filosofia

Le “interviste impossibili”: Dialogo con l’orologio

“Gli uomini bianchi hanno gli orologi ma non hanno il tempo” (proverbio africano)

Eccoci arrivati al terzo appuntamento con le nostre “interviste impossibili”. Oggi abbiamo come gradito ospite un oggetto che si contende con il letto, già intervistato in precedenza, il primato di essere presente in tutte le case del pianeta ma anche, come egli stesso ama dire, “non solo mi trovate in tutte le case del mondo, ma in pochi di voi escono di casa senza che io li accompagni. Tutti escono con l’orologio, nessuno esce con il letto”.

D: “La prima cosa che mi viene da chiederle è quella di svelarci che cosa è il tempo, perchè credo che nessuno al mondo lo conosca meglio di lei”
R: “Questa è una domanda molto difficile persino per uno come me. Potrei dire che il tempo è un’idea, una percezione intima e personale che cambia da persona a persona, così come vi sono infiniti modelli di orologi, altrettanto infiniti sono i concetti di tempo. Non credo esista un’idea più diversa eppure uguale del tempo.
In effetti sembrerebbe uguale per tutti, sembra correre alla stessa maniera e non risparmiare nessuno. Ma chi ha bisogno di sapere che ore sono deve portare il tempo con sè e, di conseguenza, possedere un orologio. Ma anche noi orologi non segniamo mai la stessa ora, ognuno ha la sua ora diversa, quindi ha la sua stima personale del tempo ed in questo vi assomigliamo, di conseguenza c’è chi è già nel futuro e chi invece è rimasto un pò nel passato. Ognuno crede che il “suo tempo” sia quello giusto, quello a cui rifarsi per tutto ciò che ha da fare e fa dipendere la propria vita da quei ritmi. Ed infatti in un attimo si nasce ed in un attimo si può morire.
Il tempo è come il mercurio: se lo spargi, tende a ricompattarsi di nuovo, ritrovando la sua integrità.
L’uomo ha creduto di domare e possedere il tempo, rinchiudendolo nei suoi orologi. Qualcuno ha detto che conosciamo bene il valore di un orologio, ma non conosciamo affatto il valore del tempo che esso misura.
Se liberi il tempo scoprirai che scorre in maniera diversa a seconda delle persone. Per alcuni è lento e viscoso come pece, per altri fugge via ed è il metro con cui misurano la vita che passa. Ammazzare il tempo è un pò come suicidarsi quindi.
Le più grandi menti della storia, dagli antichi filosofi greci ai più moderni scienziati fino ad Einstein, hanno cercato di definirlo, di dargli una definizione, di imbrigliarlo in un concetto di fissità che fosse valido nel… tempo. Ma come si fa a fermare il concetto di tempo? Se non puoi fermare lui, come puoi fermare ciò che esso è? Noi possiamo fermarci, ma lui no.
Sant’Agostino diceva, a chi gli chiedeva cos’era il tempo, che se nessuno glielo domandava lo sapeva, ma nel momento in cui gli ponevano la domanda non lo sapeva più.
Il tempo ci rende socialmente accettabili se siamo puntuali, e riprovevoli se siamo ritardatari, il tempo è croce e delizia degli innamorati e cambia a seconda della sedia su cui sei seduto, se su una sdraio in spiaggia oppure sulla poltrona del dentista.
Il tempo passa? No, lui resta. Sono gli uomini che passano senza aver capito nulla del tempo.”

D: “Secondo lei, che valore viene dato al tempo che lei misura?”
R: “Personalmente credo che riserviamo, a ciò che vale davvero, solo gli avanzi della vita. Siamo sempre indaffarati, di corsa, ansiosi. Chi si ferma è perduto…è questo il motto della società di oggi. Niente di più sbagliato. L’uomo corre e si dimentica di vivere, come se fosse destinato a vivere per sempre.
All’uomo di oggi piace essere invischiato in mille occupazioni, impegni, appuntamenti, scadenze di lavoro…piace non avere tempo. Oggi, chi ha tempo viene considerato un fallito, ma io non credo che sia così. Il perdente è quello che è vittima del suo tempo.
La vita non è breve, siamo noi che ci affanniamo a renderla tale, sprecando quel dono prezioso che è il tempo che ci è stato assegnato. Lo diceva anche Seneca nel suo meraviglioso “De brevitate vitae”. Con ciò non voglio affermare che bisogna tralasciare i propri doveri per una presunta libertà, ma soltanto vivere la vita con una consapevolezza diversa.
Inevitabilmente, appena si ha la possibilità di aprire le porte al tempo, la vera essenza vola, libera di andare dove vuole, portandovi su quella che forse è la vostra vera strada; bisogna soltanto seguirla e potrebbe farvi scoprire realtà inimmaginabili.”

D: “Nella società di oggi lei è diventato uno status symbol, può costare cifre esorbitanti e vanta collezionisti quasi pari a quelli delle opere d’arte. Come ci si sente ad essere così importanti?”
R: “Quello che dice è assolutamente vero, i miei antenati mai avrebbero immaginato la carriera che abbiamo fatto. C’è da dire che solo una parte di noi ha raggiunto lo stato di cui abbiamo parlato e mi riferisco agli orologi da polso. La nostra progenitrice, nonna meridiana, sarebbe orgogliosa dei suoi piccoli nipotini. Siamo diventati gli influencer di questo secolo. Oggi le persone, specialmente nelle grandi città di affari, prima ti guardano l’orologio e poi il viso. Non so se è un traguardo dell’umanità oppure il contrario, ma è comunque vero che se vuoi farti un’idea abbastanza azzeccata di chi hai di fronte per la prima volta, dovresti guardare il suo orologio e le sue scarpe, con questo metodo non sbagli quasi mai.”

D: “Una domanda provocatoria: come mai ci sono così tanti tipi di orologi per misurare qualcosa che invece è unico?”
R: “Come ho già detto nella prima risposta, il tempo non è unico. La fisica ha dimostrato che esso cambia a seconda dell’altezza in cui ci troviamo e della velocità a cui andiamo. Mi fa sorridere il pensiero che, se potessimo viaggiare alla velocità della luce, il tempo si fermerebbe. Noi orologi, in questo caso limite, saremmo inutili e disoccupati. Ma sulla terra voi uomini fate caso ai secondi ed addirittura alle frazioni di secondo ed ai millesimi. I vostri “cronometri” dimostrano quanto siete pignoli e sono loro che decidono, per esempio, a chi assegnare una medaglia d’oro olimpica che può essere il traguardo di una vita. Ma i cronometri ed i vostri record hanno vita breve, noi aspiriamo a misurare l’eternità ma neanche noi, per quanto possiamo essere sofisticati, riusciamo raggiungere quel risultato.”

Apologia della domanda

Una domanda è sempre uno sconfinato oceano di possibilità, è aperta ad ogni soluzione, è come un insieme di possibilità potenziali che possono condensarsi in una realtà da venire. Una domanda è guardare al futuro, una risposta è mettere il sigillo a tutto questo, porre un limite, ed è lì che inizia il passato.

Una domanda è una azione da bambini, una risposta è una roba da vecchi.

Una domanda è movimento, è sete di conoscenza, è curiosità, è vita. Una risposta è sempre rigida, a meno che non sia la più coraggiosa e rara di tutte: “non lo so”; una risposta è presunzione, è spesso saccenza e più raramente saggezza.

Una domanda è una cascata di acqua fresca che si rinnova sempre, una risposta è uno specchio di acqua stagnante.

Una domanda è malleabile, puoi riformularla, ritirarla, modificarla, adattarla a chi ti sta di fronte. Una risposta, una volta data, è come una freccia, difficilmente può tornare indietro, l’orgoglio e le leggi fisiche glielo impedirebbero.

Una domanda può fregiarsi dell’eleganza sinuosa del punto interrogativo. Una risposta ha la povertà di un misero puntino che è compreso nel punto di domanda ma giace sempre come un servo ai suoi piedi.

Una domanda può accomunare e mettere d’accordo ogni essere della terra, mentre questo è impossibile per una risposta. La tua domanda può essere anche la mia domanda ma la tua risposta difficilmente potrà essere la mia risposta.

Una domanda non è mai stupida, moltissime risposte lo sono.

La domanda è la madre del dubbio, le risposte sono le figlie dell’ignoranza.

Le domande scandiscono i momenti più importanti della vita, le domande non mentono, sono sempre sincere, è impossibile mentire se si chiede. Le risposte, invece, sembrano fatte apposta per la menzogna; sono le vesti naturali di chi vuole nascondere la realtà.

Alle domande sono associati in genere aggettivi positivi quali belle, ingenue, sfrontate, coraggiose, intriganti; alle risposte si affibbiano aggettivi di segno opposto quali sbagliata, tardiva, insensata, offensiva, tagliente.

Spesso, a domande da un milione di dollari vengono date risposte che non valgono un centesimo.

Ogni progresso umano è fondato sulle domande perchè se i grandi geni non si fossero posti quesiti folli, oggi forse saremmo ancora nelle caverne ad accendere il fuoco con le pietre. Se ci fossimo fidati delle risposte immutabili oggi crederemmo ancora ad una terra piatta al centro dell’universo e ad altre cose che oggi sembrerebbero assurdità.
Gesù non ha mai esaltato le risposte ma ha sempre posto al centro dei suoi insegnamenti il “chiedete e vi sarà dato”; del resto come potremmo mai ottenere qualcosa senza domande?

Insomma preferisco sempre coloro che fanno domande, proprio come i bambini. Un pò meno mi piacciono quelli che hanno e danno solo risposte. Una domanda non è mai sbagliata ed è solo nostra; le risposte vengono dagli altri e molto spesso sono sbagliate.

E per finire gustatevi questa chicca di pochi secondi su una distinzione tra domande e risposte tratta da un dialogo di “Per qualche dollaro in più” del mitico Sergio Leone.

Il mistero della Forza

Sollevare un libro è la stessa cosa che sollevare un elefante? Questione di punti di vista, chiunque direbbe “ma ovviamente no! Che razza di domanda stupida è?”

Bè, per il saggio maestro Yoda la questione è diversa, non c’è differenza tra le due cose, la differenza è nella nostra mente e quindi suggerisce al “novizio” Luke di “disimparare tutto quello che ha imparato finora” perchè l’elefante è troppo “grande” rispetto al libro. Il segreto non sta nelle dimensioni ma nella “Forza” e se ti allei con essa, ben presto scoprirai che “un potente alleato essa è”, per usare le stesse parole del maestro Yoda.

Ma cos’è questa entità misteriosa? Uso ancora le parole di Yoda: “La vita essa crea ed accresce, la sua energia ci circonda e ci lega. Illuminati noi siamo e non questa materia grezza (il corpo n.d.r.). Tu devi sentire la forza intorno a te, qui, tra te, me, l’albero, la pietra, dovunque…”

Ok, sono partito da una citazione hollywoodiana ma l’argomento non è così leggero come può sembrare perchè io sono convinto che questa forza esista, solo che non sappiamo come riconoscerla ed utilizzarla.

Chi ha saldi principi religiosi monoteisti la chiama Dio, Allah, o in qualunque modo le sue credenze lo abbiano condizionato.
Gli scienziati lo chiamano “campo di forza” o campo di Higgs, quel campo alla base di tutto da cui si formano tutte le particelle che compongono la materia e che non siamo in grado di misurare ma sappiamo che c’è.
Uno psicanalista austriaco di nome Wilhelm Reich, nella prima metà del 900 la chiamò “energia orgonica”, l’energia di cui sarebbe pervaso l’Universo e che egli credette addirittura di poter misurare.
Le discipline orientali ne fanno un fondamento della loro esistenza, il “Chi” dei cinesi, il “Ki” dei giapponesi, il “Prana” degli induisti.

Insomma chiamatela come più vi piace ma pare che siano tutti d’accordo sul fatto che esista, lo si dice da millenni e lo si dirà per millenni, perchè Yoda viene dal futuro…

Comunque la chiamiate, voi riuscite a sentirla?

I segreti del tè

Questa bevanda, che, dopo l’acqua, è la più bevuta al mondo, è qualcosa di unico perché è il classico esempio di quanto ci si possa far passare letteralmente sotto il naso un intero mondo che riserva sorprese, piaceri e benefici conosciuti da millenni a cui oggi non facciamo più caso.
Alla pari di altre sane passioni (mi vengono in mente quelle per il buon vino o la musica classica), quando ci si addentra nel mondo del tè conoscendone a fondo storia ed usanze, si entra in una tradizione millenaria piena di fascino e mistero, che ebbe origine, neanche a dirlo, nell’antica Cina.
Laggiù si fa risalire l’origine di questa bevanda nientemeno che al 2.737 a.c. ed alla sua scoperta da parte di un imperatore chiamato Shen Nung. Nel corso dei millenni il tè ha riassunto sia le proprietà di una vera erba medicinale, sia quelle di una bevanda che ha conquistato poi interi popoli in ogni parte del mondo. In Europa è arrivato soltanto nel 1600 grazie ad olandesi e portoghesi e fu originariamente appannaggio di re ed imperatori che ne rimasero subito affascinati e non vollero mai più restare senza.
Il tè è divenuto quindi “disponibile” per il grande pubblico solo verso nel 1800 ma ritengo che ancora oggi le persone non sappiano cosa significhi bere del vero tè. Quasi tutti oggi li consumano in bustina aggiungendo poi latte o limone o peggio zucchero ed a quel punto è più salutare una bibita gassata in lattina perché quello che ne viene fuori non è più tè.
A prescindere dall’intruglio che si è prodotto aggiungendo latte, limone o un paio di cucchiaini di zucchero, dovete sapere che i tè in bustina fanno male. Molte bustine sono infatti rivestite con epicloridrina, un noto cancerogeno attivo in acqua calda. Negli ultimi anni (ovviamente per risparmiare) le marche presenti nella grande distribuzione imbustano il prodotto con materiali provenienti dalla plastica come PVC e nylon alimentare perché la carta speciale o il tessuto con cui andrebbero fatte costa troppo. Le sostanze plastiche in questione rilasciano inoltre sostanze chimiche aromatizzanti ed altre schifezze artificiali che avvelenano la vostra tazza di simil-tè.
Ma non è tutto. Uno studio dello scorso anno ha accertato che le bustine in cui sono contenute tisane e tè, immerse in acqua bollente, emettono fino a sedici tipi diversi di ftalati, altri veleni chimici che vanno ad interferire pesantemente con il sistema endocrino. Digitate in rete e ve ne renderete conto.
Senza contare la qualità delle foglie di tè contenute in quella bustina che di solito provengono dagli scarti della produzione o quantomeno dalla parte meno pregiata del raccolto. Un tè, meno costa e meno si può chiamare tè; ma questa è una regola che si applica ad ogni cosa, per cui se acquisti un vino da 2 euro stai sicuro che quello che ti hanno rifilato non è vino.
A Milano ho scoperto un posto dove vendono solo tè ed accessori per prepararlo e mi si è aperto un mondo. Il proprietario è un grande esperto, conoscitore dell’oriente ed ogni volta che ci vado mi trattengo almeno un’ora, facendo passare davanti tutti i clienti ed aspettando i momenti vuoti per chiacchierare con lui.
Ho imparato a distinguere i vari tipi di tè (anche se tutti i tè provengono da una stessa pianta, la camellia sinensis, e le differenze stanno nella diversità di trattamento e raccolta delle foglie) che vengono venduti rigorosamente in foglie essiccate che vanno messe in infusione in una teiera di ghisa con apposito filtro per un tempo rigorosamente stabilito e diversificato con acqua a differenti temperature altrimenti si rischia di bruciare le foglioline e rovinarne il gusto.
Ho scoperto che esistono tè verdi giapponesi che costano anche mille euro al chilo e sono quelli per le cerimonie, ma a parte certe eccezioni, il resto ha prezzi abbordabili e gusti così diversi che c’è davvero da perderci la testa.
Il tè (non quello nelle bustine del supermercato) ha dei benefici per la salute infiniti ed incredibili, specialmente il tè verde; non sto qui ad elencarveli, digitate su Google “benefici tè verde” e leggete.
Il tè è una bevanda senza tempo e deve essere bevuto da chi può dedicargli (e dedicarsi) del tempo; per prepararlo, come per gustarlo, da solo o con amici. Si pensi che la cerimonia del tè in Oriente, chiamata Cha no yu, può durare più di un’ora e solo poche persone sono in grado di compierla esattamente perché ha un rituale molto complicato, ma è chiaro che il tutto racchiude un significato di raccoglimento e meditazione che trascende la semplice tazza di tè.
Se non si ha molto tempo a disposizione è meglio farsi un caffè…

Guerriero

Non si è guerrieri nel senso che credete. Si usano armi invisibili che non sono associate a nessun tipo di violenza, non si fa guerra a nessuno ma ci si difende se si viene attaccati, anzi si deve avere l’abilità eccelsa di usare l’altrui aggressività come difesa.
Un guerriero lotta però ogni giorno contro i suoi dèmoni, perchè sa che il nemico più temibile di un uomo non è nel mondo esterno ma nella sua anima, e se l’anima perisce, il corpo farà la sua stessa fine mentre può non essere vero il contrario.
Vincere guerre e conquistare nazioni può rendere potenti e temuti, fare la stessa cosa con le proprie cattive abitudini e conquistare il completo controllo di se stessi ti rende invincibile.
Se non si è svegli ed all’erta sempre non si riuscirà a raggiungere gli obiettivi prefissati allorquando ci si immerge nelle lotte quotidiane.
Il guerriero insegue i propri sogni, non quelli preconfezionati della società o degli altri, perchè sente il suo destino, lo vive nel cuore e sulla pelle come una bruciatura e non importa quanto in salita sia la strada, se quella è la sua via vuol dire che ha la forza per affrontarla.
Un guerriero non si lascia abbattere dalle difficoltà, perchè non è detto che esse siano cose negative, solo il tempo può dire se qualcosa è giusto o no per noi in un certo momento. Forse accadono per mostrargli la via, prove da superare per capire e riconoscere i nostri limiti.
Un guerriero non giudica mai, perchè sa che ogni giudizio è personale e quindi quasi sempre sbagliato. Di contro, egli si sente libero di fare ogni cosa senza vincoli sociali, perchè come è vero che non giudica, è anche vero che non gli importa affatto il giudizio degli altri. Per questo ciò che lo guida è la passione interna, mai il timore di come appare all’esterno.
Un guerriero lo riconosci dagli occhi, essi sono un misto di pace e curiosità, sanno scrutare, infondere sicurezza e trasmettere amore, sono loro la vera voce del guerriero che di solito è di poche parole.
Il guerriero coltiva solo i legami solidi e quelli sono pochi. Egli sa che solo ciò che è importante è destinato a persistere, mentre tutto ciò che è inutile è destinato inevitabilmente a scomparire.
Un guerriero vive di sostanza, mai di apparenza, le maschere non gli appartengono, egli persevera senza mai intestardirsi, perchè è consapevole che c’è un tempo per ogni cosa e l’abilità sta nel coglierlo e, di contro, sapere quando è il momento di abbandonare il campo.
Il guerriero ha fede. Non certo nei dogmi indimostrati delle religioni, bensì in se stesso, consapevole della sua unicità ed insegue i suoi sogni convinto di poterli realizzare. Come ogni guerriero, a volte vince, altre volte no, ma non per questo si lascia abbattere, perchè nella sua vita c’è sempre posto per un sogno nuovo da realizzare.
Un guerriero è sempre concentrato, quindi è attento alle piccole cose. Solo i ciechi ed i superficiali vedono esclusivamente i grandi eventi e tralasciano i particolari, facendosi sfuggire le cose più belle della vita, che di solito si nascondono nei dettagli.
Il guerriero è umano, è uomo o donna, e quindi imperfetto, sbaglia, si arrabbia, cade ma si rialza ed è sempre pronto a chiedere scusa per i suoi errori quando li riconosce come tali, ma in quella sua fragile umanità riconosciuta sta la sua corazza di guerriero.

Tao Te Ching

Tradotto letteralmente, “Il libro della Via e della virtù”, è una breve opera scritta oltre 2500 anni fa, da un personaggio ammantato da leggenda chiamato Lao Tzu, che letteralmente significa il saggio fanciullo. Tale scritto ha segnato i millenni a seguire attraverso 81 brevi capitoli (5000 parole) che racchiudono potenti verità per chi arriva ad intenderli ed a leggerli con occhi che non sono certo quelli della mente razionale a cui non direbbero assolutamente nulla e che anzi farebbero letteralmente girare la testa.
Da quei brevi versi sono nate una religione ed una filosofia che hanno governato in Cina per moltissimo tempo.
Esistono migliaia di traduzioni del Tao Te Ching ma non ve ne sono due uguali ed è esattamente ciò che dice Lao Tzu nel versetto di apertura allorquando afferma che “Il Tao che può essere nominato non è il vero Tao”, volendo con ciò dire che la vera “Via” non può essere descritta con le sole parole, ma afferrata con l’intuizione del cuore.
In pratica ogni significato che si decida di attribuire al termine Tao e che possa andare bene a tutti non è quello esatto, per cui esso è inconoscibile, al punto che l’autore afferma che “esiste da sempre, non so di chi sia figlio. Ma esisteva ancor prima di Dio”. Parole forti, apparentemente prive di senso ma una lettura completa di questa breve opera può chiarire molti dei dubbi che inevitabilmente affiorano alla mente di chi legge.
E’ un affidarsi ai principi della natura seguendo ed interpretando le sue regole, inneggiando alla flessibilità e mai alla rigidità perchè la rigidità è la caratteristica delle “cose morte”.
Non credo sia esatto classificarlo tra le religioni, anche se in ogni Paese del mondo, Italia compresa, vi sono templi taoisti dove più che altro si medita, più che pregare nel senso letterale del termine. E’ indefinito ed indefinibile, sfugge ad ogni classificazione, è qualcosa a cui non siamo abituati, non fa leva su categorie mentali tipiche di noi occidentali, sembra sia fatto apposta per non essere compreso, ma proprio in questo sta il suo fascino ed il suo mistero.
Dai suoi principi hanno avuto sviluppo discipline ed arti marziali “interne” come il Qigong ed il Tai Chi, anche loro ammantate da un fascino incredibile dove sembra che il praticante danzi in un alternarsi di movimenti fluidi che hanno il solo fine di concentrarsi sull’energia che scorre nel corpo, il “Chi” (si pronuncia “ci”), e di favorirne il corretto flusso, perchè, secondo la filosofia taoista, ogni malattia non è altro che un eccesso o una carenza di “Chi”.
Ha sviluppato un sistema di divinazione fatto di trigrammi ed esagrammi formati da linee continue e spezzate che prende il nome di “Libro dei mutamenti” o I-Ching che affascinò uno come Jung che cercò di scoprirne i misteri per quasi tutta la sua vita.
Il suo simbolo, il Taijitu, la rappresentazione di yin e yang in bianco e nero è forse uno dei simboli più famosi al mondo, anche se non in molti sanno cosa effettivamente rappresenti e quale significato profondo abbia realmente.
E’ una filosofia che rapisce, più si cerca di andarci a fondo e più si scoprono verità attuali, così attuali che si resta allibiti. Ci sarebbe da farne un trattato e forse non si esaurirebbe l’argomento ma uno scambio di idee e pensieri su un simile argomento è una delle cose più belle e profonde a cui si può aspirare. Lo dico perchè mi è capitato.
Come diceva il grande Bruce Lee e per riassumere un concetto centrale del Tao, “Be water, my friend”.

Maschere

Il grande Osho diceva che noi non siamo la nostra personalità. Che questa è solo una maschera che portiamo, non è la nostra vera realtà, il nostro volto originale. Essa andrebbe quindi distrutta per scoprire la nostra individualità.
L’individualità quindi sarebbe la nostra vera essenza, mentre la personalità non è altro che quello che la società ha fatto di noi, o sta cercando di fare.
Oggi non si incentiva l’individualità, ma si forgiano personalità indirizzandole nella direzione voluta da chi ha deciso cosa è bene e cosa è male. Milioni di persone nel mondo conoscono solo la propria personalità senza rendersi conto che c’è qualcosa di molto più grande.
Sono diventati tutti attori, ipocriti, burattini nelle mani di preti, politici, genitori, insegnanti e si ritrovano a fare cose che non avrebbero mai desiderato fare e non fanno ciò che invece hanno sempre sognato di fare. E’ come fare la guerra a se stessi.
Ma la propria natura non può essere distrutta, quindi continuiamo ad avvelenarla. “La facciata di una casa non appartiene a chi ci abita, ma a chi la guarda”, recita un antico detto orientale.
Personalità deriva da “persona”, il nome della maschera teatrale che nell’antica Roma indicava l’attore della commedia. Il militare, il padre di famiglia, il mercante… tutti dovevano essere riconducibili ad una tipologia ben definita nella vita quotidiana. Insomma una maschera, e non si può indossare una maschera senza venirne alla fine pesantemente condizionati.
Possiamo quindi arrivare a concludere che il termine “persona” significa “maschera”.
Quindi siamo tutti persone e siamo tutti maschere. Se volete oltrepassare una maschera guardate l’unico spazio che quest’ultima non copre: gli occhi. Perchè le maschere hanno un grande limite, non possono coprire gli occhi.

Io non sono io

Lo so, lo so, se dovessi esordire con la domanda “ma noi chi siamo veramente?” ecco che si scatenerebbe un casino.
Come, chi siamo? Io sono io, Cavalier commendator Fracazzo da Velletri, onorevole della repubblica, notaio, avvocato, ingegnere, ecc… ecc…. Tutti appellativi che in certe occasioni vengono preceduti dalla frase che personalmente reputo la più alta forma di idiozia che un essere umano può manifestare: “lei non sa chi sono io”. Mi verrebbe da chiedere: “Ma lei lo sa chi è lei veramente?” Un coglione, vabbè ma questo è troppo scontato.
Allora procediamo ad un’analisi attenta della domanda che non è poi così banale. Siamo davvero chi crediamo di essere?
Iniziamo dal nome. Io sono Mario, Giuseppe, Francesco… ok e di cognome? Rossi, Bianchi, Verdi, e così via.
Nulla da obiettare, c’è scritto anche sulla carta d’identità. Mario Bianchi, Giuseppe Rossi… e così via.
Ma questi tizi il nome se lo sono scelto? Ovvio che no, il nome che portiamo ci è stato dato dai nostri genitori senza che noi si sia potuto metter becco. Il cognome ancor peggio, scelta zero. E’ quello della famiglia in cui siamo nati, quindi chi ci ha dato il nome non ha neanche potuto scegliere il cognome.
E’ facile comprendere che non si può essere un qualcosa che ci è stato imposto, credo che siamo molto di più.
Pensate poi a quanto acquisiamo dai nostri genitori. Sicuramente i loro geni fisici, per cui, somaticamente, finiremo per assomigliare più all’uno che all’altra, nei colori degli occhi, dei capelli, nel passo, nelle movenze, ecc…
Ma il carattere ed i pensieri? Le aspirazioni? Il senso della vita? I sogni? Bè quello è tutto un altro discorso, basti pensare anche a quanta differenza di caratteri ci possa essere tra fratelli. Il più delle volte non la pensiamo mai come i nostri familiari, abbiamo ambizioni ed aspirazioni del tutto differenti e se molti seguono le orme professionali paterne o materne vuol dire che hanno soffocato il loro “Daimon” e si sono adeguati ad una vita piatta e priva di aspirazioni, rinunciando ad inseguire il proprio sogno, accontentandosi dei sogni bolliti degli altri.
Ma allora perchè abbiamo il patrimonio genetico dei nostri genitori ma non i loro sogni e le loro aspirazioni?
Perchè, secondo me, siamo su un piano diverso, siamo sul piano di quello che noi siamo veramente, un livello di anima, e l’anima viene da altrove e non ha nulla a che vedere con le leggi biologiche, anzi risponde a leggi diverse a noi totalmente sconosciute.
Millenni fa lo avevano capito, oggi noi lo abbiamo dimenticato. Forse c’è davvero un “piccolo io” che è ciò che crediamo di essere su questa terra, Gianni, Mario, avvocato, professore…
Ma esiste anche un “grande io”, immortale, che in questa vita riveste il ruolo di Gianni, Mario, ecc, come un attore può interpretare la sua parte in un film o in una rappresentazione teatrale. Può essere bravissimo a farlo ma, finita la commedia, tornerà ad essere chi è veramente.
Se avete seguito fin qui le mie folli elucubrazioni, faccio un salto logico successivo. Se dico “Io sono Mario” allora siamo due persone, Io e Mario. Cioè l’Io grande che dice di essere Mario. Ma chi è Io?
Questo lo lascio decidere a voi… se qualche matto ha letto fino in fondo questo post, magari potrà dare una risposta dopo una riflessione…

Dialogo filosofico

“Si può vivere senza certezze?”

“Si, se si è capaci di sperare. D’altronde sei in grado di nominarmi una sola cosa della cui esistenza puoi essere certo?. Mi puoi citare un solo episodio che, secondo te, sia realmente accaduto?”

“Non so…per esempio, prima, a tavola, tutti e due abbiamo mangiato una bella spigola, te la sei già dimenticata?”

“Certo che non l’ho dimenticata! Ma sei assolutamente sicuro che abbiamo mangiato davvero una spigola?”

“Perchè non dovremmo esserlo?”

“Tu, prima hai detto di credere in Dio…”

“Si, ci credo infatti”

“Immagino che il tuo Dio sia onnipotente”

“Se è Dio, è anche onnipotente, certo!”

“Ebbene…se Dio è onnipotente, non potrebbe avere creato un mondo già in funzione”?

“In che senso?”

“Il nostro mondo, il cielo, il mare, la natura, l’universo, tutto questo spettacolo che ci sta intorno, non potrebbe essere stato creato proprio in questo preciso momento? Supponiamo che tutti si sia nati proprio adesso con una memoria prememorizzata nel cervello in cui crediamo di aver vissuto”.

“In questo caso la spigola….”

“….crediamo di averla mangiata, ma in realtà non è mai esistita. E’ solo una delle tante immagini che la nostra memoria ha avuto in dotazione al momento della nascita”.

“Ma è impossibile!”

Eh no, è solo improbabile…”