consapevolezza

Polli, passeri ed aquile

“Non puoi volare come un’aquila se lavori con i tacchini” (A Bloch)

Il fine ultimo della vita e dell’esistenza umana è sempre stato quello di avere risposte ai suoi enormi ed irrisolti misteri.
Fin da bambini facciamo domande alle persone che ci stanno attorno ed in quel periodo delicatissimo della nostra vita gli unici a cui farle sono i parenti, in primo luogo genitori, fratelli e sorelle.
E qui, se ti va male, ed hai una famiglia fedele alle tradizioni, religiose e non, il meglio che ti può capitare è che non ti rispondono e ti ignorano perchè credono che le tue domande sono stupide. Solo così inizi a capire fin da subito che le risposte devi cercartele da solo e che dall’esterno ti arriveranno solo idee non tue che, a loro volta, non sono neanche di chi te le vuole proporre. Se invece ti stanno addosso e ti seguono passo passo cercando di trasferirti a tutti i costi i loro concetti di vita ideale e di giustizia, di quello che è giusto e sbagliato, di un certo dio o, addirittura di una squadra da tifare, spesso senza nemmeno aspettare che tu faccia alcuna domanda, allora la situazione si complica e le tue domande sono destinate a moltiplicarsi con il trascorrere del tempo senza che nessuno possa darti una risposta valida che vada veramente bene anche a te.
La verità è che il rapporto tra le possibili domande e le loro risposte è drasticamente sproporzionato.
Fin dal momento in cui la specie umana, per qualche misterioso motivo, separandosi da quella animale, ha iniziato a sentire l’esigenza di porsi un determinato tipo di domande, la situazione ha iniziato ad evolvere in una maniera che, ancora oggi, non sappiamo quanto sia un bene per la nostra specie. Un gatto vive e basta, senza chiedersi perchè è venuto al mondo e cosa ci è venuto a fare, non fa danni al pianeta e certe volte mi viene da pensare che è così tranquillo perchè, al contrario degli uomini, lui conosce già il suo ruolo e non se ne preoccupa.
La natura compie le sue scelte esclusivamente su una base: quella evolutiva. Se una caratteristica della specie si dimostra più valida di un’altra per la sopravvivenza di quella stessa specie, allora, con tempi lunghissimi, la caratteristica migliore inizierà a farsi strada tra le generazioni successive.
Mi chiedo quanto la nostra evoluzione cerebrale, tesa a farsi domande sull’assoluto, sia una caratteristica “evolutiva” della specie, visto che, ad oggi, quasi tutte le risposte ai nostri dubbi esistenziali sono ben lontane dal trovare una risposta soddisfacente, per cui se ne deve dedurre che, in ottica evoluzionistica strettamente intesa, la ragione è stata involutiva.
Ed ecco che una particolare specie di persone inquiete, arrivate ad un certo punto della vita, quando sente che il vegetare tra risposte preconfezionate da altri non gli basta più ed ha troppe domande sul suo taccuino, allora si mette alla disperata ricerca di quel qualcosa che possa giustificare un appagamento al senso della sua effimera esistenza su questo pianeta. E qui mi viene in mente un paragone con alcune specie di uccelli che credo renda bene l’idea.
Il primo stadio è quello della “gallina”, il classico uccello che ha le ali e non vola.
E qui ci sono le galline in batteria, che sono la maggioranza, che conducono un’esistenza segnata, si nutrono in catene industriali sempre uguali, e, quando giunge il loro momento, muoiono in maniera indecorosa anche per la loro specie. Poi ci sono le galline allevate a terra che si differenziano solo per avere uno spazio un pò più grande di quelle sopra ma che conducono un’esistenza non troppo diversa e soprattutto una fine analoga.
E, tra queste due specie, abbiamo descritto oltre il 70% dell’umanità attuale, facendo presente che una gallina non ammetterà mai di essere una gallina. E una gallina non si fa quasi mai domande.
Il secondo stadio è quello del “passero”, un simpatico uccellino dall’anonima livrea di piume marrone che almeno raggiunge l’obiettivo di sollevarsi da terra anche se non di molto. Svolazza tra le cime degli alberi ed ha una visione apparentemente privilegiata del mondo, cinguettando e compatendo le povere galline che non si staccano da terra e sono ingabbiate in percorsi segnati che portano a vite e morti prive di significato.
Il passero, col suo anonimo piumaggio marrone, incontra, durante i suoi voli di ramo in ramo, altri uccelli che volano alla stessa sua altezza, ma dalle livree colorate, con una gamma di colori che vanno dal bianco, al nero al mix di colori variopinti a cui i passeri ambiscono. Addirittura restano estasiati dai pavoni che stanno quasi sempre a terra ma che sanno volare benissimo e cercano di convincere i milioni di passeri a sforzarsi per diventare come loro, oppure cardellini, cinciallegre, canarini, falchi, rondini o qualunque altra razza volatile che non sono loro invece di spiegargli i vantaggi di essere passero.
Quest’ultimo cerca disperatamente di trovare il modo di diventare un falco, una rondine o un canarino, con gli artigli per carpire, un volo veloce per sfrecciare alto nel cielo o un suono melodioso, ma non ci riesce perchè si incasina e non potrà mai riuscirci, col risultato di avere milioni di passeri che invece di essere contenti di volare ed essere passeri cercano di essere falchi, rondini, gabbiani e canarini e per questo sono più depressi ed infelici delle ignare galline.
E siamo al 29% dell’umanità passera che, con il 70% gallina compone il 99% del genere umano.
Il restante 1% appartiene al genere aquila.
Le aquile, al contrario di galline e passeri sono animali in via di estinzione.
L’aquila vola più in alto di tutti e da lassù ha una visione privilegiata del mondo. Le galline forse neanche riesce a vederle ma sa che ci sono. I passeri riesce a scorgerli ed osserva il loro frenetico battito di ali da un ramo all’altro nella speranza di catturare una mosca o un verme per sfamarsi.
L’aquila non vorrebbe essere nessun altro uccello che non sia quello che è.
E’ in cima alla catena alimentare e può cacciare quello che vuole, ma per farlo deve scendere. La sua rapidità di scelta e di attacco non da scampo alle sue prede se decide di ghermirle, ma lo fa solo quando è necessario, non lo fa per il puro gusto di cacciarle. Rettili, mammiferi, altri uccelli come lei…se è necessario ha i mezzi per sopraffarli.
L’aquila è stata il simbolo di popoli quali i babilonesi, gli egizi per cui era l’uccello-anima, i greci, i romani con il loro impero sugli stemmi delle legioni, è citata nella Bibbia, è stato il simbolo di Napoleone ed attualmente è l’emblema degli USA.
Pare che sia l’unico uccello che possa guardare fisso il sole senza procurarsi danni alla vista. I nativi americani ambivano a farsi copricapi con le loro piume, e si potrebbe continuare all’infinito.
Ma che si dicono un’aquila, una gallina ed un passero? la gallina neanche sa che esiste una specie così, il passero le direbbe “vieni ad ascoltare il pavone e l’usignolo e vedrai che ti si apriranno mondi nuovi” .
L’aquila sorride dentro di se e prova pena per i suoi “fratelli” uccelli perchè un pavone l’ha mangiato ieri e l’usignolo neanche gli fa da oliva per l’aperitivo se ha fame.
Ma l’aquila è sola, perchè vola troppo alta ed a quelle altezze manca l’aria e non si avventura nessuno. Non deve sbattere le ali freneticamente come un passero per muoversi, perchè la sua apertura alare le consente di planare a grandi altezze senza il minimo sforzo.
Insomma le galline non si fanno domande, i passeri se ne fanno fin troppe e vanno a cercare le risposte sempre nel posto sbagliato, mentre le aquile hanno cercato a lungo quelle risposte e sono arrivate alla conclusione che, alla maggior parte di esse, non può esserci risposta allo stato attuale, per cui se ne fregano di tutto e scelgono di continuare a volare solitarie in alto nel cielo dove nessun altro può arrivare.

Credere per vedere

Crediamo in ciò che vediamo o vediamo ciò che crediamo? A prima vista sembrerebbe la stessa cosa, ma se ci riflettete cambia l’origine del credere. Nella prima ipotesi ci lasciamo trascinare dagli eventi esterni e modelliamo la nostra realtà sulla percezione di tutto quello che capita fuori di noi. Nel secondo caso i riflettori si spostano sull’interno ed in qualche magica maniera diventiamo artefici della nostra realtà.

Uno dei teoremi fondamentali della fisica quantistica afferma che l’osservatore, in qualche misteriosa maniera, modifica l’oggetto osservato, per cui a San Tommaso, che ormai ha fatto il suo tempo, preferisco l’attuale teorema scientifico.

Il guaio è che la realtà che ci circonda ci porta di forza a credere in ciò che vediamo e così si viene trascinati nella prima ipotesi, generando credenze negative che a loro volta creano una realtà che non ci piace, cercando soluzioni laddove non possiamo trovarle.

Mi viene in mente al proposito una simpatica storiella:

“Un tizio, di sera, cammina lungo la strada e passa davanti ad un bar. Alla luce del lampione, lì davanti, vede un uomo ubriaco che si trascina per terra cercando qualcosa.

“Ha perso qualcosa?” chiede il passante.

“Le chiavi della macchina”, risponde l’ubriaco.

“Dove le ha viste l’ultima volta?”

L’ubriaco indica un vicolo immerso nell’oscurità, dopo il palazzo.

“Se le ha perse lì, perchè le sta cercando qui?” chiede il passante?

“Perchè qui è illuminato”.

Tempo libero

Al giorno d’oggi pensiamo che la schiavitù sia stata abolita, ma forse è stata solo sostituita da un’altra forma più sottile ma non meno costrittiva: l’assoluta mancanza di un rapporto con noi stessi. Se non abbiamo qualcosa da fare, ci sentiamo persi.

Quando l’essere umano perde il rapporto con se stesso, nei momenti di libertà si ritrova in compagnia di un estraneo. Si può essere padroni di case, barche, industrie o ingenti conti in banca ma non si è padroni di se stessi.

Ciò perchè in tutta la vita si cerca di coltivare forsennatamente attività e relazioni esterne per arricchire il patrimonio esteriore, trascurando quello interiore. E così quando un uomo ha tempo libero a disposizione si sente un buono a nulla, si annoia mortalmente ed è di peso a se stesso. Lo definisce “tempo perso”, non sa che fare nei “tempi morti” e cerca qualcosa per “ammazzare il tempo”. Tutte connotazioni negative.

Seneca diceva: “L’unica cosa veramente nostra che la natura ci ha dato è il tempo. Un bene sommamente fuggevole che noi ci lasciamo togliere dal primo venuto. Non è vero che non abbiamo tempo, la verità è che ne sprechiamo molto“.

Istinto e ragione

Non siamo più abituati a fidarci del nostro istinto naturale. E’ il più grande dono che ci è stato dato insieme alla ragione.

Ma abbiamo lasciato che quest’ultima avesse il predominio ed uccidesse l’istinto per cui l’uomo adesso non riesce più a fidarsi di lui. Quando la campana suona, il lume della ragione ne spegne il suono.

Il dono dell’istinto ci indica la via e può salvarci la vita, la ragione può distruggerci…

L’effettivo valore

Mi sono imbattuto in una storia che molti conosceranno, ma ripostarla non credo faccia mai male…

“Un professore mostra un biglietto da 20 € e chiede ai suoi studenti: “Chi vuole questo biglietto? ” Tutte le mani si alzano.

Allora comincia a sgualcire il biglietto e poi chiede di nuovo: “Lo volete ancora?” Le mani si alzano di nuovo.

Getta per terra il biglietto sgualcito, lo pesta con i piedi e chiede: “Lo volete sempre?” tutte le mani si rialzano.

Quindi dice: “Avete appena avuto una dimostrazione pratica! Importa poco ciò che faccio con questo biglietto, lo volete sempre, perché il suo valore non è cambiato. Vale sempre 20 €”.

Molte volte nella vostra vita, sarete sgualciti, rigettati dalle persone e dagli avvenimenti. Avrete l’impressione di non valere più niente, ma il vostro valore non sarà cambiato agli occhi delle persone che vi amano davvero. Anche nei giorni in cui sentiamo di valere meno di un centesimo il nostro vero valore è rimasto lo stesso.”

Versi sciolti

Lasciati andare, culla i tuoi sogni

ma non farti rapire da loro.

Apri la mente all’impossibile

perchè impossibile lo sarà solo se tu lo crederai.

In te è racchiuso il segreto dell’universo,

ma se continui a guardare fuori non lo vedrai.

Un fiore o una goccia di pioggia

hanno da insegnarti più di mille libri.

Ciò che può essere detto con le parole non è la verità.

Fai tacere il tuo io e lascia spazio al cuore,

solo così incontrerai ciò che chiami Dio.

Dio è perfezione senza il limite dei sentimenti.

Oltre la nebbia

Che fare quando senti qualcosa che ti grida dentro che la vita non funziona così come la stai vivendo? E cos’è quel qualcosa? Dove vuole portarti, ma soprattutto come?

Tempo fa ho inserito il mio gettone nel videogame della vita, ho avuto qualche arma di base e mi sono conquistato le altre combattendo e sconfiggendo qualche nemico. Qualcun altro, invece mi ha accorciato la linea verde dell’energia ed il timore è sempre quello che sullo schermo appaia la scritta GAME OVER ed io avrei finito i gettoni. Avrei giocato la partita solo combattendo per poi essere sconfitto senza arrivare a capire cosa c’è in fondo al gioco.

Non voglio sprecare il mio gettone e la mia vita combattendo, vorrei cambiare perchè così non mi piace.

Sogno ogni giorno un’esistenza nuova, tranquilla e luminosa, perchè quella che ho vissuto finora è avvolta in una foschia densa e confusa che nasconde quello che c’è oltre la punta del naso. Mi rendo conto che oltre questa nebbia c’è qualcosa di enorme ed importante da fare, ma non riesco ancora a capire che cosa.

Capitano sempre più spesso attimi, intuizioni in cui emozioni sconosciute si muovono nel cuore. Sono solo lampi lontani che faccio fatica a raggiungere.

Mi fa letteralmente imbestialire il fatto che il nostro presente ed il nostro futuro siano impostati su un “programma”, un copione che tutti siamo tenuti a recitare per non essere messi ai margini della società. La scuola, l’università, il lavoro, una casa, vestiti alla moda, la famiglia, il buon nome con gli altri, la loro considerazione ed accettazione. Tutte realtà preconfezionate impostate come regole da seguire per una vita “normale” ma che imprigionano il vero senso di libertà che c’è dentro ognuno di noi.

Quanti ingegneri, avvocati, medici, architetti, anche di successo, avrebbero voluto fare i pittori, i musicisti, i ballerini, gli scultori o i poeti? Quanti riconoscerebbero di aver sacrificato i loro sogni e la loro anima ad una “normalità” o ad un successo che non sentono loro?

Se tutti avessero fatto davvero quello che sentono, il mondo non sarebbe in queste condizioni.

Vorrei vivere una vita straordinaria, non legata a denaro e successo sociale, di quello non mi frega nulla, vorrei dare un senso a tutto, diradare quella nebbia e vedere oltre ma non so ancora davvero cosa desidero, ancora non mi è chiaro. Forse mi basterebbe essere l’artefice del mio vero destino, senza condizionamenti imposti da regole esterne che rischiano di farmi soffocare.

Se riesci a sintonizzarti su quelle sottili vibrazioni che ti arrivano, intuisci che esiste qualcosa di infinitamente superiore a tutto quello per cui hai combattuto e che possiedi. Potresti non riuscire mai a percepirle nel corso di tutta una vita ed allora la vivresti e consumeresti dormendo, ma se ti capita, allora noti che tutte le tue convinzioni si sgretolano, le priorità cambiano, quello che inseguivi fino a ieri perde completamente d’importanza e ti chiedi cosa sta succedendo…non riesci nemmeno a capire se è un bene o un male. Ti viene voglia di combattere, di tornare indietro, di riappropriarti della tua vita, o perlomeno di quella che fino a quel momento avevi creduto fosse la tua vita…ma ti rendi conto che è impossibile tornare indietro… poi una sera guardi uno strano film e senti la protagonista pronunciare queste parole: “La nostra vita non è nostra. Da grembo a tomba siamo legati ad altri, passati e presenti. E da ogni crimine o gentilezza generiamo il nostro destino”.

Pensieri e realtà

Tutto è energia. Il letto su cui dormiamo, la casa in cui abitiamo, il cibo che mangiamo. Noi stessi siamo forme di energia solo un pò più complessa. Lo ha dimostrato il grande Albert Einstein con la sua famosa e rivoluzionaria formula E=mc2. Quasi tutti la conoscono ma pochi sanno l’effettiva e sconvolgente portata di quella semplice formula. In parole semplici essa afferma che l’energia è equivalente alla massa contenuta o emessa da un corpo, laddove “c” è la costante determinata dalla velocità della luce.

Ogni massa può convertirsi in energia e, di converso, l’energia può trasformassi in massa anche se a noi umani questo poco importa dato che non abbiamo a che fare con nulla di questo nostro mondo fisico che viaggi alla stessa velocità della luce.

E se invece noi uomini avessimo esperienza quotidiana con qualcosa che può viaggiare a simili velocità senza rendercene conto? I nostri pensieri, per esempio. Chi ha mai calcolato la velocità di un pensiero? eppure sono decine di migliaia quelli che ci passano per la mente ogni giorno.

Ma se tutto è energia, perchè non possono esserlo anche i pensieri? Questo è poi quello che affermano anche molti scienziati di recente. Ne deriverebbe che essi possono per questo influenzare la materia, prima fra tutte, quella del cervello che li ha generati. Essi ispirano i sogni e le invenzioni, provocano attrazione o repulsione tra esseri umani, modellano i nostri livelli di consapevolezza e ci portano a prediligere certe cose a scapito di altre.

Edgar Cayce diceva che i pensieri sono cose e possono creare crimini o miracoli. Vero.

Credo quindi che la nostra realtà sia il risultato dei nostri pensieri, quell’energia che riusciamo, in qualche maniera misteriosa, a trasformare in massa sulla base dell’equazione einsteiniana.

Se pensiamo con la mente e le credenze di altri, che ci sono state trasmesse e che abbiamo appreso, formeremo una realtà che non è nostra, per questo è necessario andare il più possibile a fondo di noi stessi, della nostra più vera entità e dar libera espressione a quelli che sono i pensieri che sentiamo essere solo nostri, difenderli senza vergognarcene, anche se non sono “alla moda”, perchè solo allora saremo in grado di creare la nostra vera realtà e vivere più felici.

Lo sconosciuto

Chi siamo noi? Questo dovremmo saperlo, almeno credere di saperlo anche se a volte ci stupiamo da soli per ciò che facciamo o pensiamo, quindi davvero possiamo dire di conoscerci?

Ma come si fa a conoscersi davvero? Siamo sempre vissuti con noi stessi, in fondo non ci siamo mai separati neppure per un istante, ma forse abbiamo dato per scontate cose che non erano del tutto scontate. A chi non è mai capitato di avere reazioni inconsulte di cui ci si è pentiti o stupiti immediatamente dopo? Allora quale parte di noi è affiorata in quel determinato momento? Forse qualcosa che cerchiamo di nascondere anche a noi stessi, qualcosa che non accettiamo faccia parte della nostra persona e del nostro carattere.

Avete mai pensato che non vi siete mai visti veramente? Voi siete dentro quel corpo, siete quel corpo e la conoscenza che ne avete è alquanto indiretta, attraverso delle foto o uno specchio. E quante volte vi capita di non piacervi in quelle stesse foto o in quello stesso specchio? Comunque resta una conoscenza indiretta. Foto e specchio rimandano un’immagine che il più delle volte non è mai quella reale, per cui affermare che non vi siete mai visti e mai potrete vedervi è un dato di fatto inconfutabile.

Stesso discorso per la nostra voce. Suono e timbro percepito da noi stessi mentre parliamo è completamente diverso da quello percepito dagli altri. Avete mai provato ad ascoltare la vostra voce registrata? Irriconoscibile.

Ma allora siamo davvero così sconosciuti a noi stessi? Per quanto riguarda l’esterno abbiamo visto di si, forse perchè l’esterno non ha molta importanza (anche se per la maggior parte degli esseri umani sembra sia l’unica cosa essenziale), ma chi non cerca almeno di conoscersi internamente allora è destinato per sempre a restare un estraneo a se stesso. Un destino terribile, a ben pensarci. Convivere tutta la vita nel corpo e nella mente di uno sconosciuto.

Deve esistere una conoscenza che è molto più grande di noi e può essere raggiunta attraverso l’amore e la solidarietà totale ed incondizionata tra tutti gli esseri umani che sono in qualche maniera tutti collegati gli uni agli altri. Ma la società ed il suo stile di vita ci sta spingendo sempre di più verso l’isolamento e la solitudine, il vero male di questi tempi, che ci porta a metterci l’uno contro l’altro, nell’affannosa, inutile ricerca dell’affermazione di un ego che, da solo, non può arrivare da nessuna parte. Sconosciuti tra gli sconosciuti.

E’ facile comprendere chi resta aggrappato alle apparenze, alle mode ed alle infinite frivolezze della vita, esse sono un porto sicuro con regole precise e ben conosciute, un gioco con rigide istruzioni a cui adeguarsi. Chi le segue ha diritto a sedersi al tavolo dei giocatori, chi non le segue è fuori.

Io ho deciso di alzarmi da quel tavolo, non condividevo le regole e non mi piacevano molto i giocatori ma mi rendo conto che la strada è impervia, buia e sconosciuta per chi ha il coraggio di avventurarsi su sentieri che in pochissimi cercano di percorrere. Nessun punto di riferimento, solo una bussola che ci è stata data dalla nascita ma che non è mai stata usata.

Per questo bisogna credere sempre e solo in se stessi. Anche se gli altri ti sono contro, difendi sino alla morte le tue idee, sono le tue e non devi rinunciarci per sposare quelle di un altro. Le idee sono come i figli, non puoi rinnegarli anche se non sono perfetti, ma sono i tuoi e devi difenderli a qualunque costo.

Essere coerenti con le proprie idee è il vero modo di essere liberi. Seguire una moda significa non avere idee proprie, vuol dire che hai bisogno che qualche altro ti dica cosa fare, come devi vestire, dove devi andare a divertirti, cosa mangiare, cosa dire, cosa guardare alla TV, insomma diventi un burattino che non ha in mano i suoi fili, li ha qualcun altro e ti farà andare dove vuole lui, non dove decidi tu.

Pensa sempre con la tua testa, non cercare riscontri o approvazioni, non saranno mai unanimi e finiranno col privarti delle tue sicurezze. Non cercare consigli, anzi cerca, nei limiti del possibile, di non darne. I consigli sono giudizi travestiti e qualunque realtà va osservata, non giudicata per essere compresa. I giudizi, poi, sono come le impronte digitali, ogni essere umano sulla terra ha i suoi e quindi sono ciò che di meno obiettivo esista, frutto dell’esperienza di vita di ognuno.

Se vuoi davvero cambiare la tua vita cerca di non cambiare mai te stesso…

Intuizione

Intuizione è un attimo, una scintilla, un improvviso squarcio nella nebbia del quotidiano. E non arriva da sola, no. E’ ispirazione, capacità creativa, estro. Chi pensa che siano solo colpi di fortuna si sbaglia di grosso. L’intuizione è metodo, pensiero voluto, evoluzioni mentali…e molta chimica. L’intuizione è l’altra faccia della sensibilità. Se sei arido non intuisci le emozioni, le menti degli altri ti sono precluse e non riesci ad avere feeling. La sensibilità però ti porta su un piano pericoloso, perchè capisci i sentimenti prima che si manifestino, riesci ad assorbire emozioni nascenti, ti appropri di sguardi che non sono tuoi, rubi frutti ancora acerbi. Non sempre è positivo. L’intuizione rompe l’apparenza e genera una sensazione impercettibile che ti striscia lievemente addosso, calma e placida, a volte immobile, che resta così anche per un tempo infinito senza che tu riesca a darle retta. Poi torna ad accendersi il pensiero, la nebbia si dirada e la razionalità torna a governare tutto, riportando le cose nella loro scontata ovvietà…

Il cappellaio matto

Mi sto allontanando dal branco. Mi sento sempre più solo. Non so quando e come è iniziato. Sia chiaro, non è un grido di aiuto o di sofferenza, no, affatto. E’ il risultato di una costante introspezione che mi porta a riflettere su ciò che conta nella vita. Ho iniziato ponendomi delle domande, tante, troppe. E adesso non so dare una risposta, a nessuna. Per ora. Mi chiedo come facciano le persone a non porsi certe domande sulla loro vita, a non cercare un senso a tutte le difficoltà che gli si parano davanti, a non rendersi conto di essere artefici del loro destino. Perchè un senso deve esserci. Noi siamo più di quello che sembriamo.

E’ meglio proseguire con una benda davanti agli occhi o avere gli occhi aperti quando davanti c’è solo il buio? Forse la domanda andrebbe riformulata. Si è più sicuri a procedere con una realtà virtuale imposta dal sistema o avere il coraggio di togliersi lo schermo e procedere ad occhi aperti nell’oscurità? nel primo caso vedi sempre una luce ma è artificiale, è quella che vedono tutti andando in una certa direzione, tutti conformati alla strada che la realtà virtuale proietta. Emozioni comuni, esperienze comuni, tutto può ricondursi alle regole di un gioco che stiamo giocando come pedine e non certo da protagonisti quali siamo e dobbiamo essere.

Io sto camminando a tentoni nel buio e non vedo quello che gli altri vedono, vedo soltanto loro camminare, scontrarsi, soffrire, discutere andando in una direzione dove il buio è più nero.

C’è chi è convinto di sapere dove sta andando ma va solo dove lo stanno portando. Io invece non so dove sto andando, un pò come la “selva oscura” di Dante, un sentiero di mistero e paura che deve condurre da qualche parte anche se la meta non è chiara.

Ci sono tante, infinite domande che ci si dovrebbe porre se si fa funzionare la mente in modo autonomo. Lo so che non è facile trovare le risposte, ma non capisco come non si possa porsi almeno le domande per sperimentare qualcosa che trascende una vita programmata e, tutto sommato, noiosa. Ti accorgi, senti che ci sono poteri in te che ogni tanto affiorano, ma non ti rendi conto del perchè. Il più delle volte li liquidi con la spiegazione di una banale coincidenza, casualità. E torni a dormire. Ma succedono ancora e ancora. E allora forse devi renderti conto che non sono coincidenze, che ci deve essere un’altra spiegazione ed io ho tutta l’intenzione ed il tempo di trovarla. Forse questa vita non mi basterà, ma non ho intenzione di mollare. E’ una strada da cui non si torna indietro.

Nel paese delle meraviglie di Alice c’è una frase simbolica del Cappellaio matto che dice: “C’è un posto che non ha eguali sulla terra… Questo luogo è un luogo unico al mondo, una terra colma di meraviglie, mistero e pericolo. Si dice che per sopravvivere qui bisogna essere matti come un cappellaio. E, per fortuna…io lo sono”.

Il mio miglior nemico

Non ho nemici, almeno non credo. Come qualcuno ha già detto, sono responsabile di ciò che dico e faccio, ma non lo sono delle interpretazioni che gli altri danno ai miei gesti ed alle mie parole.

Mi sono sempre sforzato di non far del male a nessuno e quando ci sono stato proprio costretto per una questione di “legittima difesa”, ho cercato, anche a costo di sacrifici, di limitare i danni.

Quindi credo di non avere nemici nel vero senso della parola. Forse ho deluso qualcuno, ma nemici no. Almeno non nel senso che c’è qualcuno che mi vuole morto.

Bè, a ben vedere un nemico ce l’ho, il peggiore dei nemici, la mia nemesi, quello con cui combattere la più sanguinosa delle battaglie, il giustiziere dei giustizieri, il samurai invincibile: me stesso.

E’ una vita che sto cercando di farmelo amico, di parlarci, di condividere i sogni, di capirlo ed accompagnarlo dove vuole andare. E’ difficile, quasi impossibile. A volte non mi riconosco, mi sorprendo da me, quindi mi viene da pensare: se non mi riconosco io stesso come posso sperare che mi capiscano gli altri?

E, se razionalizzi questo concetto, non badi più al giudizio della gente, sai che comunque non può essere che fallace, non puoi prendertela perchè ti criticano per i capelli lunghi, i vestiti strani o i numerosi tatuaggi…non sai neanche tu perchè li hai fatti. Ti piacevano e tanto basta.

E quel desiderio che non conosci, ma che ti porta verso mete sconosciute, non sai spiegartelo neanche tu, ma c’è e lo segui.

Qui c’è da fare un distinguo. Ti fai un tatuaggio o ti tingi i capelli di blu perchè lo fanno tutti o perchè ti piace e te ne fotti del giudizio degli altri? Nel primo caso dovresti rivedere qualcosa. Ti stai lasciando trascinare da una corrente che non è la tua e che ti porterà laddove un giorno non ti piacerà essere arrivato. Allora o torni indietro oppure ti abbandoni alla corrente e rinunci ad essere te stesso. Nel secondo caso allora chiediti il perchè. Perchè ti piacciono i capelli blu o quel gigantesco tatuaggio di un gabbiano sulla schiena?

Ed ecco che ti trovi di fronte, nella sua cruda realtà, il tuo miglior nemico: quel qualcosa che ti spinge a compiere dei gesti di cui dubiti la correttezza ma che ti piace fare.

Allora lo affronti, gli chiedi: “Perchè?”. Non ti risponderà mai, ti sorriderà e ti spingerà a riflettere, ma dovrai scoprirlo da solo.

Poi ci sono delle volte in cui mi darei una pacca sulla schiena, altre volte in cui non mi sopporto proprio. Ma non riesco ad essere abbastanza soddisfatto nel primo caso e non riesco ad odiarmi nel secondo. Insomma un vero casino.

Mille volte mi sono ripromesso di fare o non fare una determinata cosa, mangiare meglio, smettere di fumare, avere una vita più regolare, non bestemmiare, non desiderare la donna d’altri…anzi no, le ultime due fanno parte di un decalogo troppo antico quindi non le ho mai sentite mie. Ma quelle che ho sentito mie invece non sono riuscito a metterle in pratica fino in fondo, inizio ma poi mi tradisco. Ma si può essere più idioti ed inaffidabili? Un giorno sono irremovibile ed il giorno dopo faccio esattamente il contrario di quello che mi ero fermamente riproposto. Non vi fidate di me, mai. Se riesco a fregare me stesso immaginate cosa potrei fare a voi.

Un nemico, se non lo puoi battere, cerchi almeno di evitarlo, ognuno per la sua strada. Ma come posso prendere una strada diversa da quella che mi sono scelto io stesso?

Se fosse possibile mi prenderei un pò di ferie da me stesso, ogni volta una silenziosa discussione col mio miglior nemico, specie quando si tratta di scelte importanti. Fallo! No, anzi, rifletti…forse non è la scelta migliore….ma si, dai, buttati! E se poi…

Eh no, basta, quando fa così proprio non lo sopporto il mio miglior nemico. ma perchè continui a mettermi in testa dei dubbi? Se ho deciso che è così, così sarà! Mmmmm…sei sicuro? ma chi comanda qui? Io o tu? E chi sono io? E chi sei tu?

Quasi sarebbero da preferire gli ordini imposti, almeno non li si può discutere anche se sono i più stupidi del mondo. Lo devo fare, quindi non rompere! Ma è possibile che per andare d’accordo io e te, devo ubriacarmi?

Io mi vedo come unico, tutti ci vediamo come unici, ma non ci rendiamo conto che in noi vivono tante personalità? E non tutte ci piacciono…il Dottor Jekyll ne sapeva qualcosa. “Oggi mi sento triste”, oppure “oggi mi sembri radioso”, “oggi non ho voglia di fare nulla”, “oggi ho un sonno pazzesco” e così via all’infinito. Quindi c’è il me triste, quello allegro, quello stanco, affamato, incazzato…oddìo allora quanti nemici ho? Stai a vedere che ne ho più dentro che fuori.

Ma, dopo tutto questo tempo a litigarci, ho capito una cosa: che riusciremo a ritrovare noi stessi soltanto quando avremo messo pace tra noi ed il nostro miglior nemico, perchè lui è li per insegnarti qualcosa che non si impara a scuola nè da nessun altra parte, qualcosa che lui sa e che sta a te scoprire. E se sei in pace con lui, sei in pace col mondo.