Month: agosto 2015

Metatron

Sul pianeta Metatron, a più di 10.000 anni luce dalla Terra, si continua a monitorare il preoccupante sviluppo di questo piccolo ma prezioso astro, necessario all’equilibrio dell’intera galassia ed il consiglio dei 100 saggi di quel pianeta, preoccupato dell’andazzo degli affari terrestri di cui erano incaricati, di concerto con l’Assemblea intergalattica, decide di mandarci alcuni inviati. L’insediamento al potere di certi personaggi in alcuni Paesi chiave, tra cui l’Italia, era un campanello d’allarme che non poteva più essere ignorato.

Il governo di un Paese è cosa seria e quindi all’ennesima pornostar, mafioso di quartiere e cantante neomelodico ad aver conquistato uno scranno in parlamento, si era deciso di prendere provvedimenti.

Metatron, strutturalmente quasi un gemello della Terra, a parte le dimensioni maggiori e due continenti e tre oceani in più, è un pianeta tra i più all’avanguardia nello sviluppo interstellare, ed i suoi abitanti, quasi del tutto simili agli umani, ma molto meno cazzoni, hanno rinunciato da milioni di anni alla politica ed alle bassezze inutili e distruttive di cui ancora soffre la Terra, la quale, invece, è agli inizi della sua evoluzione, per cui il suo invisibile controllo è stato affidato proprio a Metatron, allo stesso modo in cui un bambino piccolo viene sorvegliato dai suoi genitori.

Su Metatron gli abitanti, per comunicare tra loro, usano la mentalica, una scienza che ha affinato doti innate quali la telepatia, per cui non c’è più bisogno di comunicazione verbale che per millenni ha dato luogo a fraintendimenti, guerre, menzogne e clamorosi vaffanculo ed apprezzamenti sulle rispettive sorelle ai semafori. Su Metatron non esistono neanche più i semafori.

Fu così che si decise di inviare il saggio Ysingrinus a mettere un pò d’ordine su quel pianeta, accompagnato dal suo fido collaboratore Olotacovva. Non sapendo come iniziare a comunicare con i terrestri, i due Metatroniani decisero di regredire alle conoscenze tecniche di quel pianeta ed iniziare la loro opera correttiva attraverso un blog, da cui avrebbero poi espanso la loro opera nel tempo, tanto quello non gli mancava, perchè su Metatron un anno equivaleva a 50 anni terrestri.

Per un errore nelle impostazioni delle coordinate spazio-temporali dell’astronave, i due, la prima volta finirono abbastanza indietro nel tempo, all’epoca dei faraoni.

Il buon Ysin quasi si fece ammazzare perchè, materializzatosi nelle stanze di Amenophi III, dandogli amichevoli pacche sulle spalle come tra colleghi, cercò di vendergli alcuni disegni di rosafante, cercando di convincerlo che fosse più potente del Dio Ra e che quindi stava sbagliando le sue strategie di marketing col popolo.

Olotacovva si rese conto che Ysin si stava un pò allargando, e cercò di dissuaderlo, ma egli con le sue affermazioni lapidarie, fece un certo effetto sul faraone il quale, non capendoci un cazzo, promise di convocare il gran sacerdote Minchiothep a cui avrebbe chiesto consulto leggendo le budella di Olotacovva in una casseruola che il malcapitato portava al posto delle mutande.

I due, giunta la notte, decisero saggiamente di non restare in quel luogo e corressero la rotta verso la Terra del 2015.

I due, sulla base delle nuove coordinate inserite, sbarcarono in Puglia in una calda mattinata di agosto, davanti all’abitazione di tale Niphus, un abitante di Orione che da circa sette secoli stava facendo una tesi e degli studi su quegli strambi terrestri.

Dopo aver provato la Germania ed i suoi Wurstel, l’Inghilterra ed i suoi pancakes, la Spagna e la sua paella, il saggio Niphus aveva deciso di stabilirsi in Puglia, rapito da un tegame di riso, patate e cozze al forno preparatogli da una procace indigena, tale Miss Tresso che lo aveva accolto dopo un viaggio di 15 anni luce allorquando era affamato come un puma e stava iniziando a mangiare cavi elettrici e bere cherosene.

Il suo dolce benvenuto (“Mò…ci cazz iè cuss?) gli suonò come una melodia e da allora il buon NIphus non ha più abbandonato le coste pugliesi a cui è ancora molto affezionato, ci si fa il bagno a mezzanotte con la cravatta, anche se continua a bere come un orioniano.

Il saggio Ysingrinus ed il fido Olotacovva svegliarono Niph con una tempesta di rutti e bestemmie mentali alle 3 di notte, per cui l’uomo centenario originario di Orione rispose in terrestre con una sfilza di contumelie da fare la permanente ad un levriero afghano.

Una volta chiarito l’equivoco si salutarono calorosamente e si diedero appuntamento al ristorante di tale Vinvivendus, altro emigrato dalla lontana galassia definita “Masterchef” a causa delle sue prelibatezze culinarie quali mazzancolle al plutonio ed arrosticini “supernova”, cotti alla luce di una nana gigante…

Dopo una ricca abbuffata di specialità intergalattiche, innaffiata da una damigiana di primitivo di Plutone, i due Metatroniani riferirono a Niphus delle preoccupazioni del consiglio dei saggi in ordine agli affari terrestri mentre Olotacovva faceva pure apprezzamenti sulla mise di Miss grattandosi la casseruola con noncuranza.

Il cibo ed il primitivo non permisero di prendere decisioni drastiche quella sera, per cui si decise soltanto di iniziare a sondare il terreno aprendo ognuno un suo blog, sulla base delle direttive ricevute, su cui sarebbero state selezionate alcune persone degne di promuovere una rivoluzione culturale sul pianeta Terra. Comunque il tempo non mancava e quella era ancora una missione esplorativa.

E così fu fatto, aggiornandosi ogni mese terrestre a casa di Miss che ogni volta deliziava i visitatori con la sua personale interpretazione di danze pugliesi in ciabatte e burqua, inframezzate da espressioni (“Auuuuzzzz”) di un personaggio locale, tale Leone di Lernia, del tutto sconosciuto ai nostri alieni…

Pare che i saggi di Metatron, al momento, siano seriamente preoccupati dalla piega che stanno prendendo gli eventi, non tanto per gli affari terrestri, ma per lo sbarellamento dei loro Metainviati, testimoniato dalle letture dei rispettivi blog, che hanno causato vari mancamenti negli anziani di quel pianeta che li seguono sotto mentite spoglie…

A mia madre

Tu sei invecchiata e noi siamo cresciuti. Io e mia sorella siamo adesso ciò che tu eri soltanto ieri ma i tuoi occhi sono sempre gli stessi, belli e profondi che ci puoi cadere dentro.

Anche le tue parole non sono cambiate, sempre ferme in un tempo che non ti sei mai resa conto che passa e ti divora. Ma non ti importa di questo, tu sai che puoi fermarlo con il tuo affetto, che è più potente del tempo e vi fate beffe l’uno dell’altra.

Tu hai la certezza innata dei sentimenti, lui ha la sicurezza dell’ineluttabilità. Nessuno cede di un millimetro. Ed è una lotta impari da cui non si esce vincitori.

Lui ci tira da una parte, alleato alla nostra vita che cambia, tu lo fai dall’altra, alleata con l’amore, perchè forse non vuoi che lui ci consumi. Ha consumato te, ma questo non ti importa, basta che risparmi noi.

Ti rifugi nei ricordi, cerchi appoggi nel passato dove lui è già stato e non può ritornare e ne fai un mondo di corazze e fotografie che metti in campo come soldatini pronti ad andare in battaglia. Ma il passato è pesante e quei soldatini sono di piombo, muoverli costa fatica e devi spostarli uno ad uno se vuoi ottenere uno schieramento che stia in piedi e che regga agli urti del destino.

Lui ti ha sottratto gli alleati più potenti, papà non c’è più e lui era il generale silenzioso che muoveva quelle truppe di fango e di sabbia. Ora devono ubbidire a te, ma tu devi trovare il coraggio e toccare corde che ti sono sconosciute, suonare melodie che non hai mai suonato per dettare la carica. Un ruolo che non hai mai ricoperto.

Ma hai già dato tanto, sei stanca e te lo leggo negli occhi…le battaglie sfiniscono, spossano, distruggono le armi e le truppe ma tu sai che hai dalla tua parte l’amore di una madre e quella è un arma potente, la più potente di tutte, e sei pronta a metterla in gioco ogni momento. A metterla in discussione, se necessario.

Hai ferite che non si vedono, e fili da cucito attaccati alla tua uniforme per rattoppare maglie e ferite invisibili come le tue, e cucchiaini da perdere e ritrovare per essere felice di averlo fatto. Hai piante con cui parlare, perchè noi figli siamo andati via e parli a loro di noi perchè le loro radici tu sai che arrivano fino al cielo ed è lo stesso cielo che noi vediamo in città a te estranee e che ci porta quei messaggi di cuore.

Hai iniziato questa guerra da quando siamo venuti al mondo, ci hai lanciato come un arco lancia le sue frecce ed hai sperato che colpissero il bersaglio della vita. Lo hanno fatto. La vita non ha mai un solo bersaglio. Quella vita che tu hai immaginato per noi e che forse non è stata quella che tu avresti voluto, ma che ti ha fatto trincerare dietro le solite parole “basta che siate felici voi”, facendo spallucce e cercando di capire una realtà che ti è sfuggita, troppo distante per i tuoi occhi.

Le tue imprese per noi le hai tenute per te, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se scalare una montagna fosse impresa di tutti i giorni, facile come preparare un caffè. Per te lo è stata, io non so se ne sarò mai capace.

So che siamo stati i più bei regali della vita per te, ma non abbiamo mai capito quanto tu lo fossi per noi, ed ancora adesso facciamo fatica a capirlo, ma ci fidiamo. Come potremmo non fidarci di te?

Abbiamo imparato a camminare da soli ma tu ti ostini a non volerci lasciare andare la mano, senza sapere che basta la stretta del tuo cuore per non farci cadere. E se cadremo ci basterà pensarti per poterci rialzare e continuare, perchè te lo dobbiamo. Perché ci hai insegnato che si fa così.

Abbiamo la fortuna di averti ancora, coi capelli bianchi, le gambe stanche e l’innocenza di una nuvola in un cielo azzurro. La vita ci ha fatto questo regalo, speriamo di averlo meritato, mamma.

Bar Sport I parte: la colazione

Vorrei iniziare questo piccolo esercizio di stile chiedendo umilmente perdono al vate Stefano Benni, uno dei più grandi scrittori italiani in circolazione secondo il mio modesto parere, che ha saputo inventare capolavori divertenti ma, al contempo, dalla profondità incredibile.

Ricordo di aver letto Bar Sport parecchi anni fa e non c’è stato mai nessun altro libro che mi abbia fatto ridere da solo come uno scemo al pari di quello.

Ogni città, ogni quartiere ha il suo “Bar Sport”. Forse ogni gruppo di persone ha i suoi personaggi caratteristici. Li trovi nelle assemblee condominiali, nei circoli, a scuola, insomma dappertutto.

Nei piccoli centri il bar non è altro che il luogo di ritrovo di comitive e gruppi di persone di ogni età che si sono suddivisi territorio e tavolini come un giocatore di Risiko farebbe sul tabellone, anche con riguardo all’arco temporale della giornata.

Si inizia al mattino con l’ondata isterica dei “colazionisti”, che giocano col tempo, ed in dieci minuti di colazione, 5 li perdono a guardare l’orologio. Sono i “riassuntivi” della giornata appena iniziata. Contano i minuti, cercando di condensare il tempo a disposizione per accontentare tutti. Un saluto al barista, che all’ora della colazione è il protagonista assoluto di quella commedia dell’assurdo che si svolge davanti ai suoi occhi, poi una rapida occhiata in giro per individuare i conoscenti a cui regalare parole mangiate tra i morsi al cornetto ed i sorsi al cappuccino. Quando il tempo a disposizione è scaduto, tracannano il caffè o il cappuccino a 6000 gradi in un sorso solo, provocandosi paurose ustioni e spesso devono aggiungere qualche minuto al ritardo, dal momento che non hanno considerato l’effetto cagarella che quello sconsiderato gesto inevitabilmente innesca. Ciò porta allo spiacevole inconveniente che il cesso del bar, alle 9,30 di mattina, è peggio di quello della stazione di Calcutta a fine giornata.

I dialoghi durante la colazione al bar hanno lo stesso umorismo di una convention di becchini, che va sfumando mano a mano che si avvicina il fine settimana. Quindi, se ti scappa qualche battuta, vedi di accertarti che sia di venerdì, perchè se commetti un simile errore al lunedì mattina (magari pure con la pioggia), ci sono due sole possibilità: o hai vinto al superenalotto o fai il barbiere.

Nel bar ogni categoria umana sceglie la sua fascia oraria per impossessarsi dei locali e delle vettovaglie e dettare le sue regole, quindi al mattino non troverai mai bottiglie di vino, carte e pensionati che ammazzano il tempo. Al mattino è il tempo che ammazza la gente per una sorta di vendetta ricorrente.

Un pensionato col giornale, in un bar alle 8, si nota come Marilyn Manson in smoking bianco ad un ballo di beneficienza o come un pipistrello disteso al sole a mezzogiorno ed il poverino si guarda bene di frequentare luoghi che non offrono il minimo indispensabile per sopravvivere.

Troviamo quindi “l’avvoltoio”, il quale cerca improbabili approcci broccoleschi a quell’orario impossibile, magari sperando in un numero di telefono da poter utilizzare in momenti più calmi e proficui. Costoro sono quelli che ordinano il caffè, scelgono la posizione strategica al bancone e tentano approcci privi di fantasia alle povere avventrici semiaddormentate, nella speranza di trovare a quell’ora la guardia abbassata. Nei vari tentativi (tutti miseramente falliti) il caffè è diventato imbevibile, per cui tale patetico elemento viene in genere definito il “Rocco Sifredda” del bar di mattina.

Poi abbiamo “lo scroccone”, colui che finge di leggere il giornale davanti al bar in attesa dell’attimo in cui individua la sua vittima potenziale. Saluto ipocrita (Ehilà carissimo-magari non si ricorda neanche il nome-) e domanda di prassi (come va?) con lisciatina che suona falsa come una banconota da 150 euro (stamattina ti trovo in gran forma!). Poi si blocca e resta in attesa della fatidica controdomanda: “prendi qualcosa?” Nel caso questa non arrivi, si rimette in postazione a leggere il giornale. Questo elemento di solito lo smascheri perchè la Gazzetta che ha in mano è quella del mese prima ed è un mero strumento di lavoro.

Non è infrequente incontrare quello che viene definito “la gazza ladra” che, altri non è che colui il quale, con ostentata nonchalance, si fotte puntualmente la “Gazza” a disposizione dei clienti del bar, facendola sparire, con abile ed incurante gesto, nella borsa da lavoro. A volte si spinge addirittura a sfilare un pacchetto di caramelle dall’espositore ed è convinto che ti abbia fregato solo perché il barista lo lascia perdere.

Altro tipo da bar mattutino è “l’esigente”, la disperazione di tutti i baristi. Quando entra si crea un’ondata di panico dietro il banco e si racconta di baristi che si sono strappati grembiuli ed abiti in preda alla disperazione. L’esigente è quello che ordina il caffè nel modo più complicato possibile ed ogni vota aggiunge una variante, per cui diventa impossibile memorizzare i suoi gusti. Il caffè può essere ristretto, decaffeinato, in tazza grande, macchiato freddo, schiumato, al ghiaccio, shakerato, doppio, con panna e l’esigente gioca svariate combinazioni di questi elementi ed è pronto a fare un cazziatone al barista che ne sbaglia anche uno come se il suo caffè fosse la formula alchemica per trasformare il piombo in oro. E’ facile che chieda, come accompagnamento, un cornetto alla marmellata di fragoline di bosco ma, a quel punto, rischia un cazzotto in faccia dal barista, quindi, di solito, se ne guarda bene.

Ma, al mattino il più stressato è proprio il barista, che vorrebbe avere sei braccia come la Dea Kalì ed infatti sempre più spesso adesso si notano baristi extracomunitari che così possono tranquillamente bestemmiare nella loro lingua che tanto non li capisce nessuno, ed anche se ti danno dello stronzo, lo fanno col sorriso e quindi tu lo prendi per un complimento, mentre il titolare del bar perderebbe indubbiamente buona parte dei clienti se desse aria ai pensieri nella sua madrelingua.

To be continued….