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Storia di Peppe e Fritz, fratelli d’Europa

Gennaro Caccavella era il più simpatico e prestante bagnino della spiaggia di Cesenatico ai tempi del dopoguerra. Dal momento che era alto, moro e con gli occhi verdi, raccontava a tutti che era nato a Bolzano, nascondendosi a tal fine dietro il nomignolo di “Genny il bello”, con cui era solito farsi chiamare. Solo la completa visione della segretissima carta d’identità del nostro Genny avrebbe tradito le sue inequivocabili origini meridionali.
In un assolato pomeriggio settembrino, il nostro italico bagnino stava facendo l’ennesimo giro di perlustrazione della spiaggia romagnola, più per dare una interessata occhiata ai centimetri di pelle esposti dalle turiste tedesche che per verificare che nessuno fosse in pericolo di vita a causa del mare, visto che per morire nell’acqua di quel tratto di riviera doveva venirti un infarto piuttosto che essere travolto dagli inesistenti flutti di acqua salmastra non più alti di dieci centimetri che non avrebbero fatto paura neanche ad un gatto.
Sotto l’ultimo ombrellone a spicchi bianchi e blu del territorio di sua competenza, Genny notò due giovani ed avvenenti bionde che parlavano tra di loro distese sulle sdraio con una birra in una mano mentre con l’altra si schermavano gli occhi a protezione del sole che aveva iniziato la sua discesa verso l’orizzonte.
L’italico stallone fece scattare la reazione automatica tipica di quella situazione che consisteva nel “petto in fuori e pancia in dentro” con lieve contrazione dei muscoli addominali e si avvicinò con passo felpato alle due bellezze, pronto ad attaccare discorso attingendo al suo repertorio di rimorchio balneare e forte della sua posizione di autorità spiaggistica, sancita dalla bianca scritta “bagnino” su entrambi i lati della sua canottiera rossa.
“Buongiorno gentili signore, spero che vi stiate godendo una bella vacanza qui al nostro lido “bella Italia”. Se avete bisogno di qualsiasi cosa, io sono qui a vostra completa disposizione. Mi chiamo Genny, siete arrivate da poco? Non vi ho mai viste qui da noi.”
“Scusare noi” disse quella delle due che piaceva di più al nostro bagnino, “noi no italiane, venire da cermania e parlare poco vostra lingua, no capito”.
Genny, nel corso della sua esperienza sui litorali di quelle zone, aveva avuto spesso a che fare con i turisti tedeschi (sarebbe meglio dire “turiste tedesche”) ed aveva imparato quindi ad intavolare il minimo sindacale della conversazione che gli garantiva, il più delle volte, una conoscenza più “approfondita” delle sue interlocutrici. Con i suoi modi gentili e garbati che lo rendevano affascinante, si accovacciò sulle proprie gambe e scambiò un pò di chiacchiere con Erika e Brigitte (questi i loro nomi) che parvero gradire la sua compagnia, specialmente Brigitte che era stata la prima delle due a rispondergli. Dopo una decina di minuti, consapevole che stare lì a parlare non era conveniente né per il suo lavoro, né per le sue gambe che iniziavano ad intorpidirsi, né tantomeno per la rodata tecnica rimorchiatoria che consigliava un tempo il più possibile limitato durante il primo approccio per non apparire fin da subito troppo invadente, si congedò dalle due teutoniche bellezze non prima di essersi assicurato che sarebbero ritornate su quella stessa spiaggia anche il giorno successivo.
Da quel primo, fortuito approccio in un angolo di un mondo che stava cercando a fatica di dimenticare gli orrori di una guerra ancora troppo vicina nei ricordi di tutti, nacque una grande passione ed un grande amore tra il nostro italico Genny e la bionda tedesca Brigitte. Si era verificato un riallineamento di due figli appartenenti a due Paesi martoriati dalla scelleratezza dei loro folli governanti che avevano scoperto, qualora ce ne fosse stato il bisogno, che l’amore non conosce confini di nessun genere e che non si ferma davanti a nessuna delle barriere materiali o linguistiche frutto degli artifici del genere umano.
Italia e Germania si stavano risollevando insieme, così come i loro figli Genny e Brigitte stavano iniziando a costruire qualcosa insieme che, si sperava allora, sarebbe durato a lungo.
Dalla loro unione, inizialmente ricca di entusiasmo e di felicità, nacquero anche due gemelli belli ed intelligenti. Giuseppe, detto Peppe, tutto suo padre, e Fritz, più vicino come carattere e caratteristiche fisiche a mamma Brigitte.
Ma si sa che molto spesso l’amore di coppia è soltanto un inganno della natura inscenato per garantire la continuità della specie e Genny e sua moglie non sfuggirono a questa dura legge. Se poi ci si aggiunge anche una differenza di fondo dovuta a cultura ed ambiente di provenienza differenti, allora ecco che il piatto del fallimento matrimoniale è servito, cotto a puntino.
Con grande civiltà e con un senso di amicizia che si erano ripromessi di mantenere costante al posto del loro antico amore, decisero, di comune accordo, di proseguire il resto delle loro vite ognuno per la sua strada alla ricerca di nuovi stimoli quando i loro due figli erano ormai adulti e pronti ad affrontare tutti gli imprevisti che il mondo avrebbe messo loro di fronte.
Genny aveva lavorato duramente per offrire un solido futuro alla sua famiglia e, nel periodo di amore ed armonia che era durato abbastanza a lungo, era stato pienamente supportato dalla sua Brigitte che aveva saputo infondergli la tenacia e l’organizzazione germanica complementare all’estro ed alle idee, spesso geniali, del nostro italico Gennaro.
Fu così che l’azienda di servizi da loro fondata su innovative ed organizzate trovate commerciali, frutto del loro complementare ed efficace lavoro di squadra, si sviluppò a tal punto da arricchire in maniera considerevole la famiglia Caccavella. I rapporti con i clienti e le idee per lo sviluppo erano tutti made in Gennaro, mentre la contabilità ed i rapporti con fornitori e tutto ciò che riguardava i numeri e l’organizzazione dei dipendenti erano sotto la supervisione impeccabile di Brigitte. Tutto filò liscio per anni, con l’azienda che funzionava come un orologio, facendo lievitare il patrimonio e la soddisfazione di tutta la famiglia sfruttando i rispettivi punti di forza.
Ma quasi sempre il destino ha, per ogni essere umano, dei progetti completamente diversi dai desideri immaginati o espressi. Genny e Brigitte, allorquando il tempo logorò come una goccia d’acqua sulla roccia la loro unione, presero, di comune accordo, la decisione di separare le loro vite, per cui misero al corrente i loro due figli che quella sarebbe stata la decisione migliore per tutti e chiesero se entrambi avessero la voglia e l’intenzione di portare avanti l’azienda di famiglia.
Peppe e Fritz, che da ragazzini erano sempre andati molto d’accordo quando c’era da divertirsi e giocare, furono però concordi nel declinare la proposta dei loro genitori in quanto avevano altri progetti e desideri per il loro futuro personale e professionale. I loro genitori, quindi, divisero equamente l’intero patrimonio familiare tra i ragazzi e mantennero per ognuno di loro quanto bastava per vivere il resto della loro vita in modo libero e dignitoso.
Peppe era, tra i due, il più estroso, impulsivo, ai limiti dell’irrazionalità, e se c’era qualcosa di nuovo da sperimentare, lui era sempre in prima fila. Non molto accorto nell’uso del denaro, amava mettersi in mostra per i suoi bei vestiti o qualunque cosa fosse all’ultima moda. Dotato di una fervida fantasia, era sempre lui che trovava la soluzione a problemi all’apparenza irrisolvibili. Le donne e gli amici erano i suoi passatempi preferiti.
Fritz, in quanto ad intelligenza, non era certo inferiore a suo fratello gemello, ma emanava una diversità caratteriale profonda quasi quanto i caratteri somatici che contraddistinguevano i due. Alto, biondo e con gli occhi chiari come sua mamma, Fritz era un concentrato di razionalità. Grande analizzatore, sempre molto riflessivo quando c’era da prendere qualunque decisone, coltivava in maniera quasi maniacale il suo miglioramento personale badando agli altri solo in modo marginale, sia sotto il punto di vista fisico che quello intellettuale, andando in palestra quasi ogni giorno e leggendo avidamente i grandi autori letterari e filosofi della storia tedesca.
Quando ricevevano la paghetta o, in generale, regali in denaro per il compleanno o per Natale, Peppe quasi sempre dilapidava tutto nei locali o in feste con gli innumerevoli amici e nuove ragazze offrendo da bere a tutti oppure acquistando sneakers all’ultima moda o in genere capi di abbigliamento griffati. Fritz, al contrario, risparmiava tutto quello che poteva e si curava poco delle apparenze modaiole del momento. Preferiva “investire” i suoi guadagni giovanili in libri e palestra, il resto lo metteva da parte.
Era normale, quindi, che Peppe fosse sempre ricercato da tutti, mentre Fritz veniva guardato con più diffidenza e sospetto.
Non era infrequente che Peppe, a causa della sua indole spendacciona, rimanesse a secco di denaro per cui, se ne aveva bisogno per i suoi divertimenti e spese voluttuarie, lo chiedeva in prestito a suo fratello con la solenne promessa che glieli avrebbe presto restituiti. Qualche volta succedeva, ma il più delle volte i soldi non tornavano indietro.
Allorquando giunse il momento della separazione dei loro genitori, il rifiuto comune della prosecuzione dell’attività commerciale di famiglia, determinò di conseguenza anche la separazione delle strade dei due gemelli. Come i loro genitori, anche Peppe e Fritz decisero di andare ognuno per la sua strada.
Genny e Brigitte fecero in modo che il cospicuo patrimonio di famiglia venisse equamente suddiviso tra i gemelli, i quali avrebbero così potuto disporne a loro piacimento per il loro futuro personale e professionale.
Una ulteriore parte del patrimonio della famiglia Caccavella fu utilizzata nella creazione di un fondo patrimoniale intestato ad entrambi, una sorta di “salvagente” per casi di emergenza estrema che avrebbe funzionato da ammortizzatore patrimoniale nel caso in cui uno di loro, o entrambi, si fossero trovati, un domani, in cattive acque.
Il posato Fritz, dopo aver sposato una ragazza di Francoforte, si trasferì in quella stessa città, destinò gran parte dei suoi averi in oculati investimenti e, una volta conseguita la laurea in economia, ed un paio di master in gestione patrimoniale, ebbe, da solo, capacità e conoscenze per veder crescere il suo potere economico di anno in anno.
Il più frivolo Peppe, invece, rimase un single incallito, senza molta stabilità sentimentale e di idee, e preferì investire gran parte dei suoi averi in un ristorante di lusso ed uno stabilimento balneare per VIP su quella stessa riviera sulla quale la storia della sua famiglia aveva avuto inizio.
I due fratelli rimasero comunque in buoni rapporti negli anni che seguirono e certe volte, rispolverando l’antico vizio, Peppe, ogni tanto chiedeva aiuti economici a Fritz in quei casi in cui gli occorreva un pò di liquidità immediata, non volendo attingere al “Fondo salvafratelli” che restava vincolato ai casi di effettiva ed improrogabile emergenza. “Il tedesco”, questo era il nomignolo che Peppe aveva dato al fratello gemello, quasi mai negava il favore richiesto, non mancando però di fargli benevolmente la solita paternale sul suo stile di vita, invitandolo sempre a “mettere la testa (e le finanze) a posto”.
Durante un inverno che sembrava uno come tanti, il mondo intero fu colpito da una terribile pandemia che fece un gran numero di vittime tra la popolazione e colpì in maniera pesantissima l’economia internazionale, dando il colpo di grazia a certi settori produttivi, primi fra tutti, quelli della ristorazione e del turismo.
Facile immaginare quale, tra i nostri due fratelli, fu quello che subì le conseguenze più devastanti di questa inaspettata e tragica situazione.
Ristorante e stabilimento balneare fallirono e Peppe, già fortemente indebitato a causa dello stile di vita che aveva sempre tenuto, ben superiore alle sue effettive possibilità, fu costretto a svenderli per un prezzo di gran lunga inferiore al loro valore effettivo. I suoi folli progetti ed il desiderio sfrenato di una bella vita, lo avevano spinto ad accordi poco leciti anche con la malavita, a cui accettava di riciclare, con le sue attività commerciali, il denaro sporco, in cambio di visibilità e clientela VIP. Quella stessa malavita, nella condizione difficile del blocco forzato di mesi del Paese, non si lasciò sfuggire l’occasione di rilevare i terreni, gli edifici e le licenze che erano appartenute a Peppe in cambio della cancellazione di una parte dei suoi debiti.
Chissà perchè, il buon Peppe non si meravigliò neanche più di tanto quando venne a conoscenza che l’operazione appena descritta fu organizzata e gestita, per conto del crimine organizzato, da uno dei suoi più cari amici d’infanzia.
Il gemello “italiano” si ritrovò quindi in mezzo alla strada, senza un centesimo ed ancora fortemente indebitato con persone con cui non era molto salutare essere in debito.
L’unica alternativa per sopravvivere era quella di accedere al fino ad allora inutilizzato “fondo salvafratelli”, ma, per potere operare su quel fondo, aveva bisogno del necessario benestare di suo fratello Fritz.
Ancora una volta contattò il suo gemello “tedesco”, ed in una videochat dai toni drammatici gli disse che aveva bisogno non solo della sua parte della riserva disposta dai genitori a garanzia di entrambi, ma anche di un cospicuo prestito personale a fondo perduto o, in alternativa, che Fritz gli concedesse l’intero importo del fondo in questione per far fronte alla sua drammatica situazione economica.
Il suo gemello di Francoforte, con la flemma che lo aveva sempre contraddistinto, ascoltò impassibile le sfuriate di Peppe, che alternava ferventi implorazioni a neanche tanto velate minacce, rammentandogli continuamente che erano sempre una famiglia e che solo restando uniti avrebbero fatto felici i loro ormai vecchi genitori.
Fritz pensava che, pur essendo davvero figli degli stessi genitori biologici, per di più gemelli, non potevano esistere al mondo due persone più diverse tra loro non solo per l’aspetto fisico, ma anche e soprattutto per carattere, abitudini e temperamento. Questa volta decise di restare inflessibile e, pur acconsentendo allo scioglimento e conseguente divisione del denaro presente sul Fondo “salva fratelli”, non cedette di un millimetro e rifiutò ogni altra richiesta economica di suo fratello che avrebbe forse, solo in quell’occasione, imparato sulla sua pelle cosa significava essere accorto e previdente sotto il punto di vista patrimoniale, etico e morale.
Cinismo avveduto contro incosciente superficialità. Nasce come una storia di altri tempi ma potrebbe benissimo essere una storia dei nostri giorni…

Le “interviste impossibili”: dialogo con la paura

Ci sono due modi per far muovere gli uomini: l’interesse e la paura” (Napoleone Bonaparte)

Eccoci ancora qui con un ospite molto gettonata in questo periodo, la protagonista assoluta della scena mondiale, presente nelle case di tutti senza essere Bruno Vespa o un influencer con milioni di like. Meglio sarebbe dire che, in fondo, è l’influencer più influenzante che ci sia, con miliardi e non milioni di dislike e proprio per questo merita questa intervista in esclusiva.

D: “Come ci si sente ad essere, in questo momento, colei che è entrata non solo nelle case di tutto il mondo, ma nella testa e nel cuore di tutti gli abitanti del pianeta?”
R: “Tengo a precisare che io ho sempre fatto parte integrante della vita di ogni essere umano, nessuno escluso. Anzi, nemmeno gli animali sono esenti dalla mia morsa, ma loro sono molto più intelligenti degli umani e si limitano a darmi ascolto solo quando esiste un motivo valido e preciso. Terminata la causa esterna che mi ha generato, un secondo dopo se ne sono dimenticati e tornano tranquilli come prima. Non mi diverto molto con loro.
Con gli umani invece si che mi diverto e mi sbizzarrisco, voi siete fantastici, così irrazionali ma allo stesso tempo così prevedibili…
Mi avete resa protagonista persino nelle fiabe per i bambini per educarli sin da piccoli alla mia presenza, loro che neanche sanno cosa sia la paura. Non hanno idea di cosa significhi davvero “avere paura”, ma voi infarcite le favole che raccontate loro prima di andare a dormire di orchi, streghe, “uomo nero” ed altre cose ridicole come queste senza rendervi conto che state creando le mie vittime preferite quando saranno grandi.
Adesso non ho neanche bisogno di creare qualcosa che faccia davvero paura, non devo neanche sforzarmi di lavorare; mi basta dire qualche parolina e riesco a scatenare un panico ingiustificato che vi rende tutti miei servitori. Cosa potrei chiedere di più?
D: “Ci può svelare quali sono i suoi trucchi per essere diventata così famosa?”
R: “Insieme alla mia famiglia, mia sorella ansia e mio fratello panico, formiamo un gruppo invincibile. Siamo molto affiatati ma di rado operiamo insieme perché gli effetti della nostra unione possono essere devastanti per la sopravvivenza stessa del genere umano, ma in questo periodo ci hanno dato il permesso di stare un pò insieme e noi naturalmente ne approfittiamo perché non capita molto spesso…ce lo consentono al massimo un paio di volte ogni secolo.
Guardi che poi non uso nessun “trucco” come lei ha detto. Non ne ho affatto bisogno ed opero alla luce del sole utilizzando i mezzi che usano tutti per farsi conoscere al grande pubblico, in primo luogo i giornali e la televisione, ed in questo periodo vengo invitata ad ogni programma che viene mandato in onda, dai Tg sino ai quiz ed i programmi più stupidi, che poi alla fine sono sempre i più seguiti. Confesso che, insieme ai miei fratelli, stiamo facendo gli straordinari per dividerci i compiti ma ci stiamo riuscendo alla grande.
Credo che il genere umano, al giorno d’oggi, sia composto da esseri di paglia e non temprati come quelli di una volta, per cui basta solo far scoccare una piccola scintilla al momento giusto nel posto giusto ed ecco che avete ottenuto un enorme incendio, difficile da domare. In fondo non devo neanche sforzarmi così tanto. Ricordo i tempi della peste nera del 1300…eh allora si che la gente aveva le palle…
D: “Quando è nata questa storia del coronavirus, vi aspettavate tutto questo successo?”
R: “Se devo essere sincera, assolutamente no. Come ho già detto, sono abituata ad agire in simbiosi con il genere umano quotidianamente fin da quando la vostra specie è apparsa sul pianeta e mi accorgo che vi sono determinate situazioni in cui la vostra risposta è sproporzionata al pericolo in atto.
Le porto un esempio; periodicamente viene sempre fuori qualche malato di mente con mille problemi che decide di farla finita magari lanciandosi con un camion su una folla di gente inerme. Ebbene, a me basta pronunciare la parola magica “terrorismo”, ed ecco che tutti mi spalancano la loro mente, smettono di ragionare, se la prendono con un nemico invisibile, ed il gioco è fatto. Ammetto che in questo genere di situazioni mi faccio aiutare da mia cugina Ira, ma l’effetto è sempre limitato geograficamente e nel tempo perché tutti pensano che quelle cose capitino sempre a qualcun altro e dopo qualche giorno di notorietà, a me già non pensano più.
Questa volta però, è stato grandioso! Qui si è messa in discussione la vita stessa, la vita di tutti indistintamente, e di fronte a quella paura ancestrale che è la morte, l’effetto è stato maestoso, oltre ogni aspettativa. Sono entrata come un pensiero fisso, come una colata di pece bollente che ha ricoperto il cuore di tutti. Sono riuscita a mettere contro intere famiglie, padri e madri che hanno rinunciato a vedere i loro figli e viceversa grazie a me, intere nazioni si lanciano accuse tremende di favorire interessi nazionali e addirittura zone geografiche di una stessa nazione, quindi fratelli contro altri fratelli che inveiscono ed insultano, sud contro nord, est contro ovest. Davvero incredibile!
Noto che, in questo clima che ho appena descritto, sono tornati a migliaia, e vanno di gran moda, i delatori, la categoria più meschina mai esistita tra le persone, che oggi invece fanno a gara per emergere. Notano magari qualcuno che sta andando a fare la spesa e pubblicano foto sui social con tanto di volto in modo che si scateni un seguito di odio ed insulti verso qualcuno che magari era in giro per ragioni valide. Era dai tempi del fascismo che non assistevo a questo fenomeno, solo che a quei tempi i delatori restavano nell’ombra per la vergogna, adesso sono fieri di esserlo.
D: “Crede che ci sia un aspetto positivo nel suo operato di questi giorni, oppure è tutto in chiave distruttiva?”
R: “Guardi, sulla base della mia millenaria esperienza, ogni circostanza non è mai soltanto negativa o solo positiva. E’ l’insegnamento che ne traete ed il senso che voi date ad un determinato evento che determina questa cosa.
Come ogni altra espressione dei vostri sentimenti più profondi, io sono una maestra di vita formidabile, quindi ci sono alcuni che traggono beneficio dai miei insegnamenti ed altri che invece dimostrano ogni volta di non aver capito niente. Dovreste fare come gli animali che, come ho detto all’inizio hanno capito fin da subito il mio insegnamento e si comportano di conseguenza.
Vi sto insegnando che certi valori che credevate fondamentali o quantomeno molto importanti sono futili ed insignificanti per la vostra vita, mentre altri che avete trascurato sono vitali.
Prendiamo l’esempio del calcio. Sino a ieri vi scannavate e siete arrivati in certe occasioni ad uccidervi l’un l’altro per difendere i colori di una maglia. Oggi, che anche il calcio è fermo, avete modo di capire quello che esso è veramente. Un circo inutile di gente inutile che non serve a nessuno, fatta eccezione per pochissime persone che lo governano al solo fine di guadagnare miliardi e miliardi alle spalle di poveracci che pagano quei miliardi di tasca loro per immedesimarsi in qualcosa di così vuoto, forse perché hanno dentro di loro un vuoto più vuoto di quello che credono di riempire con il tifo calcistico.
E lo stesso discorso potete applicarlo ad ogni settore ritenuto importante della vita sociale, come la politica e la religione. Io ho tolto il velo della menzogna su tutte le presunte certezze che avete. Il re è nudo, adesso riuscite a vederlo? Spero per voi che sia così, altrimenti sarò costretta a ritornare più duramente di quanto non stia facendo adesso.
D: “Ultima domanda in prospettiva futura. Che scenario si aspetta dopo questo suo passaggio trionfale? Che succederà dopo che si saranno spente le luci sulla ribalta di questa sua eccezionale performance?”
R: “Io so tutto sul passato ma nemmeno una come me è in grado di predire quale sarà il vostro futuro. Sulla base della mia secolare esperienza posso dire che dipende soltanto da voi e dalle lezioni che vi ho dato. Se saprete sfruttare questa incredibile occasione, come i vostri antenati sono stati in grade di fare dopo l’ultima guerra mondiale, allora ci sarà una nuova rinascita, potrete rivedere certi aspetti del sistema che non hanno funzionato e potrete apportare le modifiche necessarie. Inevitabilmente ognuno dovrà pagare un certo prezzo per rimettere in piedi le macerie di un intero sistema e, se sarete disposti ad accollarvi questo sforzo, allora in breve tempo ne sarete fuori. Ma se delegherete ancora una volta le decisioni che verranno a coloro che arriveranno presentandosi sotto le mentite spoglie dei salvatori, allora andrete ancora più a fondo, sino a perdere la vostra libertà ed altri diritti che sino ad oggi ritenevate di non poter mettere in discussione, e se questo succederà, sarà solo colpa vostra.
Se me lo consentite, resterò ancora un pò, quanto basta per completare la mia grande opera distruttiva, poi vi lascerò in pace per qualche altra decina d’anni, ma tornerò di sicuro perchè io sono voi…

Il maestro invisibile

L’errore più madornale che l’essere umano ha commesso nel corso della sua esistenza e che continua a reiterare ancora oggi in misura molto maggiore, è quello di essersi considerato la “specie eletta” del pianeta se non dell’intero Universo, unta da un dio che poi, nei momenti di maggiore necessità, è sempre da qualche altra parte e lascia i piccoli uomini a sbrigare i loro casini da soli.
Questa mania di protagonismo, con l’avanzare dei secoli, è diventata la vera pestilenza che, se non saremo in grado di arginare e guarire, ci sterminerà del tutto, specie se non saremo in grado di osservare i nostri limiti e la nostra piccolezza.
Abbiamo commesso l’imperdonabile errore di fare l’equazione “tecnologia = evoluzione e benessere” e, sotto certi aspetti, può essere anche vero.
Ma avere a casa un paio di elettrodomestici che rispondono ai nostri comandi vocali non fa di noi i signori dell’Universo.
Consideriamo gli animali esseri inferiori da sfruttare, i più compassionevoli ne fanno oggetti da compagnia che devono ubbidire, per non parlare delle piante ed addirittura consideriamo persino buona parte del nostro prossimo come risorsa da sfruttare e quindi ci sfruttiamo l’un l’altro.
Non siamo la “specie eletta”, siamo dei poveri imbecilli.
Abbiamo scoperto qualche legge dell’universo, è vero, ogni tanto qualche genio nasce tra gli imbecilli e toglie un sottile velo dall’infinita oscurità che ci avvolge.
Resta però ancora quasi tutto da scoprire ed in questi giorni, visto che in questo periodo c’è grande carenza di geni ed abbondanza di deficienti, ci ha fatto visita un grande maestro invisibile.
Viene da quella parte della natura che ancora non conosciamo e che invece siamo convinti di dominare ma è lui che in questi giorni sta dominando noi.
Gli abbiamo dato un nome regale, forse inconsciamente per riconoscergli questo ruolo ed è particolare, per chi conosce qualcosa di Kabbalah ebraica, che “corona” in ebraico si dica Keter, che è la Sephirah più alta dell’Albero della vita, il cuore dell’intera Kabbalah.
Keter è l’inconoscibile, ed infatti questo maestro è totalmente sconosciuto e ci sta spaventando, perchè noi, piccoli uomini, abbiamo il terrore dell’ignoto.
Credo che oggi saper “leggere” certi segnali possa servire per non avere quella paura, bensì per comprendere che questo “maestro invisibile” è come ogni maestro, severo con tutti quelli che dimostrano di non aver capito certe lezioni.
Con le vecchie scuole chiuse, vediamo di andare a scuola dal maestro Keter e cerchiamo di far tesoro di quello che ci sta insegnando.
Personalmente, ho capito che la Terra e tutte le sue risorse sono indispensabili per la nostra sopravvivenza, mentre la nostra specie, per il pianeta, è solo una grande rottura di maroni di cui farebbe forse volentieri a meno. La maggior parte delle persone sensibili al problema, giustamente ringrazia la Terra per tutto ciò che ci concede. Io, oggi, chiederei umilmente scusa a nome dei miei simili. Il nostro organismo dispone di anticorpi che attaccano certi agenti patogeni quando si fanno aggressivi, quindi perché la Terra, che è anch’essa un organismo vivente, non potrebbe disporre di un sistema analogo?
Ho imparato ad apprezzare il valore del tempo che ci è stato dato per riuscire a fare qualcosa di grande, di importante, prima che arrivi qualcosa di invisibile a spazzarci via tutti. Quel momento è ancora lontano dall’accadere ma questa esperienza dovrebbe insegnarci che non dovremmo accontentarci di una “piccola vita” standardizzata e sicura fatta di lavoro, stipendio, vacanze ad agosto, TV spazzatura, attesa della pensione e qualche risparmiuccio qua e là in vista di tempi più difficili, perchè non potremo mai sapere quanto “difficili” saranno quei tempi nè quando arriveranno, infatti, nella condizione attuale pensioni e risparmiucci servono a ben poco.
Bisogna a tutti i costi coltivare la fantasia, rincorrere i propri sogni, quelli veri, perchè quelli che vanno bene per tutti non potranno mai essere i vostri sogni.
Ho appreso il potere della paura, quella vera, e come questo terribile potere può distruggere le menti e le vite delle persone anche più forti ed intelligenti molto più di un banale virus. La paura nei singoli individui causa danni all’organismo ed è in grado di fare ammalare il corpo, la paura nelle masse distrugge economie e nazioni intere ed è più facile da instillare. Con la paura addosso le persone smettono di ragionare, di cercare i perchè di una situazione, convinti che quello capita sia opera del caso, di satana, dei pipistrelli, dei cinesi o di chissà chi. Se ci si fermasse a riflettere, mantenendo la mente lucida e funzionante si scoprirebbero un sacco di cose che vincerebbero la paura, perchè niente accade per caso, neanche questo virus.
Ho imparato che la gente non impara mai. Se le viene data forzosamente la possibilità di fermarsi a riflettere, a cercare di capire, a meditare, a leggere un buon libro, o a stare un pò di più in compagnia di coloro che affermano di amare, dopo un paio di giorni gli sembra di impazzire perchè persino quella routine di lavoro noioso ed aperitivi sempre uguali a parlare sempre delle stesse cose con le stesse persone gli manca, perchè è diventata la loro miserabile droga.
Ho imparato che siamo tutti sulla stessa barca e non criticherò mai più l’operato di nessuno, perchè ognuno di noi, a volte, si trova a dover affrontare situazioni difficili ed inaspettate e stare sul divano o in un bar a bere un drink dicendo “si poteva fare questo o quello e non sarebbe successo” è troppo facile e poco intelligente. Ci sentivamo superiori ad altri popoli per cultura, tradizioni, possibilità economiche, colore della pelle o diversa religione ed ecco che il maestro invisibile ha dimostrato che loro sono uguali a noi se non superiori in un momento di bisogno che noi non sappiamo affrontare e loro invece si.
Ne deriva che i confini che noi uomini abbiamo disegnato a matita sulle mappe geografiche in realtà non esistono perchè la stupidità non ha confini, qualunque idioma si parli. Nessuno è migliore di qualche altro, ma solo diverso e la diversità è una risorsa che va capita, apprezzata e valorizzata.
Ho imparato che persino nei momenti più difficili la solidarietà resta sempre insufficiente, perchè non ci si mette mai nelle vesti degli altri per sforzarsi di provare a capire una realtà diversa dalla nostra. Certo non mancano atti di aiuto disinteressato verso chi è più in difficoltà, ma voglio vedere se questa esperienza insegnerà davvero qualcosa sul punto oppure sarà come a Natale, quando tutti sono più buoni per un paio di giorni e dopo tornano a fare gli egoisti di sempre. Per non parlare di quelli che, malgrado il momento difficile dei più deboli, approfittano della situazione come sciacalli a caccia di visibilità e fama scrivendo libri e sgomitando per apparire in programmi televisivi per dimostrare che bisogna seguire soltanto loro che sono i veri specialisti del settore. Peccato che anche tra loro non c’è intesa e si contraddicono l’un l’altro.
Ho imparato ad avere più fiducia in me stesso, a fidarmi delle mie sensazioni profonde che non sono mie e che hanno generato una promessa di affetto nei confronti di tutti che spero di essere in grado di mantenere per il resto della mia vita.
Ho capito che tutti parlano senza sapere ma c’è sicuramente qualcuno che sa senza parlare e questo proprio non lo digerisco.
In conclusione, non so se ho capito qualcosa di tutta questa situazione, di sicuro ho capito di essere diventato una persona migliore.

Il campo vuoto

Il vuoto, che concettualmente rischia di essere scambiato per il puro nulla, nei fatti è il serbatoio di infinite possibilità (Daisetsu T. Suzuki)

Mi ha molto colpito che una delle parole più utilizzate nel nostro linguaggio comune sia praticamente un sinonimo di “Dio” senza che nessuno lo sappia.
Mi riferisco al concetto di “vuoto” che nella comune accezione sta a significare l’assenza di qualcosa in uno spazio definito.
Però, se ci riflettiamo un attimo, ci rendiamo subito conto che il concetto di vuoto, almeno qui sulla Terra, non può esistere. Se ho davanti a me un bicchiere vuoto, potrà esserlo di acqua o di qualunque altro liquido, ma sarà comunque pieno d’aria.
Già Aristotele, 2500 anni fa, affermava “natura abhorret a vacuo”, la natura rifugge il vuoto, su cui si basò la conseguente dottrina filosofica e psicologica dell’horror vacui, il terrore del vuoto.
Ma oggi, con le attuali cognizioni di fisica quantistica possiamo davvero scoprire se questo fantomatico concetto esiste davvero?
Lasciamo per un attimo il nostro pianeta con l’immaginazione e spingiamoci lontano nello spazio. Nel buio profondo dell’immensità galattica aria non c’è e nemmeno luce ma sappiamo che esso è pieno di particelle che fluttuano e che sono state scoperte poco alla volta con il passare degli anni.
Ma allora un vuoto assoluto, in cui nulla esiste è davvero possibile?
L’argomento è oggetto delle dispute più accanite da parte di scienziati e filosofi, anche perchè, se si va a fondo, si arriva a conclusioni anche inquietanti.
Oggi disponiamo di tecniche che ci consentono di “frantumare” la materia nelle sue componenti più infinitesimali, siamo arrivati ai quark, di cui sono composti i nuclei atomici ma di cosa siano fatti i quark, ad oggi, ancora non siamo in grado di scoprirlo. L’ipotesi più accreditata è quella che, come una perfetta circonferenza, ci porta dal concetto di vuoto al concetto che quest’ultimo è pieno di qualcosa…un “campo”, così lo hanno definito gli scienziati, da cui prendono forma tutte le particelle di cui è costituita la realtà che conosciamo.
Il vuoto dunque non esiste, esiste certamente questo misterioso campo, detto campo quantistico, che è l’entità fisica fondamentale. Un mezzo continuo, presente ovunque nello spazio, da cui si originano tutte le cose, anzi, per meglio dire, il campo è lo spazio stesso. Ogni particella, noi compresi, sarebbe quindi la “condensazione” locale di questo campo, semplici condensazioni di energia che vanno e vengono, si creano dal campo ed in esso alla fine si dissolvono, una specie di mare, mosso in alcuni punti, e più calmo in altri, da cui vanno e vengono onde più o meno alte che alla fine si riuniscono a quel mare che le ha generate.
Altra cosa stupefacente è il fatto che questo campo è certamente intelligente, visto cosa è riuscito a creare in tutto l’universo ed il solo pensarci fa girare la testa. Un campo intelligente, un vuoto creativo, da cui tutto nasce ed in cui tutto torna…stai a vedere che quello che comunemente chiamiamo Dio non è alla fine quel campo quantistico?
Nel lontano 1200 un poeta mistico sufi dal genio incommensurabile, Rumi, disse: “Ben oltre le idee di giusto e di sbagliato c’è un campo. Ti aspetterò laggiù”. Gli illuminati sanno cose che la gente comune non sa. Lui era un illuminato e probabilmente era proprio al campo quantistico che si riferiva…

Aiuto! Nessuno mi ascolta?

L’incomunicabilità è la più terribile delle solitudini (F. Nietzche)

Il più grande problema, al giorno d’oggi, è che la gente ha preso un sacco di cattive abitudini e ne ha perdute altrettante di buone. Quelle cattive sono sotto gli occhi di tutti ed è inutile elencarle, ma possiamo individuare quelle buone, prima fra tutte, il dono di “ascoltare”. Le persone non ascoltano più, non ne sono più capaci. Ascoltare cosa l’altro ha da dirci è la capacità di venirsi incontro, di superare barriere ed ostacoli che ormai hanno frantumato l’intera umanità. Ormai, ascoltare senza interrompere è diventata un’esclusiva dei sacerdoti nei confessionali. Preferiamo essere sempre protagonisti, interrompiamo spesso l’interlocutore perchè siamo rosi dalla brama di dire la nostra, e quelle volte che la civile educazione prevale, non vediamo l’ora che finisca per poter finalmente esprimerci. Abbiamo dimenticato che, in un dialogo, il fattore più importante non è dire la nostra, quella la conosciamo già, bensì ascoltare il punto di vista dell’altro perchè potrebbe avere molto da insegnarci. Invece si litiga, si urla, si urla più forte di chi urla, come se l’urlare equivalesse ad avere ragione. Ragione di che, poi? Igor Sibaldi, un filosofo e filologo italiano afferma sempre che “nella vita o hai ragione o sei felice”. Quando si vedono due persone dialogare accade spessissimo che, una volta che uno ha finito, l’altro risponde in modo vago e cambia argomento, come se non avesse ascoltato nulla, ed infatti è esattamente quello che è accaduto. Questo succede ovunque, tra partner, tra genitori e figli, tra colleghi di lavoro, tra amici. Tutti sentono ma non ascoltano più, e se lo fanno è soltanto per brevissimi attimi. Forse sono immersi nei loro pensieri, fatto sta che in un dialogo mettono in funzione solo le orecchie e non il cervello. “In principio era il Verbo”…sono queste le parole con cui inizia il vangelo di Giovanni. “Infine nessuno lo ascoltò più” avrebbe aggiunto se fosse vissuto ai tempi di oggi. L’uso della parola ormai è smodato ed usato a sproposito, si apre la bocca tanto per parlare, per mettersi in mostra, spesso senza avere la consapevolezza di ciò che si dice. Di parlatori è pieno il mondo, ma c’è grande carenza di ascoltatori, perchè nessuno lo fa più. Il disastro di questa società è appunto il fatto che ci sono troppe parole per poche menti/orecchie e così non vi può essere comunicazione. Perchè interrompiamo l’altro per dire la nostra se l’altro poi non ascolta e fa la stessa cosa con noi? Non vi sembra un dialogo tra imbecilli? Potrebbe essere questa la causa del fallimento planetario del rapporto di coppia? O del disastroso rapporto odierno tra genitori e figli? Forse non è l’unica ma credo che sia tra le prime. L’ego di ognuno di noi è completamente cieco e sordo, si rifiuta di ascoltare per paura che il Se possa risvegliarsi e trovare qualcosa di vero nelle affermazioni di chi ci sta di fronte e così cambiare. Il cambiamento è sempre il nemico n.1 per l’ego, cambiare significa evolversi e l’ego non vuole correre questo rischio. E’ paradossale che in un’epoca di comunicazione globale non si ascolti più. Tutti sono convinti di avere una risposta a tutto, si irrigidiscono nelle loro convinzioni (che poi non sono mai davvero le loro) e non gli interessa conoscere altri punti di vista o prendere in considerazione altre informazioni. Ecco perchè non ascoltano. Sono convinti di essere detentori della “ragione” e se quello che l’altro dice è in contrasto con le sue convinzioni allora non conta nulla. Il risultato di tutto questo? Incomunicabilità. Tu parli, io non ascolto, poi parlo io ma non ascolti tu. Quello che chiamiamo dialogo, in realtà è la somma di due monologhi paralleli che, come le rotaie di un treno, non si incontreranno mai. Proviamo ad invertire questa tendenza, impariamo ad ascoltare anche chi sembra non abbia nulla di interessante da dire; nella peggiore delle ipotesi resteremo con le nostre conoscenze ed opinioni immutate, risultato che, peraltro, è quello che oggi succede sempre. Ma potremmo anche ricevere sensazioni ed informazioni nuove, che ci spingono a riflettere e forse cambiare, perchè gli altri sono il nostro specchio e, se qualcuno ci parla, probabilmente l’Universo ha qualcosa di importante da dirci, quindi ascoltiamolo. Riprendere l’abitudine di “ascoltare” gli altri è uno dei pilastri di tutte le discipline presenti in the Ark lab https://www.thearklab.net/, perchè senza un vero ascolto non può esistere nessun apprendimento…

Alimentazione e controllo delle masse

Non si può dire certamente che le cose vadano benissimo su questo pianeta al giorno d’oggi. I principali fattori sono quelli che tutti conosciamo: inquinamento, modificazione delle temperature, megalopoli insostenibili, ecc.
Inoltre la salute (mentale e fisica) della popolazione sta sempre più precipitando, col paradossale risultato che l’aumento vertiginoso ed esponenziale della popolazione mondiale sta trasformando la Terra in un gigantesco ospedale planetario, con estremo piacere delle oligarchie industriali dei colossi farmaceutici.
Le masse non sono mai libere, e mai lo sono state. Inoltre, se chiedete a qualcuno se lui fa parte della “massa”, costui negherà categoricamente, affermando che “la massa sono gli altri”, buffo, no?
Ma se alla fine di questo “processo di controllo delle masse” ci sono le sopracitate multinazionali del farmaco chimico, spesso un pò nell’ombra e vituperate, ed a cui ci si rivolge controvoglia in caso di evidente necessità, all’inizio di questo stesso processo vi sono altrettanto potenti colossi multinazionali che invece sono osannati e ricercati da tutti per assecondare il nostro vizio capitale preferito: la gola.
Sto parlando delle grandi industrie di produzione e distribuzione alimentare.
Se non ne siete a conoscenza, sappiate che sono davvero pochissime le aziende alimentari che detengono questo spaventoso mercato; lo fanno con centinaia e centinaia di marchi in tutto il mondo ma che sempre a loro fanno capo. Si stima che una decina di aziende controlli oltre il 70% del cibo mondiale.
Pochi giganti in testa e pochi giganti in coda ed in mezzo noi, un oceano di pecore che arricchiscono testa e coda inconsapevoli di essere carne da macello per un processo che quegli stessi giganti hanno creato a tavolino per accrescere il loro potere, perchè a loro serve una popolazione numerosa, nutrita con sostanze che fanno ammalare, per poi farci rivolgere a coloro che ci curano con sostanze altrettanto velenose che sopprimono soltanto i sintomi di un corpo che stava solo cercando di “avvertirci” che lo stavamo nutrendo male. Alcuni guariscono, ed ignari della lezione, ritornano stupidamente a fare il giro e a rimangiare merda, fino a quando il corpo, stanco dell’ottusità del suo “padrone”, non lo abbandona definitivamente. Game over.
La sottomissione delle masse passa attraverso due strade fondamentali, note sin dai tempi dell’impero romano: “panem et circenses”
1) La seconda (circenses) su cui non intendo dilungarmi, è quella psicologica del “lavaggio del cervello” operato dalle istituzioni al potere. Tutti i media, televisione in primis, sono la longa manus del potere politico ed ecclesiastico che ha tutto l’interesse a governare una massa di stupidi, incapaci di farsi idee proprie ed a cui conviene adottarle già confezionate perchè non impegna. Per tenerli occupati si fornisce loro un bel lavoro stressante che li massacra tutto il giorno così non pensano, ed alla sera una bella partita di calcio o un bel festival di demenziali canzoncine o, meglio ancora, un programma che enfatizza le altrui disgrazie, il tutto condito da un buon TG che sforna disastri e sciagure per mezz’ora di fila.
2) La prima (panem) è quella più subdola, meno apparente ma, sotto certi aspetti, ancor più pericolosa della prima: le regole alimentari ed il cibo in generale.
Cibo e potere sono sempre andati a braccetto, e sull’aspetto di controllo economico e delle norme culinarie e religiose non mi soffermo, mentre voglio analizzare il cibo nella sua composizione di base e nei suoi aspetti sempre più elaborati. Ma voglio farlo sotto un punto di vista che in pochi prendono in considerazione. Affermare che la qualità del cibo, al giorno d’oggi, è un incubo velenifero è come sparare sulla croce rossa, quindi non sto parlando nè di quantità nè di qualità alimentare, su cui stiamo commettendo errori madornali, bensì mi interessa proprio l’aspetto più subdolo della vicenda, l’alimentazione come controllo delle masse.
In moltissimi crederanno che sia impossibile una cosa del genere ma invece è quello che sta accadendo e faccio solo alcune riflessioni in merito, ma ci sarebbero da scrivere migliaia di pagine.
Tutti i cibi precotti e confezionati, di naturale hanno davvero ben poco. Nei gelati alla frutta di frutta non c’è neanche l’ombra, il valore nutritivo delle bevande più vendute al mondo è nullo, le percentuali di prodotto base, insomma, sono pressochè pari a zero e quindi resta da chiedersi qual’è la funzione del cibo per nutrirsi oggi se il cibo non c’è più? Additivi, addensanti, coloranti, edulcoranti, tutte sostanze chimiche che nutrono gli occhi in primis e poi la sensazione di gusto all’atto del metterlo in bocca. Di quello che accade dopo ai nostri organi, pare non ce ne freghi una mazza. Chi ha queste abitudini alimentari si sta avvelenando inesorabilmente poco alla volta ed il bello che questo lo sa benissimo. Chi beve coca cola, mangia da McDonald’s, compra panettoni e colombe al supermercato, mangia gelati, beve cappuccino e mangia cornetto tutti i giorni, oltre a fare grigliate di carne ogni giorno (o quasi), appaga un gusto che lo ha reso schiavo e di cui non si rende conto di non poter più farne a meno. Sanno che stanno ingurgitando veleni ma fanno come la cicala e continuano perchè ne sono dipendenti, ormai non possono più farne a meno e si stupiscono poi se gli vengono diagnosticati mali incurabili.
Anche se non siete frequentatori abitudinari di McDonald’s, provate a mangiare per un mese solo frutta e verdura. Se siete abituati a mangiare di tutto e siete anche gourmet a cui piace la cucina stellata, provate a privarvi di tutto.
Altro che tossicodipendenti…vi prenderà una crisi di astinenza folle che vi impedirà di proseguire in quell’abitudine che potrebbe non solo salvarvi la vita ma riempirvi di energia e benessere come non lo avete mai provato in vita vostra.
Lasciate perdere i seminari di automiglioramento, lo yoga, la meditazione, e tutta la più o meno valida new age. Se andate ad un seminario sullo yoga e all’uscita vi fate una pizza con la salsiccia, evitate il seminario e restate a casa a guardare la D’Urso, è più in sintonia col vostro essere.
Sono convinto che il modo di alimentarsi delinea la maturità “spirituale” di una persona. Inizia tutto da lì.
ma ormai il “sistema” ha messo le mani su questa abitudine fondamentale, ha creato miliardi di tossici che non possono più fare a meno della “dose” che gli propinano i grandi spacciatori del cibo, ed ecco che le povere pecore sono pronte per essere tosate dall’altro polo del sistema, quello farmaceutico-sanitario.
Siamo ancora in tempo per salvarci, tutti!. Uscite da questo schema, rompete questo circolo vizioso e fate crollare quel gigantesco campo di concentramento senza sbarre che è diventato il pianeta…in questo caso il portone è spalancato, dovete solo uscire da quella prigione senza la possibilità che nessuno vi spari…

Facebook people

Se ci fate caso, ognuno, sul social per antonomasia, ha un suo stile, come è normale che sia del resto, allo stesso modo come lo si ha nel vestire, nel parlare e nelle abitudini e gusti della vita di ogni giorno.
L’approccio ai profili altrui si può suddividere in due categorie: quelli che abitualmente, come passatempo preferito, si fanno i cazzi degli altri (quasi la totalità) e quelli invece che vanno oltre l’apparenza del postato per cercare di capire meglio il carattere e la personalità di chi frequenta, virtualmente o nella vita di tutti i giorni.
E’ chiaro che la prima categoria di persone si fermerà a discutere sull’abito indossato da “quella”, mettendo un bel “like” e commentando “stai benissimo tesoro” mentre in realtà pensa (e magari scrive a qualcun altro) “ma non si vergogna? con quei leggins sembra una mortadella, ndo cazzo va?”. E così via sui giudizi di case (“mamma mia che cafonata quel divano!”), fidanzate/i (“ma con che cesso si è messa/o?”), viaggi (“figurati…la crociera l’avrà vinta coi punti dell’Esselunga”), e chi più ne ha più ne metta.
La seconda categoria, quella dei veri “studiosi” social, va invece oltre la mera apparenza dei post presi singolarmente e si concentra su una visione di insieme, guardando da un’ottica più elevata che può fornire una incredibile mole di informazioni sul carattere e la personalità di chi posta. Chissenefrega se ha la camicia macchiata nella foto profilo o il divano a fiori viola e verdi a casa.
Le persone postano le foto che ritengono migliori e scrivono ogni genialata che gli viene in mente, credendo di mostrare il loro lato migliore senza accorgersi che nel complesso, caratterialmente, si mettono più a nudo di una pornostar al lavoro. E se inizi a ragionare così, chiudi il profilo e ti rifugi sulla luna. Per la fortuna di Facebook non lo fa nessuno…
Passando ad una categorizzazione molto generale dei tipi social, ecco che spiccano su tutte, alcune categorie:
1) L’INDIGNATO
Questa comunissima specie facebookiana si suddivide a sua volta in due sottocategorie:
– l’indignato sociopolitico: è quello che se la prende puntualmente con il governo di turno, coi politici di tutto il mondo, coi migranti, con i cacciatori, con la moda, con fantomatici terroristi, con le scie chimiche, con le meduse, con i terratondisti, con i preti pedofili, insomma con tutto quello che non va come dice lui, postando, a fondamento delle sue invettive, sondaggi, citazioni e filmati che certe volte sono bufale così evidenti che farebbero sorridere anche un bambino, ma lui non se ne accorge nemmeno, e posta senza ritegno aggiungendo commenti incazzati del tipo “basta! Questa situazione deve finire…ognuno a casa sua! Bastardi! Ladri! Il presidente tizio vada a schiacciare i ricci col culo, il governatore caio deve andare in esilio a Tripoli, ci stanno manovrando gli alieni, mio fratello è figlio unico, ecc, ecc”. E la cosa peggiore è quella che si trascina dietro una mandria di commentatori che lo appoggiano pure.
– L’indignato sportivo: qui si creano di solito due grandi blocchi: gli juventini e gli antijuventini. E giù fotoframe di VAR, commenti tecnici degni del peggior Bergomi fumato, rosicate di qua, godo di la, CR7 contro H2O, abbiamo preso Abedì Pobà dal Castrocaro terme, il Pippita è ingrassato come un bue ma la mette dentro e la moglie di quello ha le tette più grosse della fidanzata di quell’altro. E così si va avanti all’infinito perchè nessuno cambia idea (come se queste prese di posizione sul nulla cosmico si potessero chiamare idee) e l’unico risultato è quello di una devastazione cerebrale che non conosce confini nè colori.
2) L’AFORISMICO
Anche questa è tra le categorie più comuni su FB, laddove si cerca di far passare per prodotti del proprio pensiero frasi dette magari secoli fa da menti illustri che, per questa ragione, si rivoltano nella tomba. Alcuni onesti temerari hanno il coraggio di aggiungere le tre lettere magiche “cit” perchè sanno che non è farina del loro sacco ma neanche sanno chi cazzo è che l’ha detta, perchè magari Stendhal gli sembra il nome del centravanti della Norvegia.
3) IL/LA SELFISTA
Altra categoria inflazionata sui social (in generale tra i più giovani) e quindi anche su FB è quella di chi si ostina a pubblicare compulsivamente autoscatti fatti con o senza bastone. Al contrario della tipologia del “fotografo” in missione, che ammorba la sua pagina con tonnellate di giga di eventi tra i più disparati quali compleanni della nonna o vacanze a Sharm di cui non frega un cazzo a nessuno, il selfista gira con il cellulare sempre in mano ed ogni tanto lo vedi che inizia ad avere tremori alla mano, sbatte un pò le palpebre, mette la bocca a culo di gallina, atteggia uno sguardo da triglia lessa e parte con una raffica di scatti che nemmeno Rambo col mitra e decine di bandoliere di proiettili riusciva ad eguagliare. La location non conta nulla, quando parte l’embolo il selfista deve scattare. Il numero minimo di scatti è sul centinaio, poi deve guardarli tutti attentamente per decidere quale postare, che è sempre quello che lui/lei ritiene il migliore e non è affatto detto che lo sia davvero.
Lo sguardo selfoso nelle foto che appestano FB è sempre uguale e puoi essere anche Brad Pitt o Charlize Teron, ma l’aria da ebete si nota lontano un miglio.
4) LA ROMANTICA
Categoria comunissima nella popolazione femminile di FB, stracolma di vittime di guerre d’amore che sembra di essere al cimitero Monumentale, dove è possibile leggere epitaffi graffianti nei confronti dell’infame passato e dichiarazioni ottimistiche sull’imminente futuro. A chi è “andato via” si dedicano velate maledizioni degne del peggior Darth Vader di guerre stellari ma, in una contraddizione parossistica, si tende una mano e si lascia comunque la porta aperta al prossimo malcapitato di turno perchè le condizioni poste sono peggio delle clausole di un contratto capestro: “deve amarmi, capirmi, seguirmi, far la penitenza, far la riverenza…” e lo scrivono pure! poi si lamentano che non riescono a trovare nessuno e postano foto nude su Tinder.
5) LO/A CHEF
Non importa se vai a mangiare da McDonald o da Cracco, il facebookkiano chef posta foto di quello che si magna persino se ha aperto una scatoletta di tonno a casa da solo. Con i filtri delle app e sagaci inquadrature, riesce miracolosamente a far apparire la miserabile scatoletta come un piatto gourmet preparato a Masterchef definendolo “stasera filetti di tonno pinne gialle su letto di rucola con contorno di fagioli cannellini e misticanza orientale”. Il socialchef posta foto dell’ingresso del ristorante anche se si tratta della pizzeria kebab “Er zozzone”, i più infidi rubano foto dal web e postano trionfi di astici ed aragoste facendo credere che stanno ingozzandosi di cibi raffinati quando invece sono al cinese sotto casa avvelenandosi con il menu “all you can eat” a 10 euro.
6) IL CALENDARIO UMANO
Facebook, si sa, nasce come social laico e quindi, almeno per coloro che sono stati onesti sulla data del compleanno, ricorda ai suoi iscritti di fare gli auguri a tizio o a caio “rendendo la sua giornata indimenticabile”. Ora, prescindendo dal fatto che questa cosa spinge chiunque a fare auguri anche se non ci si saluta per strada perchè avete accettato amicizie tanto per fare numero ma poi vi chiedete: “Ma questo/a chi cazzo è?”. Ricevere gli auguri da un semisconosciuto non mi rende certo la giornata indimenticabile, piuttosto non me ne frega un cazzo, anzi devo anche perdere tempo a rispondergli.
Ma ecco che il novello frate indovino iscritto a FB, ogni mattina posta su sfondo rosa shocking gli auguri di onomastico a chi si chiama come il santo del giorno. Che, fino a quando si parla di Franceschi o di Paoli si può anche perdonare, ma cosa cazzo fai gli auguri a “tutte le Ermengarde” o a “tutti gli Elpidi” di Facebook?
7) IL GIOCHERELLONE
E’ risaputo che Facebook sforna in continuazione una serie di giochini talmente demenziali che si fa fatica a pensare che qualcuno ci possa perdere anche un solo minuto della vita. Ed ecco che puoi “scoprire” chi eri nella vita precedente, che attore di Hollywood saresti, come sarà il tuo futuro, come ti chiamavi nell’antica Roma, che divinità dell’Olimpo sei stato, sino ad arrivare a che animale saresti…ecco su quest’ultimo test conosco già tutte le risposte, che poi è una sola: l’asino. Capisco che quasi nessuno prende sul serio queste cose ma davvero non avete di meglio da fare?
Per ora mi fermo qui ma l’elenco potrebbe continuare…stay tuned…

Effetto Barnum

« Hai molto bisogno che gli altri ti apprezzino e ti stimino eppure hai una tendenza a essere critico nei confronti di te stesso. Pur avendo alcune debolezze nel carattere, sei generalmente in grado di porvi rimedio. Hai molte capacità inutilizzate che non hai volto a tuo vantaggio. Disciplinato e controllato all’esterno, tendi a essere preoccupato e insicuro dentro di te. A volte dubiti seriamente di aver preso la giusta decisione o di aver fatto la cosa giusta. Preferisci una certa dose di cambiamento e varietà e ti senti insoddisfatto se obbligato a restrizioni e limitazioni. Ti vanti di essere indipendente nelle tue idee e di non accettare le opinioni degli altri senza una prova che ti soddisfi. Ma hai scoperto che è imprudente essere troppo sinceri nel rivelarsi agli altri. A volte sei estroverso, affabile, socievole, mentre altre volte sei introverso, diffidente e riservato. Alcune delle tue aspirazioni tendono a essere davvero irrealistiche. La sicurezza è uno degli obiettivi principali della tua vita. »
Che ne pensate? Potreste affermare che questo profilo psicologico si adatti a voi? Con molta probabilità risponderete di si, ma questa è una delle riprove di come siamo facilmente manovrabili da chi gestisce certe tecniche, e mi sto riferendo a politici, pubblicitari, venditori, manager o chiunque, nella vita privata, voglia influenzare le vostre scelte.
Si chiama “effetto Forer” o “effetto Barnum”, dai due personaggi che si contendono la sua scoperta. L’ultimo è il fondatore dell’omonimo circo, il quale, molto cinicamente, asseriva che “ogni minuto, sulla terra nasce un pollo. Non è importante quello che vendi, ma come lo vendi ed è quello che richiama i polli”.
Bertram R. Forer è stato invece uno psicologo americano il quale, dopo aver finto di approfondire la conoscenza dei suoi studenti con questionari e colloqui, sottopose loro il profilo che avete letto all’inizio, chiedendo di esprimere con un punteggio da 1 a 5 quanto rispondente fosse la descrizione. La media delle risposte fu 4,2. Quando Forer confessò agli studenti che tutti avevano ricevuto lo stesso profilo non ci potevano credere.
In quelle poche righe è racchiusa una serie di tecniche per indurre un soggetto a convincersi della bontà delle motivazioni e della “sensibilità” dell’interlocutore che risulta così persona profonda ed affidabile.
Pensateci quando qualcuno vorrà vendervi qualcosa, convincervi a votare questo o quello o semplicemente indurvi a compiere o non compiere determinate azioni.
La vita quotidiana è disseminata di trappole e, spesso, siamo stati fregati anche quando abbiamo pensato di avere fatto le nostre scelte liberamente…ah un’ultima cosa, anche se a molti darò una delusione…tutti gli oroscopi sono basati sull’effetto Barnum.

Antimateria

Ormai avrete capito che la fisica mi appassiona, quindi vi “ammorbo” con un altro grande mistero con cui gli scienziati oggi non riescono a raccapezzarsi.
La mia passione per questa astrusa materia deriva dal fatto che le sue leggi, comprese solo in minima parte, ma quasi tutte ancora nascoste, abbiano una profonda influenza sulla nostra vita, sia biologica, sia, soprattutto spirituale, perché filosofia e religione si pongono domande (a cui non sanno minimamente rispondere), ma quelle risposte devono esserci da qualche parte perché sono convinto che se sei in grado di pensare una domanda, da qualche parte deve esserci la risposta corrispondente, altrimenti la domanda neanche si porrebbe.
Ebbene, io credo che quelle risposte siano nelle leggi fisiche, in tutti quei misteri che la nostra limitata mente non riesce a spiegare.
Uno di questi è legato alla comprovata esistenza del fenomeno dell’antimateria.
Cerco di spiegare brevemente di che si tratta. Tutto il mondo che conosciamo e di cui facciamo parte, compresi i nostri corpi, è fatto di materia, cioè di atomi che hanno particelle con una determinata carica elettrica: positiva i protoni, negativa gli elettroni (i neutroni non contano, perché come dice il loro stesso nome, sono “neutri”, cioè non hanno carica elettrica).
Ma esistono particelle “opposte” che hanno carica elettrica contraria, quindi elettroni con carica positiva (positroni) e protoni con carica negativa (antiprotoni). Lo sappiamo perché usiamo queste particelle quotidianamente in alcuni ambiti, specie quello medico, laddove esiste un esame diagnostico che si chiama PET, cioè tomografia ad emissione di positroni che è importantissima per la diagnosi di molte malattie.
Creare antimateria stabilmente però è difficilissimo, se non quasi impossibile, perché quando una particella di una certa carica viene in contatto con quella di carica opposta si “annichila”, cioè si distruggono a vicenda liberando una quantità enorme di energia. Ricordate il film (o il libro) “Angeli e demoni” di Dan Brown? Si parla di un ordigno esplosivo (ipotetico) a base di antimateria che, con una quantità infinitesimale di questa sostanza, sarebbe in grado di distruggere un’area vastissima.
L’antimateria è una realtà ma è l’esatto opposto alla nostra.
Dopo il Big Bang e la nascita dell’Universo si sarebbe prodotta una quantità uguale di materia e di antimateria che, per la legge suddetta, avrebbe dovuto distruggersi ed annullarsi.
Così non è stato, e, per qualche misteriosa ragione, la materia, così come la conosciamo, ha avuto il sopravvento, per cui il mondo conosciuto è fatto solo di materia, mentre l’antimateria è scomparsa dalla scena. Almeno dalla scena che conosciamo.
E se così non fosse? Se l’antimateria fosse ancora presente da qualche altra parte nell’Universo?
Alcuni scienziati affermano che, da qualche parte nell’Universo infinito, l’antimateria abbia sviluppato una realtà uguale ed opposta alla nostra, di modo che esisterebbe un pianeta Terra (antiterra) con una realtà speculare, per cui potrebbe esserci qui un “me” di materia ed un “me”, da qualche altra parte, di antimateria. Se ci incontrassimo ci distruggeremmo a vicenda. Ma, in fondo, non è quello che molti di noi fanno già in questa realtà, cioè distruggersi?
Il tutto si intreccia con la teoria degli universi paralleli, ma mi fermo qui per non incasinare troppo le cose e diventare noioso…

Una ricetta per Sanremo

Venghino siore e siori, nella povera Italia sta per andare in scena lo spettacolo più miserevole dell’anno… la demenza più clamorosa che forse si contende il posto solo con l’orrore cerebrale di Miss Italia, per mandare in onda quel “panem et circenses” che tanto piace ai nostri governanti per rendere ancora più stupidi i suoi già lesionati cittadini.
Ricetta per una appetitosa trasmissione ammazzaneuroni: Prendi un presentatore mediamente belloccio ed abbronzato, che abbia una discreta cognizione della lingua italiana ed una lingua avvezza alle leccate deretane della corrente di governo dominante; dagli una milionata di Euro e lui ti rimbocca le coperte, ti porta fuori il cane a pisciare ed invita anche a cena tua suocera se serve. Mescola bene il suddetto presentatore con un paio di fighe avvolte nel domopak di abiti scollati con protesi siliconate bene in evidenza, sorriso ebete e magari scarsa conoscenza della lingua italiana per aggiungere quella manciata di riso che da sapore al piatto. Meglio se una è esotico/straniera che fa gaffes a raffica per far ridere gli ebeti spettatori (in questo caso è indispensabile un gran bel culo altrimenti non ride nessuno).
Una volta miscelati questi ingredienti, dosare con attenzione quattro o cinque ospiti internazionali molto costosi, che so, attori di Hollywood che non sanno neanche dove sono e che cazzo devono fare ma sono lì e tanto basta per guarnire e dare sapore al piatto.
A questo punto aggiungere un comico attore di successo che recita, sbraita, canta, dice volgarità, si arrampica dappertutto , si cala i pantaloni e trasmette la sua felicità agli ebeti spettatori canonepaganti perchè lui si è fottuto una mezza milionata di euro per un quarto d’ora (soldi loro) e li ha presi per il culo (ci credo che se la ride).
Dosare in parti uguali una dose abbondante di cantanti, tra adolescenti perfetti sconosciuti, tatuati in faccia, orfani e mezzi drogati che si giocano una roulette russa alla Highlander (ne resterà soltanto uno, gli altri torneranno a cantare nelle bettole di quartiere o al festival dell’unità) e semidisperati che non calcano i palcoscenici dai tempi di “grazie dei fior” di Nilla Pizzi che rivedi imbalsamati con improbabili parrucchini multicolori e credi abbiano fatto un patto col diavolo.
A questo punto è indispensabile, per la riuscita perfetta del piatto, un autore, cantante, attore o qualunque cosa va bene purchè sia polemico ed incazzoso che se la prenda con Trump, con l’Isis, col terremoto, con Maga Magò, con i precari o con le Poste. L’importante è che dia quel tocco di piccante che risvegli il culo sopito degli addormentati spettatori affinchè falsamente si indignino, magari donando un euro col cellulare alle vittime del terremoto e sono tutti contenti e più buoni. Quel tocco social-falso che è indispensabile per una trasmissione del cazzo che si rispetti.
Da non trascurare, la possibilità di far sentire “importante” il pubblico ebete, dando la possibilità di effettuare il voto da casa, spendendo una decina di euro di telefonata per dare una preferenza che non verrà tenuta in alcun conto per la gioia delle compagnie telefoniche e delle case discografiche che tanto hanno già deciso chi vince, alla faccia dei coglioni che guardano la trasmissione.
Lasciate cuocere in TV per quattro giorni a canale fisso, mettetevi a 90 gradi ed ecco che al sabato notte avrete un piatto che non dimenticherete perchè vi ha rubato sogni, soldi e tempo che avreste potuto impiegare magari leggendo un buon libro, andando a cena con chi amate o dedicarvi alla vostra famiglia… anche le carezze al cane vanno benissimo.

Non mi piace

Sanno come prenderci. La frase finale di un notissimo film, L’avvocato del diavolo, fa dire proprio a quest’ultimo che il suo peccato preferito degli umani è la vanità. La diabolica tecnologia ha subito preso al volo l’autorevole consiglio ed ha creato il “like”, il “mi piace”, per dirla all’italiana, per spronare i deboli peccatori umani a ricercare quella vanità che è diventata più importante di ogni altro sentimento umano, persino della ormai obsoleta crudeltà o cattiveria.
Perché qualunque essere, anche il più abbietto, dimentica la sua cattiveria se viene adulato.
Ed ecco che ogni social, ogni sito aperto al pubblico, blog compresi, ha creato il suo asse centrale su quel tasto malefico che spesso ti consente di esprimere una favorevole preferenza anche se non hai letto ciò che è scritto o anche se non ci hai capito un cazzo.
Ed ecco che i social “proletari” come Facebook o Instagram creano e disfano miti in base a quanti “like” si riescono ad ottenere.
Oggi non è più tanto importante quanti soldi hai sul conto corrente, ma quanti “like” hai sul profilo e non c’è privacy che tenga, anzi. Alla fine il genere umano è così coglione che le cose finiscono per coincidere: se hai un sito con milioni di “like” hai anche un conto in banca con milioni di euro.
A volte mi chiedo se uno tipo Einstein o Dante Alighieri fosse vissuto all’epoca dei social avrebbe avuto qualche “like” …ce lo vedete il vecchio Albert che su Facebook posta “E=mc2” con relativa formula…non se lo cagava nessuno, ma proprio nessuno.
O il sommo Poeta che posta la sua Divina commedia…avrebbe ricevuto commenti del tipo “Zio, cazzo dici? prossima volta vacci piano con la grappa”…
Invece oggi, perfetti sconosciuti che non hanno mai creato un cazzo in vita loro si inventano qualche balletto in piscina accanto a due o tre fighe decerebrate e creano personaggi seguiti da migliaia di persone che non credo abbiano molto più cervello delle tipe accanto al protagonista.
O tempora, o mores…avrebbe detto il vecchio Cicerone sul suo profilo…ma anche in questo caso i più arditi avrebbero pensato ad un sondaggio calcistico tra centravanti… “raga, io sarei per Mores, come gioca lui non è capace nessuno…poi chi cazzo sarebbe sto Tempora?, dove gioca?”
Poi la cosa è troppo a senso unico e questo non mi sembra troppo democratico. Perché accanto al “like” non ci aggiungono un “mi fa cagare” per dirlo all’italiana? Forse perché i miti di questa effimera e demente orda di “socialisti” (intesa nel senso di patiti dei social e non politico) temono di vedere i “mi fa cagare” prevalere sui “like”? Se non c’è un pulsante del genere ti limiti ad ignorarli ma a me piacerebbe anche un bel link con su scritto “sei un coglione”, sai che soddisfazione?
Ecco, adesso non mi aspetto nessun gradimento a questo scombinato post…

Biografie

Chi non è mai stato affascinato dalle biografie? Chiunque sappia leggere ha sicuramente voluto saperne di più sulle personalità che hanno fatto la storia, coloro che, nel bene o nel male, hanno cambiato il mondo ed il corso della vita della gente. Menti illuminate, profeti, eroi, generali e presidenti di nazioni, imperatori o gente comune che in qualche maniera ha lasciato il segno su miliardi di persone.
Fino a qualche tempo fa nel settore biografie di una libreria o biblioteca che si rispettasse potevi trovare libri che raccontavano le debolezze e gli aspetti nascosti della vita di Napoleone, Marco Aurelio, Giulio Cesare, Aristotele, Alessandro Magno, sino ad arrivare ai giorni nostri attraversando i secoli ed arrivare a JFK, Steve Jobs, Nelson Mandela, Hitler, Stalin, Einstein e così via.
Di recente il livello è un pò scaduto ed anche le biografie hanno iniziato a rispecchiare il decadimento dei tempi. Non più generali di armate, feroci dittatori, martiri o Presidenti di nazioni. Hanno iniziato a farsi avanti le star dell’effimero, coloro che non hanno letteralmente fatto un cazzo per cambiare il mondo ma che rispecchiavano l’abisso di ignoranza e pochezza in cui il mondo stesso è precipitato.
Niente più martiri, santi, eroi… il popolo bue ha perso interesse per certe icone, le quali, a dire la verità, sono anche scomparse dal panorama storico per lasciare il posto ad attori, attrici, calciatori e sportivi in generale.
Ok, non c’è nulla di male per chi ha voglia di scoprire come è morta Marilyn Monroe, a chi vuole conoscere il carattere di John Mc Enroe o Andre Agassi, in fondo anche loro sono state leggende nel loro settore di competenza anche se non hanno cambiato il mondo.
Poi arriviamo ai tempi odierni ed ecco che l’orrore delle biografie libresche tocca un fondo che non può essere superato.
Gente che neanche sa parlare la sua lingua (parlo dell’italiano per appartenenza etnica) si cimenta nella scrittura che è cosa sacra. Scrivere un libro è comunicazione, trasmissione di concetti e pensieri che raggiungono un numero infinito di persone, è una responsabilità che va usata con cautela.
Oggi in testa alle classifiche di vendita chi ci trovate? le biografie di Totti, Marchisio, Buffon, insomma carneadi che non hanno molto di più da raccontare che se scrivesse una biografia la signora Immacolata, portinaia di uno stabile di Bari.
Eppure vendono, le persone li leggono anche se è chiaro che non li hanno scritti loro perchè neanche azzeccano due congiuntivi di fila.
Lo spunto mi è venuto perchè proprio oggi ho letto che un calciatore strapagato dell’Inter ha scritto a 23 anni una biografia che ha scatenato critiche tra tifosi forse più ignoranti di lui.
Mi chiedo e vi chiedo? Ma come cazzo si fa a scrivere una biografia a 23 anni quando sei nessuno e la vita ancora deve iniziare? Ma il peggio è per i poveracci che spendono soldi per questo…per certa gente è sicuro che non c’è alcuna speranza di evoluzione.
Aridatece baffone….