“Il più sfortunato degli uomini è colui che crede di esserlo” (Francois Fenelon)
Insieme alla morte, la nostra ospite di oggi è quella più temuta e vituperata da tutti, con la differenza che la morte può essere solo temuta ma non da alcun modo di essere maledetta da colui che la subisce, mentre la sfiga, oltre ad essere molto temuta, è oggetto costante di insulti e maledizioni da parte della quasi totalità del genere umano.
D: “Inizio con una domanda provocatoria. Essere insultata e maledetta da miliardi di persone ogni santo giorno porta sfiga?”
R: “Cominciamo bene…se devo essere sincera rispondo che a me non fa nessun effetto, anzi. La mia fama si accresce proprio in concomitanza del fatto che sono ogni momento sulla bocca di qualcuno e quindi più sono nominata e più acquisto fiducia nella mia esistenza.”
D: “Dalla sua risposta verrebbe da pensare che lei è insicura di se stessa. Come mai la sfiga ha questa debolezza?”
R: “Perchè è la stupidità umana che mi ha creata e resa famosa. Senza la stragrande maggioranza degli esseri umani io neppure esisterei. Vede, l’essere umano vive costantemente rimpiangendo un certo passato e temendo un certo futuro. Dal momento che passa un terzo della sua giornata a dormire e quasi tutto il resto a rimpiangere e temere, non si gode mai il presente perchè ha la pia illusione che quest’ultimo sia come egli si aspetta. Capisce bene che vivere così è quanto di più stolto ci possa essere e qui intervengo io. Dal momento che le cose non vanno mai bene per tutti allo stesso momento, quando la vita non ti sorride ecco che si da la colpa a me e facendo questo, si accresce la mia fama e la mia autostima. Se gli uomini diventassero all’improvviso tutti intelligenti, io cadrei nell’oblio e nessuno mi nominerebbe più. E’ una prospettiva terribile per me, ma, visto lo stato attuale dell’umanità, credo sia un’ipotesi irrealizzabile o, quantomeno, lontanissima.
D: “Nel corso dei secoli l’umanità ha identificato oggetti, date e addirittura animali che “portano sfiga”. Cosa ha da dire in proposito?
R: “Questa è la cosa che mi fa più ridere di tutte. Io non vivo “al di fuori” dell’uomo ma nella parte più intima ed oscura di lui, quella che cerca disperatamente ed invano di nascondere, insieme alla mia amica paura. Quindi, appena ad un essere umano capita qualcosa che egli teme gli accada, ecco che mi prendo io tutte le colpe mentre la mia amica paura sghignazza con gusto. Devo confessarle che la cosa un pò mi irrita ma ormai ci ho fatto l’abitudine.
Il collegamento di cui ha parlato lei ad oggetti, date o animali che sarebbero i miei mezzi prediletti è senza dubbio frutto dell’opera malata degli “influencer” di turno nel corso dei secoli. Le faccio un esempio banale che è il più classico di tutti. Moltissime persone sono convinte che i gatti neri portino sfortuna e non sa le risate che mi faccio quando sento qualcuno affermare che gli è capitata qualcosa di brutto dopo che un gatto nero gli ha attraversato la strada.
La verità è che questa fandonia è stata messa in giro da quei burloni della chiesa, che nel Medioevo facevano credere che i gatti neri fossero opera del demonio e quindi li bruciavano sui roghi insieme a quelle che loro avevano deciso di chiamare streghe. Il popolo si è bevuta questa imbecillità ma i suoi effetti riverberano ancora oggi. In verità, se proprio devo essere sincera, io detesto i gatti neri, quindi tragga le sue conclusioni…
So di persone che venerdì 13 o 17 addirittura non mettono il naso fuori di casa per la paura che gli accada qualcosa di spiacevole…non immagina le risate che ci facciamo insieme alla paura ed alla morte.
D: “Devo dedurre, da ciò che ha appena affermato, che i vari portafortuna, amuleti ed altra roba simile non abbiano alcun effetto nè valore.”
R: “Ah, questa non è una domanda da fare a me, ma alla mia “nemica”, la fortuna”.
D: “Quindi lei ammette che la fortuna esista. Che rapporto avete tra di voi?”
R: “Certo che esiste. Se lei non esistesse, non esisterei neanche io in questo mondo di dualità. Lei è l’altra faccia di me. Gli antichi saggi dicevano “Quisque faber fortunae suae”, intendendo che ognuno è artefice della propria fortuna. A nessuno è però mai venuto in mente di fare l’equazione opposta perchè nessun saggio ha mai affermato che ognuno è artefice della propria sfiga, eppure la cosa è così ovvia.
Visto che siamo in tema, ci tengo a spiegarle una cosa. Per farlo devo tirare in ballo il tempo. Il destino ha, per ognuno di noi, un disegno diverso, il problema è che noi non siamo in grado di vederlo nella sua interezza. Ce ne accorgiamo, per dire così, a tratti, volta per volta. Quando qualcosa ci accade esclamiamo “che sfiga!” o, di converso, “che fortuna!” come un robot programmato a reagire ad uno dei due stimoli che conosce. Proprio a nessuno viene in mente che quella che in quel momento chiamano sfiga, in un’ottica temporale più ampia, può diventare una vera e propria fortuna e le dirò che, il più delle volte è così.
A tale proposito vorrei raccontarle la storia zen di un contadino cinese che viveva secoli fa in un villaggio con la sua famiglia, una moglie e l’unico figlio maschio. L’uomo viveva del suo lavoro sul suo piccolo appezzamento di terra ed i beni più preziosi che possedeva erano alcuni animali, primo tra tutti un cavallo, senza il quale non avrebbe potuto svolgere il suo lavoro. Un giorno il cavallo fuggì dal suo recinto ed il povero contadino si trovò in grosse difficoltà nel continuare il suo lavoro. La gente del villaggio, venuta a sapere la notizia, espresse solidarietà con quell’uomo, chiedendosi come avrebbe fatto a tirare avanti senza il suo cavallo. A tutti quelli che gli sottoponevano direttamente questa preoccupazione, il contadino rispondeva con una sola parola: “forse”.
Dopo qualche tempo il suo cavallo fece ritorno alla sua fattoria, portandosi dietro altri 5 puledri selvatici che lo seguirono nel recinto e che entrarono quindi a far parte della proprietà del contadino. Appresa tale circostanza, la gente del villaggio si complimentò con l’uomo dicendogli “che fortuna! Prima avevi soltanto un cavallo e adesso te ne ritrovi ben 6”. La risposta del contadino era però sempre la stessa: “forse”. Il suo giovane figlio era impegnato nell’addomesticamento dei nuovi cavalli selvatici che erano recalcitranti ad essere sellati e cavalcati. Durante quest’opera, il ragazzo fu disarcionato da uno degli animali e, nella caduta, si ruppe una gamba. Di nuovo gli abitanti del villaggio si rivolsero al contadino con frasi di costernazione, del tipo “che sfortuna! il tuo unico figlio adesso non potrà più aiutarti nel lavoro alla fattoria, come farai?”. La risposta del vecchio contadino era sempre la stessa: “forse”. In quei giorni il signore di quel territorio dichiarò guerra al sovrano confinante ed emise un editto che prevedeva l’obbligo di partire in armi per tutti i giovani sudditi del suo regno. Naturalmente anche il figlio del contadino sarebbe stato obbligato a partire per la guerra ma, vista la sua gamba rotta, fu esentato dal parteciparvi. Ancora gli abitanti del villaggio esclamarono “che fortuna!, molti dei nostri figli moriranno in questa guerra ma il tuo figliolo potrà restare a casa al sicuro”. La risposta del contadino non cambiò neanche questa volta e rispose a tutti sempre con la stessa parola: “forse”. La storia potrebbe continuare all’infinito ma il senso di questo racconto zen ormai dovrebbe apparirle chiaro. Se analizziamo ciò che noi chiamiamo sfiga e fortuna con la lente lungimirante del tempo, ecco che i confini tra me e la fortuna sfumano quasi del tutto e non si riesce più a distinguerci. Il discorso è quindi molto più complesso di quanto non possa sembrare.
D: “Dal momento che prima non ha voluto rispondere sull’esistenza di amuleti e portafortuna, le faccio la domanda al contrario: esistono le maledizioni ed il malocchio in generale, tendenti dunque a richiamare disgrazie e sfortune su un soggetto preciso?”
R: “Domanda arguta, sulla quale non posso esimermi dal rispondere, visto che mi riguarda direttamente. La risposta è si, esistono eccome, ma anche riguardo a questo argomento va fatta una importante distinzione. Non rivelo certo qualcosa di sconvolgente se affermo che esistono il bene ed il male. Ebbene, maledizioni e malocchio, come li ha definiti lei, sono espressioni del male indirizzati verso qualcuno che si odia. Sono armi potenti e pericolose che bisogna saper maneggiare altrimenti si rischia seriamente di farsi del male.
Mi spiego meglio. Esistono persone al mondo, per fortuna non molte, che hanno estrema padronanza nel gestire fatture e rituali tendenti a far capitare qualcosa di molto brutto ad un’altra persona, sino ad arrivare, in casi estremi, alla sua morte. Queste persone, con un’alta padronanza di rituali magici molto potenti, hanno scelto di vivere nell’ombra ma, come dicevo prima, per fortuna sono davvero pochissime. Tutti gli altri, invece, totalmente ignari delle loro azioni, si limitano a sperare in qualche maniera che alla persona che essi odiano capiti qualcosa di spiacevole e, spesso, questo diventa, per molti di essi, una vera e propria ossessione che li divora costantemente. Queste persone non sanno che il loro odio, espresso con un certa intensità, senza le debite conoscenze, non arriva mai alla destinazione sperata, ma aleggia attorno alla persona che lo ha emesso per ritornarle addosso quando meno se lo aspetta, proprio perchè ogni azione deve avere una reazione uguale, ma, in questo caso, l’influsso negativo dell’odio ricade su colui che lo ha incautamente emesso.
Per fare un paragone banale ma calzante di tutto questo discorso, l’odio nei confronti degli altri è come una pistola carica senza sicura. Se non la si sa usare perfettamente, si rischia di spararsi sui piedi.
La deduzione finale è quella che tutti coloro che mi maledicono finiscono per rigettarsi addosso tutto quanto, mentre io non ne risento affatto e questo per chiudere il cerchio con la prima domanda che mi ha fatto”.
D: “ Ne deducono che, alla luce di tutto ciò che lei ha affermato, non esistono persone che “portano sfiga”.
R: “Oh, certo che esistono, ma possono nuocere solo a se stessi.”
La sfiga, da come parla, sembra personcina piena di buon senso. Le cose succedono, se son buone per noi, sono dovute alla fortuna, se cattive, sono dovute alla sfiga, che non sono altro che proiezioni dei nostri sentimenti in proposito. Io però non riesco ad allinearmi con la sfiga quando afferma esistere persone davvero in grado di provocare la sofferenza e la morte delle loro vittime con rituali ad hoc, a meno che non sia riuscita cogliere un’allegoria… relativa ad azioni concrete, come calunnie estreme, false testimonianze, istigazioni al suicidio, omicidi su commissione…
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Ma che bellaaaaa!
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Sempre pungenti queste ture interviste Gi. Buona notte
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Grazie La…sei sempre carinissima. Un salutone a te!
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