Che cosa è il caso? Qualcuno ha raccolto sotto questa definizione tutto ciò a cui non riusciamo a dare una spiegazione. Ne deduco che, siccome in questo mondo non riusciamo a dare spiegazioni plausibili quasi a nulla, allora tutto il mondo è governato dal caso. Verità troppo scomoda?
Quando ci accade qualcosa che sembra non abbia senso, davvero è frutto di una coincidenza senza apparenti ragioni? E’ un quesito che mi sono sempre posto ma pensate alle conseguenze della risposta.
In caso affermativo non dovremmo mai preoccuparci delle nostre azioni perché saremmo in balìa di un destino capriccioso che non è possibile governare e prevedere. Spesso passiamo la vita intera a fare progetti che poi non si avverano, oppure incappiamo in malanni fisici, brutti incontri, eventi avversi e diamo sempre la colpa al caso.
Diciamo che quest’ultimo forse è l’oppio che ci è stato dato per non impazzire, perché se così non fosse ed il caso non esistesse sarebbe davvero un bel casino per la nostra già fragile mente.
Caso è la parola magica che persino i più eminenti scienziati, che ad esso proprio non dovrebbero credere, usano per celare una verità sgradevole: la nostra ignoranza assoluta su come funzionano davvero le leggi dell’Universo.
Quando non abbiamo risposte evochiamo il caso allo stesso modo con cui gli antichi evocavano dei o numi per dare risposte a fenomeni inspiegabili piuttosto che riconoscere la propria ignoranza abissale.
Forse non a caso (perdonate il gioco di parole), il termine caos è composto dalle stesse lettere e da caso a caos il passo è breve.
Ma caos è una parola che inquieta, trasmette un’idea di confusione assoluta, genera panico. Caso è certamente più elegante, più rispettosa, tutti le si sottomettono mentre al caos si cerca di reagire con l’ordine. A nessuno verrebbe in mente che in fondo sono sinonimi.
Il caso è un pesante velo steso sul gigantesco disegno dell’universo, impossibile da sollevare per la nostra limitata conoscenza, non per nulla il termine deriva dal latino “casus”, che significa caduta, è il nostro Dio pagano quando siamo costretti ad accettare qualcosa che non ci piace. Se quel qualcosa ci piacesse gli avremmo dato il nome di “fortuna” ma il personaggio è sempre lui. Un attore poliedrico delle nostre vite che spesso si fa chiamare anche destino.
Jung è stato l’unico a spingersi un po’ oltre, a cercare di sollevare a fatica quel velo di ignoranza ed ha dato un altro nome al caso. Ha parlato di sincronicità, una maniera elegante di affermare, attraverso le vie un po’ contorte della psicanalisi, che certe manifestazioni della realtà sono dovute a qualche misteriosa ragione presente nelle leggi dell’Universo, smentendo l’esistenza del caso.
Il regista e scrittore svedese Kay Pollak, nel suo libro “Nessun incontro è un caso”, lo descrive con queste belle parole:
“Immaginate che nessun incontro fra le persone sia casuale. Immaginate che ogni persona che incontriate sia mandata per uno scopo. Quando questa idea mi attraversò la mente per la prima volta la mia reazione fu di dubbio. Impossibile, pensai, chi mai potrebbe organizzare tutti questi incontri? Ma, a poco a poco, sperimentai, come questo pensiero rendesse straordinariamente e tangibilmente più gratificante procedere nel cammino della vita. Infatti, un buon numero di incontri, sia con persone che già conoscevo che con sconosciuti, diventò più eccitante, talvolta quasi inebriante! Immagino che chiunque io incontri mi sia mandato per uno scopo. Incomincio a pensare e a credere decisamente che sia così e questo pensiero rende la vita più divertente e piena di significato. Se riguardate alla vostra vita passata, potete constatare che ogni persona che avete incontrato – ogni singola persona – ha contribuito, a suo modo, a farvi essere quello che siete oggi. Ogni incontro che avete fatto, nei modi più svariati, ha messo in evidenza qualcosa di voi. Perché non provate a pensarci? Prendetevela con calma e rimanete per un po’ in compagnia di quest’idea. Chiunque io incontri mi è mandato per uno scopo. Leggete attentamente. Posso e voglio imparare dagli altri. Essi esistono per insegnarmi a crescere”.
Rinunciare al caso, da parte degli esseri umani, significa rinunciare alla propria libertà di azione, in quanto si dovrebbe di conseguenza ammettere l’esistenza della nostra responsabilità, sia pure “colposa”, in tutto ciò che facciamo, in tutte le scelte che compiamo, assumendocene tutta la responsabilità. E questo non è comodo, quindi se qualcosa va storto non è mai colpa nostra, ma colpa del caso…ci rassegniamo e continuiamo a dormire tranquilli nella beata ignoranza. Domani è un altro giorno, chissà cosa mi riserverà il caso…
Forse è proprio vero allora che il caso è un ordine da decifrare, come diceva Josè Saramago…
E forse non state leggendo questo per caso…