma possiamo individuare quelle buone, prima fra tutte, il dono di “ascoltare”. Le persone non ascoltano più, non ne sono più capaci. Ascoltare cosa l’altro ha da dirci è la capacità di venirsi incontro, di superare barriere ed ostacoli che ormai hanno frantumato l’intera umanità. Ormai, ascoltare senza interrompere è diventata un’esclusiva dei sacerdoti nei confessionali. Preferiamo essere sempre protagonisti, interrompiamo spesso l’interlocutore perchè siamo rosi dalla brama di dire la nostra, e quelle volte che la civile educazione prevale, non vediamo l’ora che finisca per poter finalmente esprimerci. Abbiamo dimenticato che, in un dialogo, il fattore più importante non è dire la nostra, quella la conosciamo già, bensì ascoltare il punto di vista dell’altro perchè potrebbe avere molto da insegnarci. Invece si litiga, si urla, si urla più forte di chi urla, come se l’urlare equivalesse ad avere ragione. Ragione di che, poi? Igor Sibaldi, un filosofo e filologo italiano afferma sempre che “nella vita o hai ragione o sei felice”. Quando si vedono due persone dialogare accade spessissimo che, una volta che uno ha finito, l’altro risponde in modo vago e cambia argomento, come se non avesse ascoltato nulla, ed infatti è esattamente quello che è accaduto. Questo succede ovunque, tra partner, tra genitori e figli, tra colleghi di lavoro, tra amici. Tutti sentono ma non ascoltano più, e se lo fanno è soltanto per brevissimi attimi. Forse sono immersi nei loro pensieri, fatto sta che in un dialogo mettono in funzione solo le orecchie e non il cervello. “In principio era il Verbo”…sono queste le parole con cui inizia il vangelo di Giovanni. “Infine nessuno lo ascoltò più” avrebbe aggiunto se fosse vissuto ai tempi di oggi. L’uso della parola ormai è smodato ed usato a sproposito, si apre la bocca tanto per parlare, per mettersi in mostra, spesso senza avere la consapevolezza di ciò che si dice. Di parlatori è pieno il mondo, ma c’è grande carenza di ascoltatori, perchè nessuno lo fa più. Il disastro di questa società è appunto il fatto che ci sono troppe parole per poche menti/orecchie e così non vi può essere comunicazione. Perchè interrompiamo l’altro per dire la nostra se l’altro poi non ascolta e fa la stessa cosa con noi? Non vi sembra un dialogo tra imbecilli? Potrebbe essere questa la causa del fallimento planetario del rapporto di coppia? O del disastroso rapporto odierno tra genitori e figli? Forse non è l’unica ma credo che sia tra le prime. L’ego di ognuno di noi è completamente cieco e sordo, si rifiuta di ascoltare per paura che il Se possa risvegliarsi e trovare qualcosa di vero nelle affermazioni di chi ci sta di fronte e così cambiare. Il cambiamento è sempre il nemico n.1 per l’ego, cambiare significa evolversi e l’ego non vuole correre questo rischio. E’ paradossale che in un’epoca di comunicazione globale non si ascolti più. Tutti sono convinti di avere una risposta a tutto, si irrigidiscono nelle loro convinzioni (che poi non sono mai davvero le loro) e non gli interessa conoscere altri punti di vista o prendere in considerazione altre informazioni. Ecco perchè non ascoltano. Sono convinti di essere detentori della “ragione” e se quello che l’altro dice è in contrasto con le sue convinzioni allora non conta nulla. Il risultato di tutto questo? Incomunicabilità. Tu parli, io non ascolto, poi parlo io ma non ascolti tu. Quello che chiamiamo dialogo, in realtà è la somma di due monologhi paralleli che, come le rotaie di un treno, non si incontreranno mai. Proviamo ad invertire questa tendenza, impariamo ad ascoltare anche chi sembra non abbia nulla di interessante da dire; nella peggiore delle ipotesi resteremo con le nostre conoscenze ed opinioni immutate, risultato che, peraltro, è quello che oggi succede sempre. Ma potremmo anche ricevere sensazioni ed informazioni nuove, che ci spingono a riflettere e forse cambiare, perchè gli altri sono il nostro specchio e, se qualcuno ci parla, probabilmente l’Universo ha qualcosa di importante da dirci, quindi ascoltiamolo. Riprendere l’abitudine di “ascoltare” gli altri è uno dei pilastri di tutte le discipline presenti in the Ark lab https://www.thearklab.net/, perchè senza un vero ascolto non può esistere nessun apprendimento…

The Ark Lab

Questa volta voglio raccontarvi di qualcosa in cui sono direttamente e personalmente coinvolto.
E’ un progetto che avevo nel cuore da sempre, legato ai miei interessi veri, ma quel qualcosa che governa le nostre vite facendoci credere che siamo noi a decidere, ha stabilito che questo fosse il momento giusto per iniziare questo percorso perchè prima non me ne ha mai data l’opportunità. Quando si guarda un panorama dall’alto si possono cogliere sfumature impensabili rispetto a quelle di cui sei consapevole restando a terra. Era questo il momento per una nuova sfida e l’ho colto.
La bellezza e la sincronicità di tutto questo è che posso condividere questo progetto con amici a me cari, che rappresentano il mio punto di riferimento, insieme ad altre persone, sconosciute, che rappresentano il futuro e la novità, che è quello che ci spinge ad andare avanti per scoprire nuovi orizzonti affascinanti. Passato e futuro riuniti.
Un antico proverbio ebraico afferma: “L’uomo fa progetti e Dio ride”. Io avevo progettato di fare l’avvocato, ma, evidentemente, questa cosa aveva fatto piegare qualcuno in due dalle risate ed ha cercato di farmi capire che ero fuori strada. Mi ricorda vagamente il gioco della “pentolaccia” o “pignatta” che si fa a carnevale quando sei bendato e devi colpire il tuo recipiente pieno di dolcetti ed altre prelibatezze. Senti le risate di chi ha gli occhi liberi che guardano questo poveraccio che tira bastonate nell’aria e ce la mette tutta senza colpire niente, rischiando pure di farsi male, mentre i tuoi dolcetti sono da tutt’altra parte.
Se potessimo tutti giocare a quel gioco-metafora della vita con gli occhi aperti basterebbe un solo colpo per ottenere il premio, quindi qualcuno, dopo essersi fatto grasse risate osservando la mia inettitudine, mi ha tolto la benda dagli occhi perchè finora la pignatta non l’avevo nemmeno sfiorata.
Ok, ma veniamo al dunque. Cos’è The Ark Lab?
Riassumerlo in poche parole non è facile, certamente è qualcosa di unico, di sperimentale, un laboratorio alchemico umano in cui alla base di tutto c’è l’interazione tra chi organizza e tiene determinati corsi e coloro, da ogni parte del mondo, che sceglieranno di parteciparvi.
Non è una “scuola”, almeno non nel senso classico del termine perchè nessuno ha la pretesa di assurgere al ruolo di insegnante; diciamo che è un periodo in cui alcune persone mettono a disposizione di altre una certa esperienza di vita senza pensare che essa sia quella giusta da trasmettere, ma restando aperti alle esigenze ed alle peculiarità di chi ti sta di fronte che sono diverse per ognuno. Noi abbiamo solo stabilito un filo conduttore, il resto sarà una sorpresa per tutti.
Gli argomenti sono raggruppati in tre macrocategorie: tecnologie esponenziali, prasseologia e metafisica. Per noi rappresentano il futuro, infatti sono concetti ancora parzialmente sconosciuti ma siamo sicuri che “risuoneranno” in chi avrà voglia di approfondire gli argomenti.
Ci sarà modo di approfondire il simbolismo attraverso gli archetipi universali, capire perchè il comportamento umano va in una certa direzione e cercheremo di dare nozioni indicative sulle nuove tecnologie e sulla nuova economia.
Immaginate di dovervi sedere in circolo con persone sconosciute e raccontare delle vostre paure, recitare una poesia di autori famosi con la vostra unicità ed il vostro trasporto liberandovi dalle paure di farlo, di interpretare a braccio un’opera teatrale creata tutti insieme o ancora provare a leggere i tarocchi ad uno sconosciuto senza saperlo fare, solo interpretando i simboli, o ancora cercare di colorare la musica. C’è da ubriacarsi anche senza alcol..
Insomma tutto il contrario della routine della vita, per avventurarsi, mano a mano, su sentieri sconosciuti che potrebbero nascondere quella che è la vera strada per la vostra anima. E’ la tana del bianconiglio.
Il tutto in una cornice suggestiva che è la Puglia in un periodo in cui l’estate non ha ancora lasciato il posto al freddo inverno, scoprendo sapori e colori che accompagneranno il colore ed il sapore di qualcosa di nuovo che abbiamo dentro.
Certe cose non possono essere descritte con le parole, bisogna viverle e solo dopo si potrà capirle, ed a quel punto apprezzarle o criticarle.
Mi sono un pò lasciato trasportare dall’entusiasmo di questa novità in cui credo fermamente…per chi avesse voglia di saperne di più, qui sotto c’è il link al sito…
[https://www.thearklab.net/]

Comunicazione inconscia

A volte capita di percepire la presenza di persone che comunicano, senza volerlo, qualcosa di importante anche senza che le conosciate, anche se le vedete per la prima volta, anche se non sapete affatto chi sono, perchè misteriosamente stimolano la vostra curiosità, da come si muovono, dagli sguardi che hanno, che non sono adatti a quelle persone con cui si accompagnano in quel momento, perchè c’è un velo di insoddisfazione che voi percepite e quegli altri no. Semplicemente non sono nel contesto adatto a loro. Sanno fingere abilmente e col sorriso, perchè sono forti, sanno che nella vita ci può essere di più di quello che stanno vivendo, ma si vivono il momento e va bene così.
Si capisce che forse sono prigioniere di una situazione che non hanno cercato ma che si fanno andar bene perchè hanno abbastanza forza per reagire ed aspettare che qualcuno, arrivato chissà come e chissà da dove, colga quel velato disagio, comprenda quell’invisibile messaggio. Quelle persone si guardano sempre attorno, al contrario di altre che si mostrano soddisfatte o rassegnate, con un sorriso triste rivolto verso il basso.
Sono messaggi inconsapevoli che trascendono i normali canali di comunicazione, ma se si impara a coglierli si può dialogare anche con un sorriso, per far capire di aver capito. Può finire lì oppure no, non ha molta importanza, il destino farà la sua parte.
Sono cose rare e sono le conoscenze teoricamente più profonde, che generano curiosità reciproca, perchè il linguaggio verbale non è la principale fonte di comunicazione, anzi.
A parte le persone profondamente innamorate e perciò già “connesse”, quel linguaggio senza parole risulta sconosciuto a chi non ha le “antenne” per captare una trasmissione che forse viene da una dimensione che non ci è ancora nota ma che esiste e che può rivelare sempre piacevoli sorprese per il futuro.

Non mi piace

Sanno come prenderci. La frase finale di un notissimo film, L’avvocato del diavolo, fa dire proprio a quest’ultimo che il suo peccato preferito degli umani è la vanità. La diabolica tecnologia ha subito preso al volo l’autorevole consiglio ed ha creato il “like”, il “mi piace”, per dirla all’italiana, per spronare i deboli peccatori umani a ricercare quella vanità che è diventata più importante di ogni altro sentimento umano, persino della ormai obsoleta crudeltà o cattiveria.
Perché qualunque essere, anche il più abbietto, dimentica la sua cattiveria se viene adulato.
Ed ecco che ogni social, ogni sito aperto al pubblico, blog compresi, ha creato il suo asse centrale su quel tasto malefico che spesso ti consente di esprimere una favorevole preferenza anche se non hai letto ciò che è scritto o anche se non ci hai capito un cazzo.
Ed ecco che i social “proletari” come Facebook o Instagram creano e disfano miti in base a quanti “like” si riescono ad ottenere.
Oggi non è più tanto importante quanti soldi hai sul conto corrente, ma quanti “like” hai sul profilo e non c’è privacy che tenga, anzi. Alla fine il genere umano è così coglione che le cose finiscono per coincidere: se hai un sito con milioni di “like” hai anche un conto in banca con milioni di euro.
A volte mi chiedo se uno tipo Einstein o Dante Alighieri fosse vissuto all’epoca dei social avrebbe avuto qualche “like” …ce lo vedete il vecchio Albert che su Facebook posta “E=mc2” con relativa formula…non se lo cagava nessuno, ma proprio nessuno.
O il sommo Poeta che posta la sua Divina commedia…avrebbe ricevuto commenti del tipo “Zio, cazzo dici? prossima volta vacci piano con la grappa”…
Invece oggi, perfetti sconosciuti che non hanno mai creato un cazzo in vita loro si inventano qualche balletto in piscina accanto a due o tre fighe decerebrate e creano personaggi seguiti da migliaia di persone che non credo abbiano molto più cervello delle tipe accanto al protagonista.
O tempora, o mores…avrebbe detto il vecchio Cicerone sul suo profilo…ma anche in questo caso i più arditi avrebbero pensato ad un sondaggio calcistico tra centravanti… “raga, io sarei per Mores, come gioca lui non è capace nessuno…poi chi cazzo sarebbe sto Tempora?, dove gioca?”
Poi la cosa è troppo a senso unico e questo non mi sembra troppo democratico. Perché accanto al “like” non ci aggiungono un “mi fa cagare” per dirlo all’italiana? Forse perché i miti di questa effimera e demente orda di “socialisti” (intesa nel senso di patiti dei social e non politico) temono di vedere i “mi fa cagare” prevalere sui “like”? Se non c’è un pulsante del genere ti limiti ad ignorarli ma a me piacerebbe anche un bel link con su scritto “sei un coglione”, sai che soddisfazione?
Ecco, adesso non mi aspetto nessun gradimento a questo scombinato post…

Incontri 2.0

Ho imparato ad usare le chat quando la maggior parte delle persone non sapeva neanche cosa fossero, sto parlando di oltre vent’anni fa, quando una persona a me fraternamente vicina aveva già intuito le potenzialità ancora da venire della rete, incluso questo nuovo modo avanguardistico di conoscere nuove persone. Per lui era business, aveva iniziato come Bill Gates da un piccolo appartamento in una città di provincia, ma, malgrado le sue enormi capacità e lungimiranza la faccenda ebbe uno sviluppo non proprio auspicabile e non certo per suoi demeriti, ma per l’ingordigia di certi centri di potere che avevano fiutato l’affare e che lo hanno stritolato. L’importante è che ora lui sia ancora in piedi con nuove idee sempre pronte a sfidare il sistema…
Fu in quel periodo che conobbi #IOL, la chat di Italia on line. Non so se esista ancora ma all’epoca agiva in regime di monopolio, se volevi chattare con qualcuno dovevi iscriverti a IOL. Il bello è che c’era gente vera, magari qualcuno bluffava sull’età, sull’altezza o sui chili ma era fondamentalmente lui (o lei), c’era equilibrio di presenze tra i sessi e non si trattava di caccia di cuori solitari, chat erotiche o scambi di foto improbabili, ma di una sincera chiacchierata con qualcuno che magari si trovava dall’altra parte del mondo. Ricordo ancora con nostalgia quando passai una nottata intera a parlare con il comandante (in pensione) dei Vigili del Fuoco di San Diego… un anziano signore con cui ci raccontammo un sacco di cose e che alla fine mi invitò ad andarlo a trovare, suo ospite.
Insomma era il tempo in cui internet annullava davvero le distanze ed era la frontiera per un mondo migliore e noi ci credevamo.
Oggi purtroppo non è più così. L’uomo ha questa maledetta facoltà di trovare e far prevalere il lato oscuro anche delle cose belle che riesce a creare, sarà forse perché basta una mela marcia a guastare un cesto di mele buone.
E’ successo negli anni 40 quando alcuni scienziati, mossi da un interesse scientifico, imbrigliarono la fissione nucleare; poteva essere un grande dono per l’umanità sotto il punto di vista energetico ma ci fu chi riuscì trasformarla in un’arma di morte per milioni di persone innocenti.
Così internet serviva per annullare le distanze ma quando le solite mele marce intuirono le possibilità, in più facendosi schermo dell’anonimato che la rete garantiva, la utilizzarono per irretire vittime deboli ed innocenti ed il meraviglioso giocattolo ormai si è rotto.
Oggi il mondo delle chat è una giungla senza regole in cui chi si presenta non è quasi mai chi dice di essere.
In genere vi si trovano due schieramenti: i timidi e deboli che fanno fatica nella vita di tutti i giorni e che, conseguentemente, cercano affermazione e conferme in un mondo virtuale e, dall’altra parte, gli avvoltoi che cercano di ghermire quelle facili prede. La vita è sempre una giungla…
Certo non è la regola, ma il rischio, oggigiorno, è enorme.
Avere figli (peggio ancora figlie) adolescenti che hanno libero accesso a questi canali rappresenta un pericolo che si fa fatica ad arginare senza correre il rischio di apparire repressivi.
Per questo motivo oggi prediligo la via dei blog. In fondo sono un pò meno “invasivi” e diretti, anzi rappresentano al meglio quella filosofia che definisco “message in a bottle”, un messaggio informatico sotto forma di diario lanciato nel mare della rete che può condurre ad incontri di mentalità affini. Se incontri veri possono avvenire, allora ben venga, si rischia certamente molto meno.

SMS

Short Message Service. O meglio, Sembriamo Molto Stupidi. Quando la comunicazione non è diretta, voce a voce, si scatena il nostro cervello meccanico-razionale ed ecco che cadiamo in una comunicazione Senza Mai Sognare.

E proprio su questo terreno minato, lontano dal cuore e tanto vicino ai polpastrelli, che affiorano, in tutta la loro drammatica evidenza, le differenze strutturali del cervello tra uomini e donne. Ritengo che la tecnologia sia quella cosa grazie alla quale una persona intelligente diventa più intelligente, ma un cretino diventa ancor più cretino.

Ed ecco che vengono spesso utilizzati dal gentil sesso per fare una cernita di promossi e bocciati che potrebbe risultare più difficile di persona, laddove il fascino della moda e l’avvenenza fisica sono ottime maschere delle menti sottosviluppate. Siamo Maschi Stronzi.

Se due persone si conoscono bene il problema, di solito, non sussiste. Quando conosci il retroterra cerebrale di chi comunica con SMS, allora sei in grado di percepire il significato anche di una singola faccina. In quei casi i messaggi sono utili perchè già padroneggi il linguaggio nascosto di chi te lo manda e ne comprendi anche le minime sfumature. Gli equivoci sono possibili ma rari.

Ma se chi cerca di comunicare con te è una new entry che aspira ad un posto al sole del tuo balconcino allora la cosa diventa delicatissima perchè stai per lanciare un coltello ad occhi chiusi e se non fai attenzione, rischi seriamente di cagare fuori dal vaso o di far appassire in un secondo le begonie, proprio sul balcone della donna in questione.

Prima regola: occhio a non fare gli spiritosi con battute che provengono dal tuo personale retroterra da conquistador delle discoteche della bassa bergamasca. Se l’argomento verte sui segni zodiacali, quando lei ti chiede di che segno sei, non rispondere “toro davanti e vergine dietro” perchè potrebbe non gradire l’umorismo da camionista ingrifato.

Poi ci sono quelli che hanno una sola frase standard per le donne che considerano “intellettuali” e magari, per far colpo, avendo avuto successo in precedenza, scrivono: “ma lo sai che mi ricordi la protagonista di quel film di Kieslowsky?”. Se poi credete che Kieslowsky sia il portiere della nazionale polacca ed il film più impegnato che avete visto è stato “Fronte del porco” con Rocco Siffredi, rischiate che vi risponda che pensava invece che voi foste un personaggio di un libro di Dostojevsky, l’idiota.

Ancora abbiamo gli stitici, quelli che comunicano con monosillabi o faccine. Le ipotesi sono due: o non hanno nulla da dire perchè i neuroni sono in sciopero ad oltranza, oppure sono timidi e temono di sbagliare, quindi si limitano al minimo sindacale. In entrambi i casi commettono un errore imperdonabile.

Ancora ci sono quelli che dimostrano di non essere riusciti a superare in 30 anni la seconda elementare e cadono inconsapevoli in errori di cui non si può incolpare neanche il T9. “Sai che i tuoi occhi anno uno splendido colore? Mi avrebbe piaciuto stare ancora un po insieme, speriamo che ci rivediamo”. Non che si pretenda che dall’altra parte ci sia Alessandro Manzoni, ma neanche una capra. Numero cancellato, e avanti il prossimo.

Tra i peggiori ci sono gli eterni teen agers, quelli che anche a 55 anni usano le abbreviazioni, infarcendo i messaggini di “k”: “Grz X la serata, domani ti kiamo. tvb”. Temo Verrà Bocciato.

Chiudiamo con la categoria dei “diplomatici”, quelli che parlano con frasi fatte che portano inevitabilmente in un imbuto da cui non escono più: “Ciao come stai?” “bene, e tu?” “tutto ok, che fai di bello?” “tornata adesso a casa”, “ah ok, spero che ti sia divertita”…encefalogramma piatto…butti il telefono sul tavolo mormorando un vaffa…

Per chiudere un SMS universale che ci sta bene di risposta in tutti questi casi: “quando inauguri il cervello, dimmelo che ti regalo una pianta”.