Crediamo in ciò che vediamo o vediamo ciò che crediamo? A prima vista sembrerebbe la stessa cosa, ma se ci riflettete cambia l’origine del credere. Nella prima ipotesi ci lasciamo trascinare dagli eventi esterni e modelliamo la nostra realtà sulla percezione di tutto quello che capita fuori di noi. Nel secondo caso i riflettori si spostano sull’interno ed in qualche magica maniera diventiamo artefici della nostra realtà.
Uno dei teoremi fondamentali della fisica quantistica afferma che l’osservatore, in qualche misteriosa maniera, modifica l’oggetto osservato, per cui a San Tommaso, che ormai ha fatto il suo tempo, preferisco l’attuale teorema scientifico.
Il guaio è che la realtà che ci circonda ci porta di forza a credere in ciò che vediamo e così si viene trascinati nella prima ipotesi, generando credenze negative che a loro volta creano una realtà che non ci piace, cercando soluzioni laddove non possiamo trovarle.
Mi viene in mente al proposito una simpatica storiella:
“Un tizio, di sera, cammina lungo la strada e passa davanti ad un bar. Alla luce del lampione, lì davanti, vede un uomo ubriaco che si trascina per terra cercando qualcosa.
“Ha perso qualcosa?” chiede il passante.
“Le chiavi della macchina”, risponde l’ubriaco.
“Dove le ha viste l’ultima volta?”
L’ubriaco indica un vicolo immerso nell’oscurità, dopo il palazzo.
“Se le ha perse lì, perchè le sta cercando qui?” chiede il passante?
“Perchè qui è illuminato”.