amicizia

Miracoli di Internet

Ho notato che i rapporti più belli e la sintonia con certe persone nascono in maniera del tutto casuale ed inaspettata ed in questo la tecnologia di internet, per chi sa valorizzarla, assume un ruolo decisivo. E’ come se potessi selezionare le persone affini in un mare immenso invece che nella pozzanghera delle persone che frequenti quotidianamente.

Ricordo quando anni fa, passando davanti ad un negozio di giocattoli, vidi in vetrina il CD di Risiko digital. Essendo un grande appassionato di quello storico gioco da tavolo fin da bambino, mi precipitai ad acquistarlo, pensando che mi sarei divertito nel tempo libero a fare qualche partitina da solo contro l’IA del gioco su PC. Poi scoprii che il CD aveva un codice che ti consentiva di connetterti ad un server per giocare on line con altri utenti.

Mi si aprì un mondo. Presi una tale scimmia di quel gioco che finii col passare intere notti insonni a giocare on line con quelli che allora erano per me perfetti sconosciuti, connessi da ogni parte d’Italia. Il gioco dava anche la possibilità di una chat line durante le partite in cui la confidenza tra alcuni di noi raggiunse livelli incredibili.

Mi divertivo come un matto, giocavo e ridevo a crepapelle per le cazzate che si scrivevano in chat. Ci davamo appuntamento per ritrovarci e giocare dimenticando impegni e famiglie ed a quel punto non importava più che vinceva, volevo solo ritrovare quelli che non avrei esitato a considerare già allora “amici” con la A maiuscola.

Poi, a dicembre, qui a Milano, la EG (Editrice Giochi) proprietaria del marchio, organizzò il campionato nazionale di Risiko e finalmente tutti noi decidemmo di conoscerci di persona partecipando al torneo.

Non mi dilungo nei dettagli ma ne ospitai 8 a casa mia (che è piccola) e vi posso assicurare che furono tra i più bei giorni della mia vita. Non mi ero sbagliato, conobbi persone stupende, siciliani, calabresi, napoletani, romani, toscani, piemontesi, veneti…tutta Italia insomma.

Come è andata a finire? Ancora adesso, che abbiamo lasciato il gioco on line da parecchi anni, sono le persone che sento almeno una volta alla settimana. Ho fatto il testimone di nozze in Sicilia al matrimonio di uno di loro, sono andato in vacanza per anni con altri due, insomma posso considerarli dei fratelli. Naturalmente non abbiamo mancato nessun appuntamento di tornei dal vivo successivi in quel periodo. Non ce fregava una cippa del torneo, lo facevamo per rivederci e stare insieme come se ci conoscessimo da secoli.

In maniera più sottile e delicata si sta facendo strada adesso la stessa sensazione con questo blog. Sono solo agli inizi, ma mi sembra quasi che la vita, in qualche maniera misteriosa, ti faccia incrociare persone affini, ti faccia leggere alcuni post che parlano all’anima, che ti strappano un sorriso o ti velano gli occhi, ti fanno riflettere e ti portano ad immaginare il mondo di chi c’è dietro quelle parole che esprimono un linguaggio che forse pochi capiscono ed apprezzano fino in fondo.

C’è tanto da analizzare in quello che sto trovando in quelli che ho deciso di seguire, spero di trovare il tempo per farlo come vorrei e come tutti meritano, ma mi affascina l’idea di entrare in contatto con mondi ed anime che finora ho scoperto di una sensibilità e bellezza incredibili…

Calcetto

Ricordo la squadra in cui ho giocato a calcetto fino a qualche tempo fa. Un’accozzaglia di scarponi come non se n’erano mai visti, ma ci divertivamo, soprattutto coi soprannomi che mi fanno ridere ancora adesso.

Ci definivano “i crociati” perchè una partita su tre, ad uno di noi partiva il legamento del ginocchio per lo sforzo o per qualche intervento scomposto.

In porta c’era Raimondo, detto X-Ray. Era strabico ma un gran tuffatore…peccato si buttasse sempre dalla parte sbagliata.

In difesa c’erano: a destra Pasquale “caramella”, il difensore più scarso che abbia mai calcato i campi di gioco, così chiamato perchè ogni attaccante, anche il più lento, riusciva a scartarlo con una facilità incredibile. A sinistra Gianni “vaselina”. Ogni volta che affrontava il suo avversario entrava in scivolata. Le alternative erano due: o faceva seriamente male all’avversario e veniva cacciato fuori, oppure veniva saltato perchè tutti conoscevano il suo metodo.

Più in avanti facevano la loro porca figura Gino, detto “Galileo” dalla ben nota frase “eppur si muove”, visto che era l’unico che in una partita di calcetto giocava “a zona”, cioè si piantava nel cerchio del centrocampo e non si muoveva.

In attacco c’era Marco “tazzina”, un coattone di Roma che aveva un’orecchio soltanto per averlo perso in una rissa al Testaccio e Carletto, detto “passerotto” per la sua vistosa pancia con due gambette sottili.

Poi c’ero anche io ma tralascio i commenti…

Socializzare…

Prendendo spunto da un libro che ho letto di recente mi è venuta in testa un’idea un pò particolare. Sto cercando di capire come metterla in pratica, sarebbe un’iniziativa che credo riscontrerebbe notevoli consensi, venendo incontro ad un disperato bisogno della società di oggi e di tutti coloro che vorrebbero renderla migliore.

In fondo di cosa abbiamo un disperato bisogno al giorno d’oggi? Secondo me di comunicazione. E non sto parlando di quella falsa dei media che hanno il solo scopo di farti un lavaggio del cervello unidirezionale ed a cui non hai la possibilità di interloquire, nè quella fredda ed impersonale offerta da internet nelle sue molteplici forme. Certo, con la rete almeno hai la possibilità di confrontarti e scambiare opinioni, ma il tutto avviene in modo freddo e distaccato, spesso senza possibilità di contatto diretto e senza poter verificare che chi sta dall’altra parte del computer sia davvero quello che dice di essere.

Le persone hanno un notevole bisogno di conoscere e confrontarsi, in maniera civile, ed arricchirsi vicendevolmente con un sano confronto che sia utile a tutti, solo che nella vita frenetica di oggi mancano del tutto le occasioni per incontrarsi e soprattutto per incontrare persone nuove.

Da sempre i nuovi incontri sono stati fonte di crescita e di nuove sensazioni ed emozioni, uno scambio di idee, esperienze e passioni che spesso possono cambiare l’intera vita. Restare confinati nel proprio ambiente fatto di idee e frequentazioni ripetitive porta inevitabilmente ad atrofizzare la fantasia e la coscienza, creando tutta una serie di problemi, primo fra tutti quella sensazione di insoddisfazione, noia, solitudine e tristezza di cui soffre oggi quasi tutto il genere umano.

E ben poca gioia si trae dal placebo della rincorsa sfrenata all’accumulo del possedimento di beni materiali perchè essi ci portano inevitabilmente a confrontarci con gli altri in questa folle caccia al tesoro e generare inimicizie ed invidie che ci allontanano ancora di più dalle vere amicizie e dalle possibilità di conoscenze positive, attraendo falsi egoisti interessati soltanto a spartirsi la tua torta materiale.

Chi di noi non ha mai sperimentato la gioia dell’amicizia disinteressata, il fascino di una discussione su un argomento che ci interessa con chi dimostra di saperne più di noi, o l’arricchimento di un confronto teso non a far predominare le nostre idee su quelle dell’altro ma finalizzato ad un sereno scambio di opinioni?

Ebbene, al giorno d’oggi, questo sta diventando una rarità, confinata a poche occasioni perlopiù organizzate da gruppi politici, culturali o religiosi che comunque, pur offrendo la possibilità di allargare il panorama delle proprie conoscenze, lo lasciano confinato in una uniformità di vedute caratterizzata dalla stessa ideologia che li ha creati.

Allora perchè non prendere l’iniziativa di creare un gruppo, aperto a tutti, che dia la possibilità alle persone che vivono in una stessa città di conoscersi e confrontarsi su tutto ciò di cui hanno voglia? Ogni tanto, invece di passare la serata in casa a guardare la televisione, perchè non si potrebbe organizzare un incontro di anime erranti in cerca di compagnia e confronti? Senza fini specifici, solo per passare una serata con persone nuove in cerca di stimoli sociali, confronti e, eventualmente, amicizia.

Quante porte potrebbero aprirsi, quante occasioni di crescita e di sostegno ai problemi a cui crediamo di non saper trovare una soluzione, sempre con la possibilità di scegliere con chi andare d’accordo e con chi no, invece di accettare coloro che le opportunità sociali (peraltro scarse) ci mettono di fronte.

Una specie di “club delle chiacchiere” in cui essere liberi di sottoporre quesiti esistenziali, problemi o semplicemente argomenti futili su cui discorrere in libertà e senza obblighi o impegni, da convocare ogni volta che se ne sente la voglia o che qualcuno lo richieda, usando le infinite possibilità di internet per restare in contatto ed ampliare il giro in maniera proficua.

Credete sia una follia?

Il mago dei regali

Una persona che considero un vero amico mi ha di recente fatto un regalo. Tra le doti che gli riconosco, oltre a quella fondamentale di una vera e disinteressata amicizia con la A maiuscola nei miei confronti, già di per se un bene prezioso al giorno d’oggi, c’è la sua innata capacità di azzeccare sempre i regali che decide di farmi.

La vita ci offre una miriade di occasioni standard per fare regali: compleanni, Natale, lauree, nascita di un bambino, San Valentino, matrimoni, tutti eventi in cui si arriva a ridosso della scadenza e si è perennemente in crisi al pensiero di cosa regalare all’amato/a, al figlio/a o al laureando/a di turno. Il più delle volte si finisce con lo spremersi le meningi inutilmente e ripiegare in zona Cesarini su un evergreen che nel 99% dei casi finirà in fondo ad un cassetto o, nella peggiore delle ipotesi, nel bidone della spazzatura (per gli ecologisti convinti si procederà al drammatico rituale del riciclaggio del regalo in questione che finirà per entrare in un terrificante giro che a volte lo riporta beffardamente alla persona che ha iniziato la catena).

Quindi ecco che arrivano cravatte, cornici d’argento, penne stilografiche, libri su argomenti demenziali ma di pregiata edizione, collanine con santi e madonne, agende di pelle…insomma la tomba della fantasia. Ed a questa miserabile pantomima fa da contraltare l’espressione pseudofelice del malcapitato ricevente/festeggiato che, scartando l’ennesima cravatta (anche se di Hermès) che non indosserebbe neanche ad un veglione di carnevale vestito da Sbirulino, esclama la frase di rito già rodata: “ma è stupenda! proprio quella che desideravo, ottima scelta…grazie! Grazie davvero!”. L’ha imparata a memoria, reprimendo conati di vomito e la recita ormai da attore consumato meritevole dell’oscar per qualsiasi pezzo di ciarpame si trovi costretto a scartare alla presenza dei mittenti che, con la coscienza sporca, sfoggiano anch’essi un sorriso di circostanza falso come un doblone di cioccolata, sperando, in cuor loro, che quel devastante momento finisca quanto prima e che il povero festeggiato passi al prossimo regalo. Il trionfo dell’ipocrisia.

Tutto questo solo perchè ai regalanti non frega una beata minchia della persona e quindi del regalo, e magari neanche volevano andarci a quella stramaledetta festa o matrimonio.

Personalmente, quindi, ritengo che il trucco per un buon regalo sia quello di essere “sentito” se fatto ad una persona a cui tieni veramente. Come in tutte le cose della vita, quando ci si mette il cuore non si sbaglia mai. Di contro, anche se doveste regalare una cravatta, state pur certi che il festeggiato avrà da conto quella cravatta come nessun’altra. La indosserà ogni volta che ne avrà l’occasione e diventerà quasi un portafortuna, arrivando a conservarla gelosamente anche quando avrà terminato la sua carriera di cravatta indossabile.

Le cose, come le persone su questo strano mondo, sono tutte fatte della stessa cosa primaria: l’energia (E=mc2, vi dice niente?). Ed energia positiva finirà inevitabilmente per attrarre altra energia positiva e viceversa. E’ una regola fisica semplicissima, ma pare che la stragrande maggioranza del genere umano non l’abbia ancora compresa.

Tornando al regalo che ho ricevuto, devo dire che si tratta di un quadro. Una riproduzione di un’opera di un artista francese, Paul Signac, dal titolo “Ritratto di Felix Feneon”.

Premetto che l’arte pittorica non è mai stata tra le mie passioni, quindi sarei stato portato a pensare che si sarebbe trattato di un regalo che non mi si addiceva, invece…

Per prima cosa sono stato colpito dai colori della tela, mi hanno provocato una serie di sensazioni contrastanti, una sorta di caos che attrae subito l’osservatore. Poi mi sono invece soffermato sull’uomo in primo piano, distinto ed elegante, sulla sua espressione concentrata unicamente sul piccolo fiore bianco che tiene in mano, simbolo di purezza, incurante del colorato caos che lo circonda. Mi è subito parso, dopo un pò che l’osservavo, come una perfetta metafora della vita, dove basta non lasciarsi prendere dalla spirale caotica della società consumistica per volgere lo sguardo e proteggere quello che più conta, la propria fragile coscienza.

Mi sono documentato su quell’opera e…ci avevo azzeccato in pieno! Sono riuscito a cogliere l’esatto messaggio dell’autore e questo mi ha reso molto soddisfatto e mi ha fatto apprezzare quell’opera non solo per il valore affettivo che riveste, ma anche come una mia iniziazione allo splendido mondo dell’arte.

Un grazie quindi al mio amico Bruno per il suo splendido regalo…