interviste impossibili

Le “interviste impossibili”: dialogo con la speranza

“Se non speri l’insperabile, non lo scoprirai, perché è chiuso alla ricerca, e ad esso non conduce nessuna strada” – Eraclito

Nuovo appuntamento con le nostre interviste impossibili e questa volta abbiamo un ospite di eccezione, lei è nel cuore di tutti i sognatori e di tutti gli afflitti, e per questo è l’ultimo baluardo positivo nei confronti delle avversità della vita che ci soverchiano quotidianamente. Finalmente ha l’opportunità di parlarci e dire la sua in questa società in cui sembra essersi persa. Un’intervista senza peli sulla lingua in cui ci confesserà i suoi sogni e, perché no, le sue speranze.

D: “Iniziamo con una domanda provocatoria e paradossale, la speranza ha anche lei una speranza?”

R: “Diciamo che ho più una certezza che una speranza, ed è quella che gli uomini non potranno mai liberarsi di me. È vero che sono indissolubilmente legata agli aspetti peggiori dell’esistenza umana ma, ne rappresento l’spetto positivo e, se essi sparissero dall’orizzonte del destino, inevitabilmente morirei anche io; quindi, l’aspettativa che ho è un po’ contraddittoria; spero che scompaiano le grandi sofferenze ma che almeno i piccoli problemi quotidiani rimangano, così io potrò continuare a sopravvivere. Del resto, gli esseri umani quei piccoli problemi se li creano spesso da soli, per cui posso affermare, senza tema di smentita, che la mia speranza di sopravvivenza ha basi molto solide.”

D: “Alcuni affermano che la sua connotazione non è sempre positiva, nel senso che affidarsi a lei, spesso è indice di un comportamento passivo e rinunciatario nell’affrontare le avversità. Cosa ne pensa?”

R: “In parte è vero. Sotto un certo punto di vista io non sono la virtù dei forti, essi preferiscono far conto su altre cose, su sé stessi, sul denaro, sulle amicizie influenti, sugli eserciti, ecc, per cui parrebbe che solo i deboli abbiano la tendenza ad affidarsi a me, quelli che sanno di non riuscire a trovare la forza in sé, forse consapevoli di non essere autosufficienti. Ed in effetti esiste al mondo una vera e propria armata di piagnoni che sono buoni solo a lamentarsi perché si rifiutano di fare lo sforzo di cambiare, avendo la pretesa assurda che siano gli altri o la realtà che li circonda a dover cambiare e, nel farlo, si affidano a me, inconsapevoli che sono completamente sorda a queste stupide aspettative. Questo è l’atteggiamento sbagliato nei confronti miei e dell’esistenza in generale perché io sono una forza e non una debolezza, una fiamma che va alimentata con la potenza del carattere e non spenta con le lacrime del piangersi addosso.”

D: “Quindi ci sta dicendo che la speranza, da sola non basta per avere una visione più ottimistica della vita?”

R: “Confesso che non mi piace avere questa responsabilità tutta sulle mie spalle. A me piace particolarmente quel detto che afferma “Aiutati che il ciel ti aiuta”, quello dovrebbe essere l’atteggiamento giusto. Purtroppo, l’umanità è stata pesantemente e negativamente influenzata nei millenni dai vari credo religiosi che hanno ridotto sempre di più la sfera di influenza individuale sulla propria vita a scapito del volere di misteriose entità divine, variegate e folkloristiche, le quali avrebbero il potere sovrano di disporre a loro piacimento delle sorti degli individui attraverso oscuri disegni di cui soltanto loro sono a conoscenza. Non funziona così, anche perché nessuna religione può davvero dimostrare di essere la depositaria dell’unica verità e quindi, chi ti vende questa visione rinunciataria, vuole solo fregarti per avere il controllo totale sulla tua vita, perché si autoproclama depositario della conoscenza di quei disegni ed invece è una balla colossale. Nessuno conosce il proprio destino e nemmeno io conosco quelli delle singole persone, figuriamoci se può conoscerli anche un solo essere umano.”

D: “Qual è tra i sentimenti quello con cui ha un rapporto più stretto?”

R: “Il più vicino è sicuramente l’ottimismo, che non è un vero è proprio sentimento, piuttosto una qualità connaturata all’essere, una sorta di accessorio caratteriale che ti permette di osservare la vita a colori rispetto a coloro che la vedono in bianco e nero. Al mio opposto c’è certamente la paura. Quando è presente lei non ci sono io e viceversa. L’essere umano è perennemente sospeso tra questi due impulsi irrazionali e la paura è certamente più incisiva e persuasiva di quanto non possa esserlo io. Il grande Seneca, nel suo “Lettere a Lucilio” affermava che “certe cose ci angosciano più di quanto dovrebbero; altre prima di quando dovrebbero, altre cose ci angosciano e non dovrebbero affatto. E così ingigantiamo il nostro dolore, o lo anticipiamo, o addirittura lo creiamo dal nulla”. Ecco perché bisogna mantenersi equidistanti tra me e la paura e, ogni volta che si avvertirà l’impulso di lasciarsi andare a lei, bisognerà dare fiducia a me perché ci si sentirà subito meglio. Forse la paura avrà più cose da dire, ma consiglio di scegliere me invece della paura. Sembra uno slogan elettorale ma è la verità e ci vuole un gran coraggio nel fare questa scelta.”

D: “Lei è stata eletta a virtù più importante e simbolica dal cristianesimo, da quello che ha detto prima non dovrebbe esserne molto entusiasta.”

R: “Infatti non lo sono, ma solo perché sono stata strumentalizzata dai religiosi e ridotta ad un concetto che mi sta molto stretto. La loro visione è quella di un’attesa passiva di qualcosa di meglio che non è nemmeno chiaro cosa sia. Se poi trasliamo il discorso sulla “speranza della vita eterna” o sulla “speranza nel paradiso”, beh allora è bene che si sappia che non è consigliabile fare affidamento su di me. Certo, ognuno è libero di credere in qualunque cosa e di sperare in qualsiasi cosa ma, sia sincero, lei passerebbe una vita seduto fuori di casa nella speranza che passi qualcuno che le regali una Ferrari nuova fiammante? Credo proprio di no.”

D: “Oltre a quello che ha appena detto, qual è la cosa che detesta maggiormente?”

R: “Deludere le persone quando ripongono in me una fiducia razionale e sincera. Un ammalato che spera di guarire e invece muore lottando con tutte le sue forze affidandosi a me sino alla fine, un innamorato che spera di ricongiungersi con la sua amata quando ha tutto e tutti contro e non ci riesce, un soldato in battaglia che spera che la guerra finisca per ritornare a casa dai suoi cari mentre i suoi capi hanno tutto l’interesse a mandarlo al macello…queste sono le cose che non posso sopportare. Del resto, io sono un sentimento si positivo, ma fine a sé stesso; non ho nessun potere di influire sul destino di chi a me si affida. Il fato governa ogni cosa ed io posso fare ben poco per modificare il corso degli eventi. Mi è stato assegnato un ruolo consolatorio ma non taumaturgico e questa sensazione di impotenza certe volte mi pesa parecchio.”

D: “Lei è protagonista di molti proverbi e modi di dire, ci si ritrova in queste affermazioni?”

R: “Immagino che si riferisca a frasi del tipo “rosso di sera bel tempo si spera” oppure “la speranza è l’ultima a morire”. Allora devo ammettere che no, non mi ci ritrovo molto. Mi piacerebbe essere considerata come un’arma individuale che ogni essere umano porta dentro il suo cuore come una pozione magica a cui attingere nel silenzio della sua anima e da cui trarre forza per il suo futuro. Se si riesce a farlo, e solo allora, io ce la metto tutta per cercare di dimostrare a quelle persone che io ci sono, che sono accanto a loro per aiutarle ad andare avanti, ma il lavoro devono farlo da sole, contando solo su loro stessi. Se accade, allora io non li abbandonerò mai.”

D: “Se la sente di lasciare un messaggio di speranza al genere umano alla fine di questa intervista?”

R: “Lavorate sempre al meglio su voi stessi e lasciate all’Universo le sorti del destino perché nessuno è in grado di cambiarlo. Ci sono forze molto grandi e potenti che sono però sconosciute a tutti e chi afferma di conoscerle vi sta mentendo. Neanche io le conosco e tantomeno ho influenza su di esse, sono soltanto un bastone, un supporto da utilizzare nei momenti più difficili della vostra vita; sono la compagna di viaggio ideale per affrontarla, sono come gli occhiali correttivi per un miope…non sarò in grado di correggere quel difetto ma, se mi indossate, potrete vederci meglio.

Le “interviste impossibili”: Dialogo con il potere

“Io non ho paura di un esercito di leoni, se sono condotti da una pecora. Io temo un esercito di pecore, se sono condotte da un leone.” – Alessandro Magno

L’appuntamento odierno riguarda un ospite che potremmo definire VIP, amato e desiderato da tutti, infatti non vi è persona al mondo che non aneli a possederlo in qualche modo ed il più delle volte si è disposti a fare qualunque cosa pur di ottenerlo anche in minima parte. Insieme all’amore è una delle due grandi forze che muovono il mondo, che ne delineano i confini e che distribuiscono tra gli uomini vita e morte.

D: “Inizi pure col presentarsi. Il concetto lo hanno tutti ben presente, ma cos’è davvero il potere?”

R: “In effetti io ho tante di quelle sfaccettature che riuscire a darmi una definizione univoca è pressoché impossibile. Inoltre ritengo che, alla pari del tempo, ho una concezione strettamente soggettiva e mai universale, in altre parole, così come il tempo non trascorre uguale per tutti, così il potere non è uguale per tutti.
Max Weber diceva che il potere è la possibilità che un individuo, agendo nell’ambito di una relazione sociale, faccia valere la propria volontà anche di fronte ad una forte opposizione.
Questa è una definizione che mi rispecchia molto, ma in estrema sintesi potrei dire che il potere è il mezzo attraverso il quale si può influenzare ogni decisione altrui.
Si faccia particolare attenzione a questo aspetto, perchè si è sempre portati a credere che io sia espressione di qualcosa di “coercitivo”, una sorta di imposizione della volontà di chi detiene il potere su chi invece non ce l’ha. Ebbene non è sempre così, anzi potrei dire che nella maggior parte dei casi il mio esercizio è alquanto subdolo, potendo far compiere agli altri determinate azioni che pensano di aver deciso loro ma in effetti così non è. E’ la sottile distinzione tra il potere inteso come forza e autorità e quello invece che deriva dal consenso.
Nei secoli passati venivo identificato quasi sempre con il primo caso, mentre con l’avvento delle democrazie a livello mondiale è prevalso il secondo ma si faccia attenzione perchè oggi, molto difficilmente esiste un consenso davvero libero.
Infatti ho scoperto che si prova molto più gusto a far compiere alla gente le azioni che io desidero manipolandole sottilmente, piuttosto che costringerle con la forza.
In fondo, così facendo, ottengo il duplice obiettivo di raggiungere il mio scopo facendomi persino degli amici, invece che ottenere lo stesso scopo inimicandomi tutti.
A conferma di ciò che ho appena detto, il saggio Seneca, millenni fa affermava che “La prima arte che devono imparare quelli che aspirano al potere è di essere capaci di sopportare l’odio”. Ebbene, al giorno d’oggi non c’è più bisogno di tutto questo odio perchè, come ho appena detto, la manipolazione evita questo inconveniente.

D: “Quindi sta dicendo che i modi con cui il potere si esercita oggi sono diversi rispetto a quelli di un tempo? Se i metodi sono cambiati, è cambiato anche lei oppure il concetto è rimasto lo stesso?”

R: “Oh si, sono molto diversi. Così come si è evoluto l’ambiente e la tecnologia in cui l’uomo vive, allo stesso modo mi sono evoluto anche io. Se ci pensa un attimo, questo concetto è persino logico. Un tempo non esistevano i giornali nè, tantomeno la televisione ed il concetto di “mezzi di comunicazione di massa” in generale era sconosciuto. I gruppi sociali erano stanziali, non esisteva la possibilità di viaggiare all’altro capo del pianeta in poche ore, per cui chi esercitava il potere in una grande città o anche in un villaggio di qualche secolo addietro non aveva altra scelta che la difesa del potere con la forza del proprio esercito, sia contro gli avversari esterni che quelli interni. Le idee viaggiavano con lentezza ed i cambiamenti erano visti con occhio avverso.
Oggi è esattamente il contrario, idee, persone ed innovazioni viaggiano a velocità un tempo impensabili e ciò che può sembrare valido oggi, domani potrebbe non esserlo più e quindi bisogna essere in possesso di strumenti molto più agili ed efficaci di un ingombrante e poco gestibile esercito che oggi risulterebbe del tutto inutile e dispendioso.
Paradossalmente, secoli fa le persone potevano pensare molto di più con la loro testa di quanto non succede oggi, per questo chi prima attentava al potere costituito doveva essere eliminato fisicamente.
Oggi, al contrario, la gente non ha più idee proprie perchè si appiattisce su ideali, concetti e mode preconfezionati dal sottoscritto per mantenere la massa sotto controllo ed impedirle di pensare troppo…in fondo è risaputo che meno la gente pensa e più è facile mantenere il potere da parte di chi detiene il monopolio delle idee.
Ne vuole una conferma empirica? Pensi ai grandi geni del passato in ogni campo dello scibile umano: arte, letteratura, musica, scienze…era tutto un proliferare di capolavori inimitabili. Il genio era libero e poteva esprimersi come desiderava. Mi dica, da quanti decenni non ascolta un brano musicale che abbia l’armonia delle note di un Mozart o di uno Chopin, oppure un’opera d’arte pari a quelle rinascimentali o un romanzo o una poesia che lontanamente si avvicinino alla bellezza e genialità dei componimenti danteschi o degli scritti di un Dostoevskij?
Oggi non è più possibile perchè io ho inaridito la fonte, mi basta che qualcuno stupido e famoso faccia o indossi qualcosa sui social o in TV e ci sono milioni e milioni di pecore che fanno le stesse cose e si vestono con gli stessi, identici indumenti. Non le sembra fantastico? Su questo piano, oggi, tra convincere le persone ad indossare una maglietta o un paio di occhiali e fargli indossare un’idea non c’è alcuna differenza.
Ecco, oggi il potere è questo ma non lo racconti in giro perchè se ne sono accorti in pochi…”

D: “Alla luce del cambiamento profondo da lei descritto, i modi di esercitare il potere sono aumentati o diminuiti rispetto al passato? Oggi quanti tipi di potere ritiene che ci siano?”

R: “A ben rifletterci credo che siano aumentati. Oltre a quelli classici della sovranità violenta, dei vari credo religiosi, della bellezza, del denaro, del carisma innato e dell’amore che rimane ancora oggi il più potente di tutti, i quali hanno sempre esercitato una indubbia influenza sui corpi e sulle anime della gente, oggi il potere è molto più sfaccettato. Basti soltanto pensare che, nell’accezione sociologica, ai tre poteri classici esecutivo, legislativo e giudiziario, si è aggiunto quello che viene definito il “quarto potere” e cioè quello dei mezzi di comunicazione che oggi influenza pesantemente gli altri tre.
Inoltre, con l’aumento della massa di informazioni a disposizione oggi, e la sua fruibilità capillare attraverso la rete di internet, si sta facendo strada un nuovo tipo di potere molto importante che è quello della conoscenza, ma molti o non ne sono ancora consapevoli, oppure non sanno bene come utilizzarlo.”

D: “In base alla sua esperienza, qual’è il potere più difficile da mettere in atto?”

R: “Ritengo che ogni potere, per essere efficacemente utilizzato, debba abbinarsi ad una mente capace, altrimenti è come mettere una pistola carica in mano ad un bambino. Può fare del male a se stesso e a chi gli sta intorno. Inoltre, quasi tutti i poteri sono inefficaci se sono in mano a persone stupide. Uno stupido riesce ad esercitare un unico potere se ne è in grado, quello della forza bruta e della violenza. Quest’ultimo potere non richiede molta intelligenza ma solo una banale crudeltà.
Detto questo, ritengo che il potere più difficile da mettere in atto sia quello del controllo di se stessi.
Potrebbe sembrare scontato ma quest’ultimo, alla pari dell’amore, è il potere più intenso di tutti. La storia è piena di esempi di grandi sovrani e condottieri che sono riusciti a dominare il mondo intero ma alla fine sono stati vittime di se stessi. Ma la stessa cosa succede anche alle persone comuni.
Quante volte si fanno buoni propositi per smettere di fumare, di bere, di mangiare e di avere cattive abitudini che sappiamo che possono portarci alla rovina…eppure sono pochissimi coloro che riescono a mettere in pratica quello spaventoso potere e a dominare i loro nefasti desideri.
Controllare se stessi implica una corrispondente comprensione di chi siamo davvero e capire se stessi è ciò che fa la differenza tra un uomo libero ed uno schiavo, tra una persona che agisce in piena consapevolezza ed una che lascia che le cose accadano senza fare nulla per cambiarle.
Come diceva il grande Oscar Wilde, “Un uomo padrone di sè può far cessare un dolore con la stessa facilità con cui può inventare un piacere.”
Non le pare che sia questo il potere assoluto?”

Le “interviste impossibili” – dialogo con il pene

“Dio ha dato all’uomo un pene e un cervello, ma sfortunatamente non lo ha provvisto di abbastanza sangue da far funzionare entrambi nello stesso momento.” – Robin Williams

L’ospite di oggi è alquanto inconsueto e, pur potendosi inquadrare nel “fil rouge” delle interviste tematiche di vizi e virtù, ne rappresenta l’aspetto più nascosto ed intrigante, andandosi ad inserire in quelli che vengono definiti comunemente “argomenti tabù”. E’ una vera star, il suo nome volgarizzato è un jolly discorsivo che viene pronunciato come intercalare da tutti quasi sempre e si dice che sia la parola più espressa al mondo, senza distinzione tra il sesso a cui evidentemente appartiene e quello che invece non ce l’ha.

D: “Lei non parla molto, ma oggi ha l’occasione finalmente di poter far sentire la sua voce e siamo certi che le sue risposte saranno molto seguite da ogni tipo di pubblico. Inizio col chiederle se è soddisfatto della sua vita e che stile di quest’ultima predilige.

R: “Iniziamo col dire che il “passero solitario”, per usare una parafrasi leopardiana, non esiste. Io vivo sempre in società con qualcuno e dipende dallo statuto che si stabilisce nel corso degli anni chi detiene la maggioranza per prendere certe decisioni. Ovviamente sto parlando di quelle che mi vedono in qualche maniera coinvolto (e sono molte di più di quanto si possa pensare). Comunque in generale posso ritenermi soddisfatto, sono sempre il primo ad alzarsi al mattino anche quando il mio socio dorme ancora e riesco persino a fargli fare bei sogni realistici quando lo sento un pò depresso. Nel suo bagno ho un bel lavandino tutto per me ed un asciugamani pulito che uso solo io, entrambi più piccoli di quelli del mio socio, ma questo è normale vista la differenza dimensionale tra me e lui. Anzi, posso dire, facendo un raffronto, che sono molto più grandi dei suoi in relazione. Sono molto sensibile alla luce del sole e di solito passo le ore diurne a dormire comodo nella mia amaca triangolare a meno che il mio socio non faccia, dica o guardi qualcosa che mi chiama direttamente in causa, allora sono costretto a destarmi per partecipare.”

D: “Visto che ha parlato di “dimensioni”, una delle domande più dibattute sull’argomento è proprio quella dell’importanza delle stesse per una vita soddisfacente della vostra…società. Quindi le chiedo, le dimensioni contano davvero così tanto?”

R: “Domanda tecnica o domanda di cuore? Ebbene si, mi sento di fare questa importante distinzione per essere in grado di dare una risposta. Vede, se parliamo di rapporti inseriti in un contesto sessuale di coppia felice e senza problemi, allora le rispondo no, almeno in linea generale. Se invece parliamo di rapporti intimi giocosi e per il piacere fine a se stesso, allora le dimensioni contano. Però, anche in questa categoria bisogna fare un’altra specificazione. Le dimensioni si devono sempre conciliare con l’esperienza soggettiva, e alla fine, tra dimensioni ed esperienza, è sempre quest’ultima ad avere la meglio. Per riassumere, quando c’è amore basta averlo che funzioni, anche al minimo. Se invece non ci sono sentimenti profondi, ma solo attrazione fisica allora, a prescindere dalle dimensioni, bisogna sapermi usare al meglio. Il top sarebbe, dimensioni, amore ed esperienza, allora si che divento un idolo. Ah dimenticavo un particolare molto importante. Tutte queste distinzioni vengono azzerate se il mio socio ha problemi psicologici di varia natura. Ansie, paure, dolori, preoccupazioni e delusioni non mi piacciono affatto e, se mi accorgo che sono presenti, io me ne sto per fatti miei, resto a riposare e non mi alzo. Per fare il mio dovere al meglio, il mio socio deve essere il più sereno possibile.”

D: “E’ dunque questo il motivo per cui la maggior parte dei suoi “soci” afferma di sentirsi spesso tradita da lei proprio sul più bello?”

R: “Mettiamo le cose in chiaro, io non ho mai tradito nessuno. I compiti che mi sono stati assegnati sono soltanto due, uno meccanico e neutro, diciamo così, che non richiede molto sforzo, ed un altro molto più complesso in cui vengono tirati in ballo sentimenti e stati d’animo di varia natura, probabilmente le forze più potenti che madre natura ha dato agli uomini. In quest’ultimo caso sono io il primo a voler svolgere il compito affidatomi al meglio, ma il mio socio, invece di agevolarmi e concentrarsi come un laser su quella attività agendo come fossimo uno solo, si lascia fregare dalla sua mente infida ed inizia a cazzeggiare vagando tra i pensieri più stupidi ed inutili, del tipo le bollette da pagare, il lavoro da terminare, un colloquio importante o la fidanzata che lo ha lasciato. Ma dico, stiamo per divertirci un mondo e lui pensa a queste fesserie? So bene che quella traditrice della mente cerca spesso di boicottare il nostro sodalizio a fini sessuali, ma per molti sono occasioni che non capitano mica tutti i giorni, quindi il mio socio non dovrebbe farsi fregare e perdere magari un’occasione che chissà quando poi gli ricapita (sogghigna).
Come vede, non sono io a tradire, ma è il mio socio che si rovina da solo e manda a monte tutto. Ammetto di essere suscettibile ma sono un perfezionista, perciò quando si fa quella cosa, si deve pensare solo a quello ed occorre essere sempre concentrati sul pezzo, altrimenti, come le ho già detto, mi ammoscio.
Per restare sempre in tema sulla sua domanda, un’altra cosa che proprio non sopporto è la mancanza di fiducia nei miei confronti. Come ho già detto prima, sono alquanto suscettibile e, se il mio socio non si fida di me, avendo letteralmente terrore di fare cilecca, allora lo accontento perchè il rapporto sessuale, con chiunque venga fatto, deve essere sereno e giocoso e le paure devono restare fuori dalla cerniera. Su questo non transigo. Tanto, alla fine sono sempre io a decidere cosa fare…un noto proverbio afferma che “al cuor non si comanda”, bè non è vero, sono io quello a cui non si comanda, solo che sostituire il mio nome a quello del cuore in un proverbio così romantico potrebbe risultare sconveniente, me ne rendo conto.
Comunque, a proposito di proverbi saggi, i napoletani, che di saggezza se ne intendono, ne hanno dedicato uno anche a me, infatti si usa dire da quelle parti che “o cazz nun vò pensieri”, trovo che sia verissimo.”

D: “Ci può descrivere un incontro di attività sessuale dal suo punto di vista?”

R: “Vedrò di contemperare la mia prospettiva con quella del mio socio per fornirle una risposta che sia interessante. In questo settore la convergenza di interessi tra noi due deve essere completa perché tutto vada al meglio. Se mi accorgo che il mio socio ha un’attrazione fisica molto forte verso una donna, sono molto felice per lui e faccio di tutto per dimostrarglielo. A volte mi sembra quasi un bambino davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli ed arriva a fare gesti anche molto stupidi e avventati pur di mettermi all’opera. Capita di frequente poi, che lo sento così tanto emozionato e desideroso di quella persona da perdere il controllo della situazione, per cui mi manda segnali così confusi che mi portano a concludere l’atto così in fretta che la donna quasi non si accorge che l’atto appena iniziato è già concluso. So che per lui è abbastanza frustrante, ma cerco di rassicurarlo sempre che la seconda andrà meglio.
Questo accade spesso durante il primo incontro intimo con una persona che gli piace davvero tanto.
Dal mio punto di vista la situazione non cambia molto, per me sono tutte uguali, ma cerco di fare sempre del mio meglio.
In alcuni casi il mio socio mi infila un bel vestitino di gomma aderente per tenermi al sicuro. Non lo trovo molto elegante e devo confessarle che mi da anche parecchio fastidio, ma capisco che in certe occasioni è un sacrificio necessario. Ad ogni modo preferisco quelli neutri e mai colorati. Il peggiore è quello nero perché qui colore snellisce ed io sono l’unico organo del corpo contrario alla linea.
Tecnicamente, per concludere la risposta alla sua domanda, ho poco da aggiungere. Quando inizio sono sempre gonfio di orgoglio perché so che è arrivato il mio momento e le confesso che essere massaggiato, in qualunque modo lo si faccia, mi provoca un particolare piacere. Peccato che nei luoghi bui in cui vengo infilato non si veda niente, ma la sensazione è comunque molto positiva e piacevole.

D: “A parte il vestitino di gomma che ha menzionato, che tipo di biancheria intima predilige per trascorrere la maggior parte del suo tempo?”

R: “Mi faccia iniziare dicendo che odio le mutande di lana! A volte il mio socio mi tratta davvero alla grande e mi fa dormire in biancheria di seta dove mi trovo benissimo. Comunque anche il cotone è di mio gradimento, mentre mi irritano certe mutande in tessuto sintetico scadente del tipo di quelle acquistate dai cinesi.
Per quanto attiene al modello, dipende da una serie di fattori. Nei periodi più caldi i boxer sono abbastanza comodi ma, con le temperature alte, dopo un pò mi stanco di ciondolare qua e la. Per cui, gli slip di cotone sono i miei prediletti anche perché il boxer mi dicono sia passato ormai di moda.”

D: “Parlare di lei e della sua attività primaria apertamente è sempre stato un argomento tabù, anche se oggi l’andazzo è un pò mutato. Cosa pensa in proposito?”

R: “Cosa vuole che le dica? Come succede spesso, le cose più piacevoli sono sempre quelle più nascoste. Francamente non capisco perché l’argomento che mi riguarda sia così censurato nel suo uso comune. Le istituzioni religiose mi hanno sempre celato e persino nelle più belle opere d’arte sono stato coperto e nascosto da posticce foglie di fico. In fondo io sono lì, nella zona centrale della persona umana, ma anche al centro dei suoi pensieri. Se il principio è quello che ogni sporgenza del corpo umano deve essere nascosta, allora perché non nascondere il naso o le dita oppure le orecchie? Forse perché rappresento la pulsione più forte nell’uomo e le pulsioni non sono mai state ben viste nell’ottica bigotta delle religioni. Pensate che avrebbero l’assurda pretesa che io venga utilizzato a fini sessuali solo in in un modo e soltanto a scopo procreativo…scusate ma mi scappa da ridere. Se fosse così mi sarei già atrofizzato.
Però devo dire che sin dall’epoca antica, sino ad arrivare ai giorni nostri, dei coraggiosi autori letterari mi hanno dato un ruolo da protagonista nelle loro opere. Pensate al “Satyricon” di Petronio oppure ad Alberto Moravia che, proprio per aver scritto su di me non vinse un meritatissimo premio Nobel.
Come ha giustamente detto lei, comunque, di recente la mia presenza è stata abbastanza sdoganata ovunque, anche se le tradizioni sono sempre molto dure a morire. In fondo sono un giocherellone e mi piace divertirmi, e forse per questo non riusciranno mai a nascondermi per sempre dietro ridicole foglie di fico. Senza di me, voi neppure esistereste come specie.”

D: ”Ci può dire che rapporto ha con il gentil sesso?”

R: “Scusi, devo dirglielo, ma questa è una domanda del cazzo. E’ ovvio che che le donne mi piacciono, ma in certi casi mi piacciono anche gli uomini, questo dipende dal mio socio che, in questo settore ha libera scelta, per me non fa molta differenza.
A me piacciono fantasia e creatività e più ce n’è e più mi sbizzarrisco. Odio le luci spente, sono un pò esibizionista quando mi sento in forma e sono abbastanza contrario alle tradizioni, per cui, più il partner ha fantasia, più mi esalto, con grande gioia del mio socio.
Inoltre sono depositario dei desideri segreti più nascosti, quelli che spesso non si ha neppure il coraggio di raccontare e, proprio per questa mia riservatezza non mi faccia aggiungere altro.”

Le “interviste impossibili”. Dialogo con la pazienza

“La pazienza è potere. Con il tempo e la pazienza, ogni foglia di gelso diventa seta” – Confucio

L’ospite di questa seduta è ambita e desiderata da tutti ma sono veramente in pochissimi coloro che riescono a conquistarla. E’ una dote naturale oppure la si può approfondire poco a poco? Sant’Agostino affermava che essa è un dono di Dio, ma è davvero così? Possederla concede senza dubbio innumerevoli benefici, eppure è una di quelle virtù a cui non siamo per nulla abituati. E’ sempre a portata di mano nelle situazioni in cui serve, ma quasi sempre la ignoriamo e ci lasciamo andare a reazioni nocive come la rabbia che invece nuoce a noi ed agli altri.

D: “Iniziamo con la prima domanda, semplice e diretta: cosa vuol dire “avere pazienza”?
R: “La risposta è altrettanto semplice ed è insita nella stessa domanda. C’è chi ha pazienza e c’è chi non ce l’ha. Con questo non voglio affermare deterministicamente che ci sono alcune persone che nascono con una certa pazienza infusa e tutti gli altri ne nascono sprovvisti. Non nego che vi sia una certa predisposizione in alcuni soggetti ad essere più pazienti di altri a parità di circostanze, ma, come ogni dote umana posso essere allenata e quindi chi non ha per niente pazienza potrebbe arrivare ad averne un pò, mentre chi già parte da una buona base di partenza, potrebbe stupirsi su dove può arrivare portandomi con se…non per niente si usa dire spesso “porta pazienza”.

D: “Vorrei approfondire l’argomento. Quali sono i requisiti specifici di una persona paziente?”

R: “Sarò più precisa. Molti mi confondono con la rassegnazione o con la svogliatezza, caratteristiche con cui la sottoscritta non ha nulla a che fare. Il mio approccio non è improntato ad una “perdita di tempo”, come molti sono portati a credere, che sono caratteristiche, invece, della svogliatezza e della noncuranza, bensì ad un utilizzo oculato e concreto del tempo stesso, utilizzato in maniera oculata per riflettere, osservare e maturare decisioni. Nel mondo frenetico di oggi, una persona paziente può essere vista come passiva o apatica, mentre un impaziente potrebbe apparire come qualcuno dotato di forza e determinazione caratteriale. Se consideriamo il fatto che quest’ultimo atteggiamento si unisce spesso a rabbia ed arroganza, allora è facile capire come sia un atteggiamento non proprio utile a se stessi ed agli altri. Piuttosto vedo molte analogie tra me e la resilienza, dote che sostiene in maniera incredibile le persone nelle piccole o grandi contrarietà che la vita ci offre. E’ chiaro a tutti che chi è in grado di rialzarsi dopo una caduta è una persona dotata di pazienza. Gli impazienti, quando incontrano ostacoli di qualsiasi genere, e con il loro approccio di ostacoli ne incontrano tantissimi, tendono ad infuriarsi e a dare la colpa a qualcun altro. Le persone pazienti, analizzano le situazioni avverse ed hanno più possibilità di trovare la soluzione giusta.”

D: “Prima ha detto che lei è una dote che può essere appresa ed allenata. Ci può spiegare come si può fare?”

R: “Ho già accennato che nutrirmi non può che produrre una certa quantità di benessere e può migliorare sensibilmente il rapporto con noi stessi e con gli altri. Per rispondere alla sua domanda, posso dire che è una pratica molto facile in teoria ma abbastanza difficile da mettere in pratica. Le abitudini che ci migliorano sono sempre su un percorso lungo ed in salita, mentre quelle che ci danneggiano ci fanno fare meno fatica ma paghiamo sempre un prezzo alto per questa pigrizia comportamentale. Allenare un comportamento paziente può essere fatto nella quotidianità e nei piccoli gesti, sforzandoci di governare le nostre reazioni emotive improvvise, considerando, per esempio, piccoli eventi avversi come opportunità su cui riflettere un pochino, insomma un modo diverso di vivere condizioni che altrimenti considereremmo snervanti e fastidiose. Pensi a qual’è la prima reazione che la maggior parte delle persone ha nei confronti di interlocutori arroganti, irritanti o scortesi: quello che io chiamo “il riflesso dello specchio”, un principio che governa molte azioni umane. Immancabilmente scendiamo allo stesso livello di quelle persone, diventando noi stessi arroganti e scortesi, arrivando certe volte a superare l’arroganza e la scortesia di chi ci sta di fronte. Le sembra un comportamento producente? Se si ha la forza di da fare appello alle mie doti, le garantisco che da quelle esperienze se ne uscirebbe più fiduciosi ed appagati, con la netta sensazione di aver ottenuto una piccola grande vittoria sulla parte peggiore di noi stessi. Come dico sempre, “avere pazienza significa accordarsi amichevolmente con la realtà”.

D: “Non trova che in questa nostra società attuale sia un pò difficile essere pazienti?”

R: “Ne sono perfettamente consapevole. Al giorno d’oggi ogni cosa conduce verso l’impazienza. Siete diventati la società del “tutto e subito” e vi comportate come se il futuro vi facesse una paura matta, per cui ogni vostra azione è portata ad arraffare quanto più possibile…poi domani ci penserò. C’è una enorme pressione della corsa al successo ed alla competizione come mai nelle altre epoche. In passato il tempo aveva una valenza completamente diversa, era, per così dire, più largo e lento e c’era più spazio per la sottoscritta. Oggi è stretto e veloce e quindi sono stata messa molto in disparte. A questo proposito vorrei raccontarle una storiella buddista che parla di me. Mi autocelebro un pò perchè il grande Maestro Buddha era un mio fan accanitissimo.
“Buddha e i suoi discepoli decisero di intraprendere un viaggio durante il quale avrebbero attraversato vari territori e città. Un giorno, quando il sole brillava in tutto il suo splendore, videro un lago molto lontano e decisero di fermarsi per dissetarsi. Poi, Buddha si rivolse al suo discepolo più giovane e più impaziente, dicendogli: “Ho sete. Puoi portarmi dell’acqua da quel lago?”. Il discepolo camminò fino al lago, ma quando vi arrivò notò che un carro trainato da buoi era appena passato e l’acqua, piano piano, divenne torbida. Alla luce di questa nuova situazione, il discepolo pensò: “Non posso dare da bere al maestro quest’acqua fangosa”. Così tornò e disse a Buddha: “L’acqua è molto fangosa. Non penso che sia giusto berla”.
Dopo circa mezz’ora, Buddha chiese di nuovo al discepolo di andare al lago e portargli dell’acqua da bere. Il discepolo, diligentemente, acconsentì. Ma l’acqua era ancora sporca. Tornò e con un tono deciso informò il Buddha della situazione: “L’acqua del lago è francamente imbevibile, faremmo meglio a raggiungere la città più vicina e chiedere agli abitanti che ci diano da bere”.
Buddha non gli rispose e il discepolo rimase sul posto, immobile, senza dire nulla. Com’era da aspettarsi, poco dopo il maestro chiese nuovamente al discepolo di recarsi, per la terza volta, al lago. Non volendo contraddire il Buddha, il giovane si incamminò nuovamente. In cuor suo, però, era furioso perché non riusciva a comprendere l’insistenza di un uomo così saggio.
Incredibilmente, giunto sulla riva, il discepolo vide che l’acqua era perfettamente trasparente, cristallina. Quindi, riempì le borracce di pelle e portò da bere al suo maestro e a tutti gli altri compagni della carovana.
Una volta al cospetto di Buddha, questi gli domandò: “Che cosa hai fatto per pulire l’acqua?”. Il discepolo non capì però la domanda, dato che ovviamente non aveva fatto nulla e non aveva alcun merito in quel cambiamento. Allora il maestro lo guardò e spiegò:
“Hai aspettato. In questo modo, il fango si è depositato da solo e ora possiamo bere dell’acqua pulita Ebbene, anche la tua mente funziona allo stesso modo. Quando è disturbata, devi solo lasciarla stare. Dalle soltanto un po’ di tempo e non essere impaziente. Al contrario, sii paziente. Troverai l’equilibrio da solo. Non dovrai fare nessuno sforzo per calmarla”.

D: “Il suo nome è molto utilizzato nei modi dire…santa pazienza, la pazienza è la virtù dei forti, perdere la pazienza, eccetera. Ma la frase forse più utilizzata è quella che riporta che la “pazienza ha un limite”. E’ davvero così?

R: “Non è affatto vero. Diciamo che ognuno ha un suo personale limite di pazienza che, il più delle volte, è davvero irrisorio. Sono in tantissimi ad essere convinti di avere un limite di pazienza abbastanza alto me non è affatto così. Le persone non mi conoscono affatto. Quel limite, come ho già detto, può essere allontanato sempre di più e non mi risulta affatto che vi sia un confine fino a dove può essere spinto. Credo che tutti conoscano la storia di Giobbe, personaggio a cui è stato dedicato un intero libro della Bibbia. Costui era un uomo molto saggio, onesto, sincero e devoto. Proprio per queste sue attitudini, fu messo duramente alla prova con immani sventure per far vacillare queste sue caratteristiche, ma egli non cedette mai all’impazienza ed alla rabbia ed alla fine, proprio per questa sua fermezza venne premiato da Dio. La morale che se ne trae mi pare chiara. Le difficoltà fanno parte della vita, così come i dolori e le ingiustizie. Se si persegue un fine, però, materiale o spirituale che sia, non bisogna mai lasciarsi andare allo scoramento ed alla disperazione. Avere pazienza da sempre i suoi frutti, è certo così come due più due fa quattro.”

D: “In base alla sua esperienza, sono più pazienti gli uomini o le donne?”

R: “Su questo non ho alcun dubbio. Vado molto più d’accordo con il sesso femminile. Sin dai tempi più remoti, le storie più famose della coltivazione di questa virtù riguardano figure femminili. Tutti conoscono le vicende di Penelope o di Arianna che trascorsero tempi lunghissimi nell’attesa paziente dei loro uomini. Con il relativamente recente ingresso delle donne nei ruoli di potere ad ogni livello della società, devo ammettere che sono venuta un pò meno nelle loro vite, ma non dimentichiamo che una donna riesce agevolmente a ricoprire ruoli come quello di madre, moglie, lavoratrice e persona con una sua vita sociale senza grossi problemi. Fatelo fare ad un uomo ed impazzirà dopo pochissimo tempo.

D: “Per concludere, potrebbe suggerire qualche trucco che possa aiutare nel coltivare questa ambita virtù?”

R: “Abbia pazienza…mi fa una domanda molto difficile, ma cercherò comunque di riassumere qualche caratteristica utile alla mia causa.
Primo, non cercare di cambiare le altre persone. Questo è l’esercizio più inutile che si possa fare. Molti dicono di attendere pazienti che il proprio partner o il proprio figlio o genitore cambi per ottenere un rapporto più soddisfacente con lui o lei. Questo non vuol dire avere pazienza ma essere stupidi. Nessuno è in grado di trasformare un’altra persona in quella che si desidera, non basterebbe una vita intera.
Secondo, se si deve fare una scelta importante di vita, mai affrettare i tempi e decidere d’impulso in base a quel momento. Potrebbe essere un momento di vita sbagliato ed inevitabilmente porterebbe a scelte sbagliate. Fidatevi delle impressioni immediate solo quando avete a che fare con nuove conoscenze, in quel caso si tratterebbe di intuito, ma se si tratta di decisioni sulla vostra vita, allora bevete almeno dieci tazze di tè prima di decidere.
Terzo, se commettete errori, e nella vita ciò è inevitabile, guardate a quegli errori come a degli insegnanti e mai come a qualcosa di cui vergognarsi. Uno sbaglio quasi mai è un fallimento, ma spesso è una preziosa opportunità per correggere il tiro.
Quarto, una persona paziente è una persona che allarga il suo orizzonte. Spesso ci si intestardisce su un unico obiettivo e, se non lo si raggiunge, si soffre. Abbiate i vostri traguardi, ma guardatevi sempre attorno con animo curioso. Potrebbero presentarsi opportunità migliori del falso traguardo che ci si era prefissi.
Infine, non sprecate energie. Non intestarditevi su obiettivi impossibili da raggiungere. In tal caso fermatevi ed aspettate, con pazienza, l’occasione giusta.

LE “INTERVISTE IMPOSSIBILI”: DIALOGO CON LA SFIGA

“Il più sfortunato degli uomini è colui che crede di esserlo” (Francois Fenelon)

Insieme alla morte, la nostra ospite di oggi è quella più temuta e vituperata da tutti, con la differenza che la morte può essere solo temuta ma non da alcun modo di essere maledetta da colui che la subisce, mentre la sfiga, oltre ad essere molto temuta, è oggetto costante di insulti e maledizioni da parte della quasi totalità del genere umano.

D: “Inizio con una domanda provocatoria. Essere insultata e maledetta da miliardi di persone ogni santo giorno porta sfiga?”

R: “Cominciamo bene…se devo essere sincera rispondo che a me non fa nessun effetto, anzi. La mia fama si accresce proprio in concomitanza del fatto che sono ogni momento sulla bocca di qualcuno e quindi più sono nominata e più acquisto fiducia nella mia esistenza.”

D: “Dalla sua risposta verrebbe da pensare che lei è insicura di se stessa. Come mai la sfiga ha questa debolezza?”

R: “Perchè è la stupidità umana che mi ha creata e resa famosa. Senza la stragrande maggioranza degli esseri umani io neppure esisterei. Vede, l’essere umano vive costantemente rimpiangendo un certo passato e temendo un certo futuro. Dal momento che passa un terzo della sua giornata a dormire e quasi tutto il resto a rimpiangere e temere, non si gode mai il presente perchè ha la pia illusione che quest’ultimo sia come egli si aspetta. Capisce bene che vivere così è quanto di più stolto ci possa essere e qui intervengo io. Dal momento che le cose non vanno mai bene per tutti allo stesso momento, quando la vita non ti sorride ecco che si da la colpa a me e facendo questo, si accresce la mia fama e la mia autostima. Se gli uomini diventassero all’improvviso tutti intelligenti, io cadrei nell’oblio e nessuno mi nominerebbe più. E’ una prospettiva terribile per me, ma, visto lo stato attuale dell’umanità, credo sia un’ipotesi irrealizzabile o, quantomeno, lontanissima.

D: “Nel corso dei secoli l’umanità ha identificato oggetti, date e addirittura animali che “portano sfiga”. Cosa ha da dire in proposito?

R: “Questa è la cosa che mi fa più ridere di tutte. Io non vivo “al di fuori” dell’uomo ma nella parte più intima ed oscura di lui, quella che cerca disperatamente ed invano di nascondere, insieme alla mia amica paura. Quindi, appena ad un essere umano capita qualcosa che egli teme gli accada, ecco che mi prendo io tutte le colpe mentre la mia amica paura sghignazza con gusto. Devo confessarle che la cosa un pò mi irrita ma ormai ci ho fatto l’abitudine.
Il collegamento di cui ha parlato lei ad oggetti, date o animali che sarebbero i miei mezzi prediletti è senza dubbio frutto dell’opera malata degli “influencer” di turno nel corso dei secoli. Le faccio un esempio banale che è il più classico di tutti. Moltissime persone sono convinte che i gatti neri portino sfortuna e non sa le risate che mi faccio quando sento qualcuno affermare che gli è capitata qualcosa di brutto dopo che un gatto nero gli ha attraversato la strada.
La verità è che questa fandonia è stata messa in giro da quei burloni della chiesa, che nel Medioevo facevano credere che i gatti neri fossero opera del demonio e quindi li bruciavano sui roghi insieme a quelle che loro avevano deciso di chiamare streghe. Il popolo si è bevuta questa imbecillità ma i suoi effetti riverberano ancora oggi. In verità, se proprio devo essere sincera, io detesto i gatti neri, quindi tragga le sue conclusioni…
So di persone che venerdì 13 o 17 addirittura non mettono il naso fuori di casa per la paura che gli accada qualcosa di spiacevole…non immagina le risate che ci facciamo insieme alla paura ed alla morte.

D: “Devo dedurre, da ciò che ha appena affermato, che i vari portafortuna, amuleti ed altra roba simile non abbiano alcun effetto nè valore.”

R: “Ah, questa non è una domanda da fare a me, ma alla mia “nemica”, la fortuna”.

D: “Quindi lei ammette che la fortuna esista. Che rapporto avete tra di voi?”

R: “Certo che esiste. Se lei non esistesse, non esisterei neanche io in questo mondo di dualità. Lei è l’altra faccia di me. Gli antichi saggi dicevano “Quisque faber fortunae suae”, intendendo che ognuno è artefice della propria fortuna. A nessuno è però mai venuto in mente di fare l’equazione opposta perchè nessun saggio ha mai affermato che ognuno è artefice della propria sfiga, eppure la cosa è così ovvia.
Visto che siamo in tema, ci tengo a spiegarle una cosa. Per farlo devo tirare in ballo il tempo. Il destino ha, per ognuno di noi, un disegno diverso, il problema è che noi non siamo in grado di vederlo nella sua interezza. Ce ne accorgiamo, per dire così, a tratti, volta per volta. Quando qualcosa ci accade esclamiamo “che sfiga!” o, di converso, “che fortuna!” come un robot programmato a reagire ad uno dei due stimoli che conosce. Proprio a nessuno viene in mente che quella che in quel momento chiamano sfiga, in un’ottica temporale più ampia, può diventare una vera e propria fortuna e le dirò che, il più delle volte è così.
A tale proposito vorrei raccontarle la storia zen di un contadino cinese che viveva secoli fa in un villaggio con la sua famiglia, una moglie e l’unico figlio maschio. L’uomo viveva del suo lavoro sul suo piccolo appezzamento di terra ed i beni più preziosi che possedeva erano alcuni animali, primo tra tutti un cavallo, senza il quale non avrebbe potuto svolgere il suo lavoro. Un giorno il cavallo fuggì dal suo recinto ed il povero contadino si trovò in grosse difficoltà nel continuare il suo lavoro. La gente del villaggio, venuta a sapere la notizia, espresse solidarietà con quell’uomo, chiedendosi come avrebbe fatto a tirare avanti senza il suo cavallo. A tutti quelli che gli sottoponevano direttamente questa preoccupazione, il contadino rispondeva con una sola parola: “forse”.
Dopo qualche tempo il suo cavallo fece ritorno alla sua fattoria, portandosi dietro altri 5 puledri selvatici che lo seguirono nel recinto e che entrarono quindi a far parte della proprietà del contadino. Appresa tale circostanza, la gente del villaggio si complimentò con l’uomo dicendogli “che fortuna! Prima avevi soltanto un cavallo e adesso te ne ritrovi ben 6”. La risposta del contadino era però sempre la stessa: “forse”. Il suo giovane figlio era impegnato nell’addomesticamento dei nuovi cavalli selvatici che erano recalcitranti ad essere sellati e cavalcati. Durante quest’opera, il ragazzo fu disarcionato da uno degli animali e, nella caduta, si ruppe una gamba. Di nuovo gli abitanti del villaggio si rivolsero al contadino con frasi di costernazione, del tipo “che sfortuna! il tuo unico figlio adesso non potrà più aiutarti nel lavoro alla fattoria, come farai?”. La risposta del vecchio contadino era sempre la stessa: “forse”. In quei giorni il signore di quel territorio dichiarò guerra al sovrano confinante ed emise un editto che prevedeva l’obbligo di partire in armi per tutti i giovani sudditi del suo regno. Naturalmente anche il figlio del contadino sarebbe stato obbligato a partire per la guerra ma, vista la sua gamba rotta, fu esentato dal parteciparvi. Ancora gli abitanti del villaggio esclamarono “che fortuna!, molti dei nostri figli moriranno in questa guerra ma il tuo figliolo potrà restare a casa al sicuro”. La risposta del contadino non cambiò neanche questa volta e rispose a tutti sempre con la stessa parola: “forse”. La storia potrebbe continuare all’infinito ma il senso di questo racconto zen ormai dovrebbe apparirle chiaro. Se analizziamo ciò che noi chiamiamo sfiga e fortuna con la lente lungimirante del tempo, ecco che i confini tra me e la fortuna sfumano quasi del tutto e non si riesce più a distinguerci. Il discorso è quindi molto più complesso di quanto non possa sembrare.

D: “Dal momento che prima non ha voluto rispondere sull’esistenza di amuleti e portafortuna, le faccio la domanda al contrario: esistono le maledizioni ed il malocchio in generale, tendenti dunque a richiamare disgrazie e sfortune su un soggetto preciso?”

R: “Domanda arguta, sulla quale non posso esimermi dal rispondere, visto che mi riguarda direttamente. La risposta è si, esistono eccome, ma anche riguardo a questo argomento va fatta una importante distinzione. Non rivelo certo qualcosa di sconvolgente se affermo che esistono il bene ed il male. Ebbene, maledizioni e malocchio, come li ha definiti lei, sono espressioni del male indirizzati verso qualcuno che si odia. Sono armi potenti e pericolose che bisogna saper maneggiare altrimenti si rischia seriamente di farsi del male.
Mi spiego meglio. Esistono persone al mondo, per fortuna non molte, che hanno estrema padronanza nel gestire fatture e rituali tendenti a far capitare qualcosa di molto brutto ad un’altra persona, sino ad arrivare, in casi estremi, alla sua morte. Queste persone, con un’alta padronanza di rituali magici molto potenti, hanno scelto di vivere nell’ombra ma, come dicevo prima, per fortuna sono davvero pochissime. Tutti gli altri, invece, totalmente ignari delle loro azioni, si limitano a sperare in qualche maniera che alla persona che essi odiano capiti qualcosa di spiacevole e, spesso, questo diventa, per molti di essi, una vera e propria ossessione che li divora costantemente. Queste persone non sanno che il loro odio, espresso con un certa intensità, senza le debite conoscenze, non arriva mai alla destinazione sperata, ma aleggia attorno alla persona che lo ha emesso per ritornarle addosso quando meno se lo aspetta, proprio perchè ogni azione deve avere una reazione uguale, ma, in questo caso, l’influsso negativo dell’odio ricade su colui che lo ha incautamente emesso.
Per fare un paragone banale ma calzante di tutto questo discorso, l’odio nei confronti degli altri è come una pistola carica senza sicura. Se non la si sa usare perfettamente, si rischia di spararsi sui piedi.
La deduzione finale è quella che tutti coloro che mi maledicono finiscono per rigettarsi addosso tutto quanto, mentre io non ne risento affatto e questo per chiudere il cerchio con la prima domanda che mi ha fatto”.

D: “ Ne deducono che, alla luce di tutto ciò che lei ha affermato, non esistono persone che “portano sfiga”.

R: “Oh, certo che esistono, ma possono nuocere solo a se stessi.”

Le “interviste impossibili”: dialogo con la paura

Ci sono due modi per far muovere gli uomini: l’interesse e la paura” (Napoleone Bonaparte)

Eccoci ancora qui con un ospite molto gettonata in questo periodo, la protagonista assoluta della scena mondiale, presente nelle case di tutti senza essere Bruno Vespa o un influencer con milioni di like. Meglio sarebbe dire che, in fondo, è l’influencer più influenzante che ci sia, con miliardi e non milioni di dislike e proprio per questo merita questa intervista in esclusiva.

D: “Come ci si sente ad essere, in questo momento, colei che è entrata non solo nelle case di tutto il mondo, ma nella testa e nel cuore di tutti gli abitanti del pianeta?”
R: “Tengo a precisare che io ho sempre fatto parte integrante della vita di ogni essere umano, nessuno escluso. Anzi, nemmeno gli animali sono esenti dalla mia morsa, ma loro sono molto più intelligenti degli umani e si limitano a darmi ascolto solo quando esiste un motivo valido e preciso. Terminata la causa esterna che mi ha generato, un secondo dopo se ne sono dimenticati e tornano tranquilli come prima. Non mi diverto molto con loro.
Con gli umani invece si che mi diverto e mi sbizzarrisco, voi siete fantastici, così irrazionali ma allo stesso tempo così prevedibili…
Mi avete resa protagonista persino nelle fiabe per i bambini per educarli sin da piccoli alla mia presenza, loro che neanche sanno cosa sia la paura. Non hanno idea di cosa significhi davvero “avere paura”, ma voi infarcite le favole che raccontate loro prima di andare a dormire di orchi, streghe, “uomo nero” ed altre cose ridicole come queste senza rendervi conto che state creando le mie vittime preferite quando saranno grandi.
Adesso non ho neanche bisogno di creare qualcosa che faccia davvero paura, non devo neanche sforzarmi di lavorare; mi basta dire qualche parolina e riesco a scatenare un panico ingiustificato che vi rende tutti miei servitori. Cosa potrei chiedere di più?
D: “Ci può svelare quali sono i suoi trucchi per essere diventata così famosa?”
R: “Insieme alla mia famiglia, mia sorella ansia e mio fratello panico, formiamo un gruppo invincibile. Siamo molto affiatati ma di rado operiamo insieme perché gli effetti della nostra unione possono essere devastanti per la sopravvivenza stessa del genere umano, ma in questo periodo ci hanno dato il permesso di stare un pò insieme e noi naturalmente ne approfittiamo perché non capita molto spesso…ce lo consentono al massimo un paio di volte ogni secolo.
Guardi che poi non uso nessun “trucco” come lei ha detto. Non ne ho affatto bisogno ed opero alla luce del sole utilizzando i mezzi che usano tutti per farsi conoscere al grande pubblico, in primo luogo i giornali e la televisione, ed in questo periodo vengo invitata ad ogni programma che viene mandato in onda, dai Tg sino ai quiz ed i programmi più stupidi, che poi alla fine sono sempre i più seguiti. Confesso che, insieme ai miei fratelli, stiamo facendo gli straordinari per dividerci i compiti ma ci stiamo riuscendo alla grande.
Credo che il genere umano, al giorno d’oggi, sia composto da esseri di paglia e non temprati come quelli di una volta, per cui basta solo far scoccare una piccola scintilla al momento giusto nel posto giusto ed ecco che avete ottenuto un enorme incendio, difficile da domare. In fondo non devo neanche sforzarmi così tanto. Ricordo i tempi della peste nera del 1300…eh allora si che la gente aveva le palle…
D: “Quando è nata questa storia del coronavirus, vi aspettavate tutto questo successo?”
R: “Se devo essere sincera, assolutamente no. Come ho già detto, sono abituata ad agire in simbiosi con il genere umano quotidianamente fin da quando la vostra specie è apparsa sul pianeta e mi accorgo che vi sono determinate situazioni in cui la vostra risposta è sproporzionata al pericolo in atto.
Le porto un esempio; periodicamente viene sempre fuori qualche malato di mente con mille problemi che decide di farla finita magari lanciandosi con un camion su una folla di gente inerme. Ebbene, a me basta pronunciare la parola magica “terrorismo”, ed ecco che tutti mi spalancano la loro mente, smettono di ragionare, se la prendono con un nemico invisibile, ed il gioco è fatto. Ammetto che in questo genere di situazioni mi faccio aiutare da mia cugina Ira, ma l’effetto è sempre limitato geograficamente e nel tempo perché tutti pensano che quelle cose capitino sempre a qualcun altro e dopo qualche giorno di notorietà, a me già non pensano più.
Questa volta però, è stato grandioso! Qui si è messa in discussione la vita stessa, la vita di tutti indistintamente, e di fronte a quella paura ancestrale che è la morte, l’effetto è stato maestoso, oltre ogni aspettativa. Sono entrata come un pensiero fisso, come una colata di pece bollente che ha ricoperto il cuore di tutti. Sono riuscita a mettere contro intere famiglie, padri e madri che hanno rinunciato a vedere i loro figli e viceversa grazie a me, intere nazioni si lanciano accuse tremende di favorire interessi nazionali e addirittura zone geografiche di una stessa nazione, quindi fratelli contro altri fratelli che inveiscono ed insultano, sud contro nord, est contro ovest. Davvero incredibile!
Noto che, in questo clima che ho appena descritto, sono tornati a migliaia, e vanno di gran moda, i delatori, la categoria più meschina mai esistita tra le persone, che oggi invece fanno a gara per emergere. Notano magari qualcuno che sta andando a fare la spesa e pubblicano foto sui social con tanto di volto in modo che si scateni un seguito di odio ed insulti verso qualcuno che magari era in giro per ragioni valide. Era dai tempi del fascismo che non assistevo a questo fenomeno, solo che a quei tempi i delatori restavano nell’ombra per la vergogna, adesso sono fieri di esserlo.
D: “Crede che ci sia un aspetto positivo nel suo operato di questi giorni, oppure è tutto in chiave distruttiva?”
R: “Guardi, sulla base della mia millenaria esperienza, ogni circostanza non è mai soltanto negativa o solo positiva. E’ l’insegnamento che ne traete ed il senso che voi date ad un determinato evento che determina questa cosa.
Come ogni altra espressione dei vostri sentimenti più profondi, io sono una maestra di vita formidabile, quindi ci sono alcuni che traggono beneficio dai miei insegnamenti ed altri che invece dimostrano ogni volta di non aver capito niente. Dovreste fare come gli animali che, come ho detto all’inizio hanno capito fin da subito il mio insegnamento e si comportano di conseguenza.
Vi sto insegnando che certi valori che credevate fondamentali o quantomeno molto importanti sono futili ed insignificanti per la vostra vita, mentre altri che avete trascurato sono vitali.
Prendiamo l’esempio del calcio. Sino a ieri vi scannavate e siete arrivati in certe occasioni ad uccidervi l’un l’altro per difendere i colori di una maglia. Oggi, che anche il calcio è fermo, avete modo di capire quello che esso è veramente. Un circo inutile di gente inutile che non serve a nessuno, fatta eccezione per pochissime persone che lo governano al solo fine di guadagnare miliardi e miliardi alle spalle di poveracci che pagano quei miliardi di tasca loro per immedesimarsi in qualcosa di così vuoto, forse perché hanno dentro di loro un vuoto più vuoto di quello che credono di riempire con il tifo calcistico.
E lo stesso discorso potete applicarlo ad ogni settore ritenuto importante della vita sociale, come la politica e la religione. Io ho tolto il velo della menzogna su tutte le presunte certezze che avete. Il re è nudo, adesso riuscite a vederlo? Spero per voi che sia così, altrimenti sarò costretta a ritornare più duramente di quanto non stia facendo adesso.
D: “Ultima domanda in prospettiva futura. Che scenario si aspetta dopo questo suo passaggio trionfale? Che succederà dopo che si saranno spente le luci sulla ribalta di questa sua eccezionale performance?”
R: “Io so tutto sul passato ma nemmeno una come me è in grado di predire quale sarà il vostro futuro. Sulla base della mia secolare esperienza posso dire che dipende soltanto da voi e dalle lezioni che vi ho dato. Se saprete sfruttare questa incredibile occasione, come i vostri antenati sono stati in grade di fare dopo l’ultima guerra mondiale, allora ci sarà una nuova rinascita, potrete rivedere certi aspetti del sistema che non hanno funzionato e potrete apportare le modifiche necessarie. Inevitabilmente ognuno dovrà pagare un certo prezzo per rimettere in piedi le macerie di un intero sistema e, se sarete disposti ad accollarvi questo sforzo, allora in breve tempo ne sarete fuori. Ma se delegherete ancora una volta le decisioni che verranno a coloro che arriveranno presentandosi sotto le mentite spoglie dei salvatori, allora andrete ancora più a fondo, sino a perdere la vostra libertà ed altri diritti che sino ad oggi ritenevate di non poter mettere in discussione, e se questo succederà, sarà solo colpa vostra.
Se me lo consentite, resterò ancora un pò, quanto basta per completare la mia grande opera distruttiva, poi vi lascerò in pace per qualche altra decina d’anni, ma tornerò di sicuro perchè io sono voi…

Le “interviste impossibili”: Dialogo con l’orologio

“Gli uomini bianchi hanno gli orologi ma non hanno il tempo” (proverbio africano)

Eccoci arrivati al terzo appuntamento con le nostre “interviste impossibili”. Oggi abbiamo come gradito ospite un oggetto che si contende con il letto, già intervistato in precedenza, il primato di essere presente in tutte le case del pianeta ma anche, come egli stesso ama dire, “non solo mi trovate in tutte le case del mondo, ma in pochi di voi escono di casa senza che io li accompagni. Tutti escono con l’orologio, nessuno esce con il letto”.

D: “La prima cosa che mi viene da chiederle è quella di svelarci che cosa è il tempo, perchè credo che nessuno al mondo lo conosca meglio di lei”
R: “Questa è una domanda molto difficile persino per uno come me. Potrei dire che il tempo è un’idea, una percezione intima e personale che cambia da persona a persona, così come vi sono infiniti modelli di orologi, altrettanto infiniti sono i concetti di tempo. Non credo esista un’idea più diversa eppure uguale del tempo.
In effetti sembrerebbe uguale per tutti, sembra correre alla stessa maniera e non risparmiare nessuno. Ma chi ha bisogno di sapere che ore sono deve portare il tempo con sè e, di conseguenza, possedere un orologio. Ma anche noi orologi non segniamo mai la stessa ora, ognuno ha la sua ora diversa, quindi ha la sua stima personale del tempo ed in questo vi assomigliamo, di conseguenza c’è chi è già nel futuro e chi invece è rimasto un pò nel passato. Ognuno crede che il “suo tempo” sia quello giusto, quello a cui rifarsi per tutto ciò che ha da fare e fa dipendere la propria vita da quei ritmi. Ed infatti in un attimo si nasce ed in un attimo si può morire.
Il tempo è come il mercurio: se lo spargi, tende a ricompattarsi di nuovo, ritrovando la sua integrità.
L’uomo ha creduto di domare e possedere il tempo, rinchiudendolo nei suoi orologi. Qualcuno ha detto che conosciamo bene il valore di un orologio, ma non conosciamo affatto il valore del tempo che esso misura.
Se liberi il tempo scoprirai che scorre in maniera diversa a seconda delle persone. Per alcuni è lento e viscoso come pece, per altri fugge via ed è il metro con cui misurano la vita che passa. Ammazzare il tempo è un pò come suicidarsi quindi.
Le più grandi menti della storia, dagli antichi filosofi greci ai più moderni scienziati fino ad Einstein, hanno cercato di definirlo, di dargli una definizione, di imbrigliarlo in un concetto di fissità che fosse valido nel… tempo. Ma come si fa a fermare il concetto di tempo? Se non puoi fermare lui, come puoi fermare ciò che esso è? Noi possiamo fermarci, ma lui no.
Sant’Agostino diceva, a chi gli chiedeva cos’era il tempo, che se nessuno glielo domandava lo sapeva, ma nel momento in cui gli ponevano la domanda non lo sapeva più.
Il tempo ci rende socialmente accettabili se siamo puntuali, e riprovevoli se siamo ritardatari, il tempo è croce e delizia degli innamorati e cambia a seconda della sedia su cui sei seduto, se su una sdraio in spiaggia oppure sulla poltrona del dentista.
Il tempo passa? No, lui resta. Sono gli uomini che passano senza aver capito nulla del tempo.”

D: “Secondo lei, che valore viene dato al tempo che lei misura?”
R: “Personalmente credo che riserviamo, a ciò che vale davvero, solo gli avanzi della vita. Siamo sempre indaffarati, di corsa, ansiosi. Chi si ferma è perduto…è questo il motto della società di oggi. Niente di più sbagliato. L’uomo corre e si dimentica di vivere, come se fosse destinato a vivere per sempre.
All’uomo di oggi piace essere invischiato in mille occupazioni, impegni, appuntamenti, scadenze di lavoro…piace non avere tempo. Oggi, chi ha tempo viene considerato un fallito, ma io non credo che sia così. Il perdente è quello che è vittima del suo tempo.
La vita non è breve, siamo noi che ci affanniamo a renderla tale, sprecando quel dono prezioso che è il tempo che ci è stato assegnato. Lo diceva anche Seneca nel suo meraviglioso “De brevitate vitae”. Con ciò non voglio affermare che bisogna tralasciare i propri doveri per una presunta libertà, ma soltanto vivere la vita con una consapevolezza diversa.
Inevitabilmente, appena si ha la possibilità di aprire le porte al tempo, la vera essenza vola, libera di andare dove vuole, portandovi su quella che forse è la vostra vera strada; bisogna soltanto seguirla e potrebbe farvi scoprire realtà inimmaginabili.”

D: “Nella società di oggi lei è diventato uno status symbol, può costare cifre esorbitanti e vanta collezionisti quasi pari a quelli delle opere d’arte. Come ci si sente ad essere così importanti?”
R: “Quello che dice è assolutamente vero, i miei antenati mai avrebbero immaginato la carriera che abbiamo fatto. C’è da dire che solo una parte di noi ha raggiunto lo stato di cui abbiamo parlato e mi riferisco agli orologi da polso. La nostra progenitrice, nonna meridiana, sarebbe orgogliosa dei suoi piccoli nipotini. Siamo diventati gli influencer di questo secolo. Oggi le persone, specialmente nelle grandi città di affari, prima ti guardano l’orologio e poi il viso. Non so se è un traguardo dell’umanità oppure il contrario, ma è comunque vero che se vuoi farti un’idea abbastanza azzeccata di chi hai di fronte per la prima volta, dovresti guardare il suo orologio e le sue scarpe, con questo metodo non sbagli quasi mai.”

D: “Una domanda provocatoria: come mai ci sono così tanti tipi di orologi per misurare qualcosa che invece è unico?”
R: “Come ho già detto nella prima risposta, il tempo non è unico. La fisica ha dimostrato che esso cambia a seconda dell’altezza in cui ci troviamo e della velocità a cui andiamo. Mi fa sorridere il pensiero che, se potessimo viaggiare alla velocità della luce, il tempo si fermerebbe. Noi orologi, in questo caso limite, saremmo inutili e disoccupati. Ma sulla terra voi uomini fate caso ai secondi ed addirittura alle frazioni di secondo ed ai millesimi. I vostri “cronometri” dimostrano quanto siete pignoli e sono loro che decidono, per esempio, a chi assegnare una medaglia d’oro olimpica che può essere il traguardo di una vita. Ma i cronometri ed i vostri record hanno vita breve, noi aspiriamo a misurare l’eternità ma neanche noi, per quanto possiamo essere sofisticati, riusciamo raggiungere quel risultato.”

Le “interviste impossibili”: dialogo con il gatto

“Se i gatti potessero parlare, non lo farebbero” (Nan Porter)

Eccoci qui con la seconda puntata delle nostre “interviste impossibili”. Questa volta abbiamo come gradito ospite sua maestà il gatto, un essere misterioso ed affascinante che ci tiene a non essere paragonato al suo collega cane e che abita le case di molti di noi umani.

D: ”Che effetto le fa vivere in compagnia degli esseri umani?”
R: “Iniziamo subito con una domanda difficile, eh? Guardi, l’interazione con gli umani è molto diversa da parte nostra come da parte loro. Mi spiego, quando un umano decide di condividere la propria dimora con un rappresentate del regno animale, parte dal presupposto errato che tutti gli animali siano uguali e, per il solo fatto che danno loro un tetto e un pò da mangiare, si aspettano in cambio amore incondizionato e soprattutto obbedienza alle loro stupide regole. Non andare qui, non fare questo, dammi la zampa, salutami, vieni qui quando ti chiamo e cose del genere. Noi gatti abbiamo una certa etica da difendere ed è ben diversa da quella degli umani. Mi chiedo perchè loro sono fatti così e quindi disposti a dare affetto solo alle persone che fanno quello che loro desiderano. E’ un principio che in natura è illusorio e del tutto sbagliato.
Non capisco poi perchè la maggior parte degli umani si lamenti del fatto che noi gatti, secondo loro, pensiamo soltanto a mangiare e dormire quasi tutto il giorno. In primo luogo, in questo tipo di affermazioni vi leggo una certa invidia nei nostri confronti, perchè quasi tutti loro vorrebbero fare le stesse cose ma gli risulta impossibile. Non esiste un solo umano che non abbia mai detto in vita sua “Il mio sogno sarebbe quello di starmene disteso in un bel posto a mangiare, dormire e non fare nulla tutto il giorno”. A noi viene naturale, loro non riescono a farlo nemmeno quando sono in vacanza e potrebbero, quindi temo che sia un loro problema di coerenza mentale.
In secondo luogo gli umani non hanno ancora capito che il nostro ruolo nelle loro vite non è tanto quello di “animale di compagnia”, a quello ci pensa il collega cane, noi siamo un pò i guardiani della loro anima e gli siamo vicini solo quando ne hanno davvero bisogno perchè noi percepiamo e vediamo cose che loro non possono percepire nè vedere. Siamo come muti insegnanti che comunicano con svariati suoni e intonazioni o sguardi di rimprovero, ma devo ammettere che i nostri allievi umani non sono molto intuitivi e, se potessi, li boccerei quasi tutti. Si credono la razza dominante del pianeta…ma è davvero così? (strizzata d’occhio)


D: “Non posso non chiederle quali sono i rapporti con l’altro animale con cui condividete la compagnia degli umani, il cane.”
R: “Malgrado le dicerie infamanti sul nostro rapporto, che le leggende vorrebbero conflittuale, devo dire che le nostre relazioni sono ottime e gli umani con la frase “come cane e gatto” dovrebbero indicare due persone che vanno d’accordo e non due persone in conflitto tra di loro, ma, come ho detto prima, gli umani sono poco perspicaci.
I rapporti sono buoni essenzialmente per il fatto che non siamo affatto in concorrenza ed operiamo in settori diversi, come ho accennato prima. Dai cani ci si aspetta che facciano la guardia, che accompagnino l’uomo a caccia, oppure che si specializzino nel salvataggio in acqua o guidino gli umani che hanno avuto la sventura di perdere la vista. Sono queste, essenzialmente le quattro categorie in cui operano i cani. Avete mai visto un gatto da guardia o uno da caccia? Oppure un gatto che guida un cieco? Certo potremmo farlo benissimo, visto che ci vediamo perfettamente anche di notte ma non fa per noi. Se penso a tuffarmi in acqua poi…non mi ci faccia pensare che mi sento già male.
Anche coi cani, però, gli umani hanno un pò stravolto i programmi e quindi, tengono i cani, che sono nati per i compiti attivi di cui ho parlato, fermi in appartamento come animali da compagnia e pretendono da loro cose che essi non sono nati per fare. Una volta ho avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con un levriero che si lamentava del fatto che il suo “padrone” lo tenesse chiuso in 100 metri quadrati di casa e lo portasse solo sotto casa per qualche metro solo per fargli fare i bisogni. Era molto depresso. Ma si può essere più stupidi? Sarebbe come far correre Usain Bolt attorno al tavolo della cucina.
Per fortuna, a noi gatti tutto questo non viene richiesto, e forse per questo motivo gli umani non hanno ben capito che ruolo abbiamo. Noi, a differenza dei colleghi cani, manteniamo sempre il nostro carattere, per cui non troverà mai due gatti uguali, lo stesso non si può dire per il cane. Posso solo anticipare che noi abbiamo anche poteri diciamo così…particolari, ma non posso dire di più altrimenti violerei il segreto professionale.
Per riassumere le differenze tra noi ed i cani potrei dire che il cane vi insegna ad amare, noi vi insegniamo a vivere.


D: “Molti di voi sono di colore nero e si dice che in quel caso portiate sfortuna, che ha da dire?”
R: “Una simile affermazione è così stupida che non meriterebbe risposta alcuna, ma qualcosa in proposito mi sento di dirla. Come ho già accennato sopra, ci accusano di fannulloneria, di opportunismo, di indifferenza e adesso anche di portare sfortuna.
Forse molti ignorano che l’intera storia umana è costellata di favole, leggende e simboli che ci riguardano. Gli egizi, che poi tanto fessi non erano, ne hanno fatta una divinità di nome Bastet, guarda caso di colore nero. A quei tempi chiunque causasse la morte di uno di noi veniva punito con la pena capitale. E quando sempre uno di noi moriva di morte naturale, in casa ci si rasava le sopracciglia in segno di lutto e pensi che ci dedicarono un’intera città, chiamata Bubaste dove venivamo imbalsamati e seppelliti con grandi onori…eh già bei tempi, ma non vorrei sembrare troppo nostalgico.
Vede, quella diceria stupida sui gatti neri è il frutto della malsana influenza di quella che voi chiamate Chiesa. Ci hanno perseguitati per anni e messi sul rogo perchè credevano che fossimo creature del diavolo…ma si può essere più imbecilli? Intanto posso anticiparvi che il diavolo non esiste, noi lo sappiamo bene, e poi dopo che ci hanno perseguitati e sterminati si vestono loro di nero…mah!


D: “Se dovesse eleggere la sua dote principale, quale sarebbe?”
R: “Senza dubbio la curiosità, siamo terribilmente curiosi e forse l’unico detto umano che potrebbe avvicinarsi ad una verità sul nostro conto è quello che recita “la curiosità uccise il gatto”. Ma, del resto, come si fa a non essere curiosi in questo mondo? La curiosità tiene vivo chiunque e, per quanto ci riguarda, voi umani siete così buffi che è impossibile non essere curiosi per osservare quello che combinate…

Le “interviste impossibili”: dialogo con il letto

“Il letto è il luogo più pericoloso del mondo; vi muore l’ottanta per cento della gente” (Mark Twain)

Buonasera a tutti, cari lettori, oggi inauguriamo una serie che credo risulterà molto interessante: intervisteremo alcuni oggetti, animali o piante con cui abbiamo a che fare tutti i giorni e che non immagineremmo mai che possano parlare.
A dire il vero se provate a farlo e scoprite che in effetti vi parlano, allora mettete giù subito la bottiglia di vodka e smettetela con gli stupefacenti. In realtà non parlano, ma se avete abbastanza fantasia e perspicacia vi renderete conto che hanno cose da dire che non avreste mai potuto immaginare.
Oggi inizieremo da sua maestà il letto.

D: “Come ci si sente ad essere così famoso?”
R: “Sono un tipo semplice ed in effetti non mi sarei mai aspettato di essere probabilmente l’unico oggetto presente in tutte le case del pianeta. Nessun altro mio “collega” può vantare questo primato, a parte la mia collega tazza del gabinetto, ma io sono un tipo che presta molta attenzione alla pulizia, mentre lei non si può dire che faccia altrettanto. Di solito siamo sempre ben distanti…ma non vorrei sembrare troppo snob…certo i neonati non hanno ancora ben capito la differenza ma, quando crescono, col tempo, mi apprezzano molto”
D: “Dicono di lei che è il “confidente” di tutti, è vero?”
R: “Certamente! Io posso affermare tranquillamente che conosco i segreti inconfessabili di tutte le persone che su di me si distendono. Chi parla nel sonno, chi confessa qualcosa in punto di morte e che non ha mai detto a nessuno, chi sussurra parole d’amore vere o false (me ne accorgo il giorno dopo) o grida sconcezze irripetibili, io vengo a conoscenza di tutto ma non chiedetemi altro perchè ho una reputazione da difendere e sono molto riservato”.
D: “Le piace questa sua condizione?”
R: “Devo confessare che spesso mi trovo in difficoltà. La mia etica di signor letto mi imporrebbe di mettere in guardia tutti gli ospiti che passano per le mie lenzuola sugli inganni che il proprietario spesso mette in scena per portare ospiti sul mio palcoscenico, ma sono costretto a tacere per un accordo tacito che ho con lui/lei perchè i nostri abbracci notturni mi portano ad affezionarmi a chi mi accoglie in casa ed io non sono un traditore.”
D: “Può raccontarci qualche aneddoto simpatico che le è capitato?”
R: “Me ne sono successi tanti, ma quelli più comuni riguardano certi gesti che sono caratteristici a seconda di quando il mio proprietario è solo oppure in compagnia. Guardi, quando sono con me, come nella vita di tutti i giorni, le persone hanno atteggiamenti diversi. Se siamo da soli, il mio proprietario/a non esita ad essere se stesso, si compiace di fare rumori col sedere e seppellirsi sotto le lenzuola ad annusare la propria opera e questo mi fa molto ridere, ma mi fanno parimenti ridere gli sforzi che fa quando è in compagnia, dissimulando inesistenti attacchi di tosse per coprire il rumore…per i disturbi olfattivi certi geni sono soliti agitare dal verso loro le coperte manifestando improvvisi attacchi di caldo che si rivelano inesistenti e questo mi diverte molto.”
D: “Le sue tipologie, o meglio diverse personalità che anche lei vanta, differenziano le esperienze che si trova a vivere?”
R: “Certamente. Quando sono singolo di solito percepisco tristezza e solitudine, il mio proprietario vorrebbe allargarsi ed è particolare come l’ambizione ad essere più grande delle persone è legata a me. Da singolo vorrei dare di più, così come le persone che accolgo vorrebbero di più. Preti e ragazzini hanno ambizioni di crescita. Per i secondi ci penserà la vita, per i primi non va bene che poi vadano a cercare quei ragazzini che hanno la loro stessa dimensione di letto. Poi c’è quella diabolica invenzione umana dei letti a castello, una specie di metafora della vita umana, politica e non. Chi è sopra ha una posizione privilegiata ma corre sempre il rischio di cadere e farsi male; chi è sotto si sente oppresso e tende a guardare chi è sopra di lui. So bene che è un’esigenza di spazio per sistemare due materassi dove ce ne andrebbe uno solo ma sono convinto che gli esseri umani non amino molto dormire e camminare a troppa distanza dal suolo, ho imparato che queso li inquieta un pò.
D: “Quali sono le principali doti o virtù di cui lei va fiero?”
R: “Non credo di aver bisogno di farmi pubblicità, quindi rispondo volentieri. In primo luogo ritengo di essere l’oggetto più democratico che esista, ogni bandiera di stato democratico dovrebbe inserirmi nella sua effige al posto di stelle, scudi, croci, lune e soli. Tutta roba triste come le croci o inarrivabile come stelle, luna e sole. Io sono molto più concreto, inoltre accolgo su di me chiunque. Quando si distendono sul mio socio materasso sono tutti uguali, indistintamente, e più o meno fanno tutti le stesse cose. Un povero, come anche il Papa, vanno a letto tutte le sere senza alcuna differenza. Poi li ho visti tutti nudi o almeno in mutande, anche il Papa o il presidente USA.
Poi direi che sono versatile. Le mie forme e dimensioni diverse mi consentono di adattarmi ad ogni angolo della casa; ad una o più piazze, un posto per me si trova sempre.
Inoltre sono anche molto paziente. Non ha idea di certi “pesi” che sono costretto a sopportare. Sono vecchio quanto il mondo ed in quei casi le mie vecchie molle cigolano doloranti. Ma la stessa cosa succede quando saltano i bambini grassocci oppure quando qualche amante che si sente un pornoattore cerca di compiacere la sua partner dando botte da martello pneumatico credendo che quello sia il modo per far godere una donna. Questa verità l’ho imparata dalle donne quando poi, magari sullo stesso letto dormono con qualche amica…se gli uomini sapessero quanto li prendono per il culo, gli passerebbe la voglia di fare i patetici playboy…
D: “Per concludere, qual’è il messaggio che il letto vuole lanciare al mondo intero?”
R: “Siate leggeri, in tutti i sensi, farete molta meno fatica a vivere e farò molta meno fatica io nel sopportarvi. Su di me liberate sereni i vostri pensieri, perchè bisogna essere distesi per vedere o soltanto immaginare il cielo.”