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Facebook people

Se ci fate caso, ognuno, sul social per antonomasia, ha un suo stile, come è normale che sia del resto, allo stesso modo come lo si ha nel vestire, nel parlare e nelle abitudini e gusti della vita di ogni giorno.
L’approccio ai profili altrui si può suddividere in due categorie: quelli che abitualmente, come passatempo preferito, si fanno i cazzi degli altri (quasi la totalità) e quelli invece che vanno oltre l’apparenza del postato per cercare di capire meglio il carattere e la personalità di chi frequenta, virtualmente o nella vita di tutti i giorni.
E’ chiaro che la prima categoria di persone si fermerà a discutere sull’abito indossato da “quella”, mettendo un bel “like” e commentando “stai benissimo tesoro” mentre in realtà pensa (e magari scrive a qualcun altro) “ma non si vergogna? con quei leggins sembra una mortadella, ndo cazzo va?”. E così via sui giudizi di case (“mamma mia che cafonata quel divano!”), fidanzate/i (“ma con che cesso si è messa/o?”), viaggi (“figurati…la crociera l’avrà vinta coi punti dell’Esselunga”), e chi più ne ha più ne metta.
La seconda categoria, quella dei veri “studiosi” social, va invece oltre la mera apparenza dei post presi singolarmente e si concentra su una visione di insieme, guardando da un’ottica più elevata che può fornire una incredibile mole di informazioni sul carattere e la personalità di chi posta. Chissenefrega se ha la camicia macchiata nella foto profilo o il divano a fiori viola e verdi a casa.
Le persone postano le foto che ritengono migliori e scrivono ogni genialata che gli viene in mente, credendo di mostrare il loro lato migliore senza accorgersi che nel complesso, caratterialmente, si mettono più a nudo di una pornostar al lavoro. E se inizi a ragionare così, chiudi il profilo e ti rifugi sulla luna. Per la fortuna di Facebook non lo fa nessuno…
Passando ad una categorizzazione molto generale dei tipi social, ecco che spiccano su tutte, alcune categorie:
1) L’INDIGNATO
Questa comunissima specie facebookiana si suddivide a sua volta in due sottocategorie:
– l’indignato sociopolitico: è quello che se la prende puntualmente con il governo di turno, coi politici di tutto il mondo, coi migranti, con i cacciatori, con la moda, con fantomatici terroristi, con le scie chimiche, con le meduse, con i terratondisti, con i preti pedofili, insomma con tutto quello che non va come dice lui, postando, a fondamento delle sue invettive, sondaggi, citazioni e filmati che certe volte sono bufale così evidenti che farebbero sorridere anche un bambino, ma lui non se ne accorge nemmeno, e posta senza ritegno aggiungendo commenti incazzati del tipo “basta! Questa situazione deve finire…ognuno a casa sua! Bastardi! Ladri! Il presidente tizio vada a schiacciare i ricci col culo, il governatore caio deve andare in esilio a Tripoli, ci stanno manovrando gli alieni, mio fratello è figlio unico, ecc, ecc”. E la cosa peggiore è quella che si trascina dietro una mandria di commentatori che lo appoggiano pure.
– L’indignato sportivo: qui si creano di solito due grandi blocchi: gli juventini e gli antijuventini. E giù fotoframe di VAR, commenti tecnici degni del peggior Bergomi fumato, rosicate di qua, godo di la, CR7 contro H2O, abbiamo preso Abedì Pobà dal Castrocaro terme, il Pippita è ingrassato come un bue ma la mette dentro e la moglie di quello ha le tette più grosse della fidanzata di quell’altro. E così si va avanti all’infinito perchè nessuno cambia idea (come se queste prese di posizione sul nulla cosmico si potessero chiamare idee) e l’unico risultato è quello di una devastazione cerebrale che non conosce confini nè colori.
2) L’AFORISMICO
Anche questa è tra le categorie più comuni su FB, laddove si cerca di far passare per prodotti del proprio pensiero frasi dette magari secoli fa da menti illustri che, per questa ragione, si rivoltano nella tomba. Alcuni onesti temerari hanno il coraggio di aggiungere le tre lettere magiche “cit” perchè sanno che non è farina del loro sacco ma neanche sanno chi cazzo è che l’ha detta, perchè magari Stendhal gli sembra il nome del centravanti della Norvegia.
3) IL/LA SELFISTA
Altra categoria inflazionata sui social (in generale tra i più giovani) e quindi anche su FB è quella di chi si ostina a pubblicare compulsivamente autoscatti fatti con o senza bastone. Al contrario della tipologia del “fotografo” in missione, che ammorba la sua pagina con tonnellate di giga di eventi tra i più disparati quali compleanni della nonna o vacanze a Sharm di cui non frega un cazzo a nessuno, il selfista gira con il cellulare sempre in mano ed ogni tanto lo vedi che inizia ad avere tremori alla mano, sbatte un pò le palpebre, mette la bocca a culo di gallina, atteggia uno sguardo da triglia lessa e parte con una raffica di scatti che nemmeno Rambo col mitra e decine di bandoliere di proiettili riusciva ad eguagliare. La location non conta nulla, quando parte l’embolo il selfista deve scattare. Il numero minimo di scatti è sul centinaio, poi deve guardarli tutti attentamente per decidere quale postare, che è sempre quello che lui/lei ritiene il migliore e non è affatto detto che lo sia davvero.
Lo sguardo selfoso nelle foto che appestano FB è sempre uguale e puoi essere anche Brad Pitt o Charlize Teron, ma l’aria da ebete si nota lontano un miglio.
4) LA ROMANTICA
Categoria comunissima nella popolazione femminile di FB, stracolma di vittime di guerre d’amore che sembra di essere al cimitero Monumentale, dove è possibile leggere epitaffi graffianti nei confronti dell’infame passato e dichiarazioni ottimistiche sull’imminente futuro. A chi è “andato via” si dedicano velate maledizioni degne del peggior Darth Vader di guerre stellari ma, in una contraddizione parossistica, si tende una mano e si lascia comunque la porta aperta al prossimo malcapitato di turno perchè le condizioni poste sono peggio delle clausole di un contratto capestro: “deve amarmi, capirmi, seguirmi, far la penitenza, far la riverenza…” e lo scrivono pure! poi si lamentano che non riescono a trovare nessuno e postano foto nude su Tinder.
5) LO/A CHEF
Non importa se vai a mangiare da McDonald o da Cracco, il facebookkiano chef posta foto di quello che si magna persino se ha aperto una scatoletta di tonno a casa da solo. Con i filtri delle app e sagaci inquadrature, riesce miracolosamente a far apparire la miserabile scatoletta come un piatto gourmet preparato a Masterchef definendolo “stasera filetti di tonno pinne gialle su letto di rucola con contorno di fagioli cannellini e misticanza orientale”. Il socialchef posta foto dell’ingresso del ristorante anche se si tratta della pizzeria kebab “Er zozzone”, i più infidi rubano foto dal web e postano trionfi di astici ed aragoste facendo credere che stanno ingozzandosi di cibi raffinati quando invece sono al cinese sotto casa avvelenandosi con il menu “all you can eat” a 10 euro.
6) IL CALENDARIO UMANO
Facebook, si sa, nasce come social laico e quindi, almeno per coloro che sono stati onesti sulla data del compleanno, ricorda ai suoi iscritti di fare gli auguri a tizio o a caio “rendendo la sua giornata indimenticabile”. Ora, prescindendo dal fatto che questa cosa spinge chiunque a fare auguri anche se non ci si saluta per strada perchè avete accettato amicizie tanto per fare numero ma poi vi chiedete: “Ma questo/a chi cazzo è?”. Ricevere gli auguri da un semisconosciuto non mi rende certo la giornata indimenticabile, piuttosto non me ne frega un cazzo, anzi devo anche perdere tempo a rispondergli.
Ma ecco che il novello frate indovino iscritto a FB, ogni mattina posta su sfondo rosa shocking gli auguri di onomastico a chi si chiama come il santo del giorno. Che, fino a quando si parla di Franceschi o di Paoli si può anche perdonare, ma cosa cazzo fai gli auguri a “tutte le Ermengarde” o a “tutti gli Elpidi” di Facebook?
7) IL GIOCHERELLONE
E’ risaputo che Facebook sforna in continuazione una serie di giochini talmente demenziali che si fa fatica a pensare che qualcuno ci possa perdere anche un solo minuto della vita. Ed ecco che puoi “scoprire” chi eri nella vita precedente, che attore di Hollywood saresti, come sarà il tuo futuro, come ti chiamavi nell’antica Roma, che divinità dell’Olimpo sei stato, sino ad arrivare a che animale saresti…ecco su quest’ultimo test conosco già tutte le risposte, che poi è una sola: l’asino. Capisco che quasi nessuno prende sul serio queste cose ma davvero non avete di meglio da fare?
Per ora mi fermo qui ma l’elenco potrebbe continuare…stay tuned…

Tecnochiesa

Ormai è noto a tutti che la Chiesa sta perdendo colpi ed è in caduta libera. Quando regnava l’ignoranza ed internet era soltanto un’utopia, i preti potevano raccontare tutte le balle che volevano e venivano creduti e temuti perché ti vendevano la cazzata che potevano decidere loro se mandarti all’inferno o in paradiso.
Oggi, con l’avvento delle nuove tecnologie e con la diffusione di una cultura sempre più accessibile a tutti, quelle baggianate non reggono più, ed ecco che disperatamente cercano di adeguarsi ai tempi con trovate che, secondo il mio modesto parere, hanno del ridicolo.
Iniziamo con la “direct line” col paradiso, una linea telefonica dedicata ai peccatori. Tutti i propri segreti confessati via telefono ad un discreto operatore.
Cosi’ una calda e confortevole voce accoglie il peccatore:
“Buongiorno e benvenuti al Filo del Signore, questo servizio vi permette di riconoscere i vostri peccati davanti a Dio e ai fratelli, se volete, e preparare il vostro cuore a ricevere la grazia divina… Per confessarvi premete 2”.
Non sto parlando di uno scherzo o di una provocazione, ma di una linea telefonica dedicata alla confessione aperta in Francia da una società specializzata.
L’iniziativa, comunque non avallata dalla Chiesa ufficiale (ma neanche condannata), propone ai cattolici di confessarsi senza dover necessariamente ricorrere ad un confessionale, al quale pero’, avverte il disclaimer nel sito, non si sostituisce, avvisando che in ogni caso, si tratta di una confessione non sacramentale: non si e’ in presenza di un sacerdote e l’assoluzione, naturalmente, non può essere data. Questo servizio e’ essenzialmente solo un aiuto alla preghiera.
Preghiera il cui costo varia a seconda se si accede al servizio piu’ economico (0,15 centesimi di euro al minuto) o a quello più costoso (0,34 centesimi al minuto); in ogni caso il 40% dell’incasso, e’ scritto nel sito, verra’ devoluto ad una non specificata organizzazione umanitaria. Ma dai…
Composto il numero, la calda e confortevole voce citata in precedenza avvisa gli utenti che per i peccati “gravi e mortali” e’ necessario confidarsi con un sacerdote vero (ergo, loro sono taroccati), perchè è l’unico che può aiutare e concedere loro il sacramento della riconciliazione.
I peccatori, premendo il tasto 1 potranno ricevere consigli utili per la loro fede, premendo il tasto 2 potranno confessarsi e premendo il tasto 3 potranno ascoltare i consigli registrati dagli altri utenti. Poiche’ ognuno e’ libero di fare la sua confessione pubblica registrando la sua dichiarazione dopo essersi pentito, il servizio garantisce a coloro che rifiutano, che le loro parole non verranno registrate o conservate.
Ma non è finita… sullo store di Apple, alla modica cifra di 2,29 Euro troverete (provare per credere), l’app Confession, che guida il peccatore verso il confessionale più vicino.
Insomma si possono raccogliere e leggere le brochure con orari e indirizzi delle funzioni religiose, ricevere in real time le notizie condivise dalla comunità, prenotare la confessione.
Insomma, le vie del Signore sono infinite, ma anche le cazzate della chiesa sembra non abbiano mai fine…

Non mi piace

Sanno come prenderci. La frase finale di un notissimo film, L’avvocato del diavolo, fa dire proprio a quest’ultimo che il suo peccato preferito degli umani è la vanità. La diabolica tecnologia ha subito preso al volo l’autorevole consiglio ed ha creato il “like”, il “mi piace”, per dirla all’italiana, per spronare i deboli peccatori umani a ricercare quella vanità che è diventata più importante di ogni altro sentimento umano, persino della ormai obsoleta crudeltà o cattiveria.
Perché qualunque essere, anche il più abbietto, dimentica la sua cattiveria se viene adulato.
Ed ecco che ogni social, ogni sito aperto al pubblico, blog compresi, ha creato il suo asse centrale su quel tasto malefico che spesso ti consente di esprimere una favorevole preferenza anche se non hai letto ciò che è scritto o anche se non ci hai capito un cazzo.
Ed ecco che i social “proletari” come Facebook o Instagram creano e disfano miti in base a quanti “like” si riescono ad ottenere.
Oggi non è più tanto importante quanti soldi hai sul conto corrente, ma quanti “like” hai sul profilo e non c’è privacy che tenga, anzi. Alla fine il genere umano è così coglione che le cose finiscono per coincidere: se hai un sito con milioni di “like” hai anche un conto in banca con milioni di euro.
A volte mi chiedo se uno tipo Einstein o Dante Alighieri fosse vissuto all’epoca dei social avrebbe avuto qualche “like” …ce lo vedete il vecchio Albert che su Facebook posta “E=mc2” con relativa formula…non se lo cagava nessuno, ma proprio nessuno.
O il sommo Poeta che posta la sua Divina commedia…avrebbe ricevuto commenti del tipo “Zio, cazzo dici? prossima volta vacci piano con la grappa”…
Invece oggi, perfetti sconosciuti che non hanno mai creato un cazzo in vita loro si inventano qualche balletto in piscina accanto a due o tre fighe decerebrate e creano personaggi seguiti da migliaia di persone che non credo abbiano molto più cervello delle tipe accanto al protagonista.
O tempora, o mores…avrebbe detto il vecchio Cicerone sul suo profilo…ma anche in questo caso i più arditi avrebbero pensato ad un sondaggio calcistico tra centravanti… “raga, io sarei per Mores, come gioca lui non è capace nessuno…poi chi cazzo sarebbe sto Tempora?, dove gioca?”
Poi la cosa è troppo a senso unico e questo non mi sembra troppo democratico. Perché accanto al “like” non ci aggiungono un “mi fa cagare” per dirlo all’italiana? Forse perché i miti di questa effimera e demente orda di “socialisti” (intesa nel senso di patiti dei social e non politico) temono di vedere i “mi fa cagare” prevalere sui “like”? Se non c’è un pulsante del genere ti limiti ad ignorarli ma a me piacerebbe anche un bel link con su scritto “sei un coglione”, sai che soddisfazione?
Ecco, adesso non mi aspetto nessun gradimento a questo scombinato post…

Incontri 2.0

Ho imparato ad usare le chat quando la maggior parte delle persone non sapeva neanche cosa fossero, sto parlando di oltre vent’anni fa, quando una persona a me fraternamente vicina aveva già intuito le potenzialità ancora da venire della rete, incluso questo nuovo modo avanguardistico di conoscere nuove persone. Per lui era business, aveva iniziato come Bill Gates da un piccolo appartamento in una città di provincia, ma, malgrado le sue enormi capacità e lungimiranza la faccenda ebbe uno sviluppo non proprio auspicabile e non certo per suoi demeriti, ma per l’ingordigia di certi centri di potere che avevano fiutato l’affare e che lo hanno stritolato. L’importante è che ora lui sia ancora in piedi con nuove idee sempre pronte a sfidare il sistema…
Fu in quel periodo che conobbi #IOL, la chat di Italia on line. Non so se esista ancora ma all’epoca agiva in regime di monopolio, se volevi chattare con qualcuno dovevi iscriverti a IOL. Il bello è che c’era gente vera, magari qualcuno bluffava sull’età, sull’altezza o sui chili ma era fondamentalmente lui (o lei), c’era equilibrio di presenze tra i sessi e non si trattava di caccia di cuori solitari, chat erotiche o scambi di foto improbabili, ma di una sincera chiacchierata con qualcuno che magari si trovava dall’altra parte del mondo. Ricordo ancora con nostalgia quando passai una nottata intera a parlare con il comandante (in pensione) dei Vigili del Fuoco di San Diego… un anziano signore con cui ci raccontammo un sacco di cose e che alla fine mi invitò ad andarlo a trovare, suo ospite.
Insomma era il tempo in cui internet annullava davvero le distanze ed era la frontiera per un mondo migliore e noi ci credevamo.
Oggi purtroppo non è più così. L’uomo ha questa maledetta facoltà di trovare e far prevalere il lato oscuro anche delle cose belle che riesce a creare, sarà forse perché basta una mela marcia a guastare un cesto di mele buone.
E’ successo negli anni 40 quando alcuni scienziati, mossi da un interesse scientifico, imbrigliarono la fissione nucleare; poteva essere un grande dono per l’umanità sotto il punto di vista energetico ma ci fu chi riuscì trasformarla in un’arma di morte per milioni di persone innocenti.
Così internet serviva per annullare le distanze ma quando le solite mele marce intuirono le possibilità, in più facendosi schermo dell’anonimato che la rete garantiva, la utilizzarono per irretire vittime deboli ed innocenti ed il meraviglioso giocattolo ormai si è rotto.
Oggi il mondo delle chat è una giungla senza regole in cui chi si presenta non è quasi mai chi dice di essere.
In genere vi si trovano due schieramenti: i timidi e deboli che fanno fatica nella vita di tutti i giorni e che, conseguentemente, cercano affermazione e conferme in un mondo virtuale e, dall’altra parte, gli avvoltoi che cercano di ghermire quelle facili prede. La vita è sempre una giungla…
Certo non è la regola, ma il rischio, oggigiorno, è enorme.
Avere figli (peggio ancora figlie) adolescenti che hanno libero accesso a questi canali rappresenta un pericolo che si fa fatica ad arginare senza correre il rischio di apparire repressivi.
Per questo motivo oggi prediligo la via dei blog. In fondo sono un pò meno “invasivi” e diretti, anzi rappresentano al meglio quella filosofia che definisco “message in a bottle”, un messaggio informatico sotto forma di diario lanciato nel mare della rete che può condurre ad incontri di mentalità affini. Se incontri veri possono avvenire, allora ben venga, si rischia certamente molto meno.

Miracoli di Internet

Ho notato che i rapporti più belli e la sintonia con certe persone nascono in maniera del tutto casuale ed inaspettata ed in questo la tecnologia di internet, per chi sa valorizzarla, assume un ruolo decisivo. E’ come se potessi selezionare le persone affini in un mare immenso invece che nella pozzanghera delle persone che frequenti quotidianamente.

Ricordo quando anni fa, passando davanti ad un negozio di giocattoli, vidi in vetrina il CD di Risiko digital. Essendo un grande appassionato di quello storico gioco da tavolo fin da bambino, mi precipitai ad acquistarlo, pensando che mi sarei divertito nel tempo libero a fare qualche partitina da solo contro l’IA del gioco su PC. Poi scoprii che il CD aveva un codice che ti consentiva di connetterti ad un server per giocare on line con altri utenti.

Mi si aprì un mondo. Presi una tale scimmia di quel gioco che finii col passare intere notti insonni a giocare on line con quelli che allora erano per me perfetti sconosciuti, connessi da ogni parte d’Italia. Il gioco dava anche la possibilità di una chat line durante le partite in cui la confidenza tra alcuni di noi raggiunse livelli incredibili.

Mi divertivo come un matto, giocavo e ridevo a crepapelle per le cazzate che si scrivevano in chat. Ci davamo appuntamento per ritrovarci e giocare dimenticando impegni e famiglie ed a quel punto non importava più che vinceva, volevo solo ritrovare quelli che non avrei esitato a considerare già allora “amici” con la A maiuscola.

Poi, a dicembre, qui a Milano, la EG (Editrice Giochi) proprietaria del marchio, organizzò il campionato nazionale di Risiko e finalmente tutti noi decidemmo di conoscerci di persona partecipando al torneo.

Non mi dilungo nei dettagli ma ne ospitai 8 a casa mia (che è piccola) e vi posso assicurare che furono tra i più bei giorni della mia vita. Non mi ero sbagliato, conobbi persone stupende, siciliani, calabresi, napoletani, romani, toscani, piemontesi, veneti…tutta Italia insomma.

Come è andata a finire? Ancora adesso, che abbiamo lasciato il gioco on line da parecchi anni, sono le persone che sento almeno una volta alla settimana. Ho fatto il testimone di nozze in Sicilia al matrimonio di uno di loro, sono andato in vacanza per anni con altri due, insomma posso considerarli dei fratelli. Naturalmente non abbiamo mancato nessun appuntamento di tornei dal vivo successivi in quel periodo. Non ce fregava una cippa del torneo, lo facevamo per rivederci e stare insieme come se ci conoscessimo da secoli.

In maniera più sottile e delicata si sta facendo strada adesso la stessa sensazione con questo blog. Sono solo agli inizi, ma mi sembra quasi che la vita, in qualche maniera misteriosa, ti faccia incrociare persone affini, ti faccia leggere alcuni post che parlano all’anima, che ti strappano un sorriso o ti velano gli occhi, ti fanno riflettere e ti portano ad immaginare il mondo di chi c’è dietro quelle parole che esprimono un linguaggio che forse pochi capiscono ed apprezzano fino in fondo.

C’è tanto da analizzare in quello che sto trovando in quelli che ho deciso di seguire, spero di trovare il tempo per farlo come vorrei e come tutti meritano, ma mi affascina l’idea di entrare in contatto con mondi ed anime che finora ho scoperto di una sensibilità e bellezza incredibili…