Essere umano

C’è un abisso di differenza se utilizzi “essere” come verbo piuttosto che come sostantivo. La maggior parte delle persone su questo pianeta sono esseri umani senza essere umani.
Si è perso il significato ed il valore di essere umani, forse perché è uno status che consideriamo acquisito fin dalla nascita. E’ ovvio che si nasce umani ed umani si muore. Ma riusciamo davvero ad essere umani durante il nostro passaggio di vita?
La storia dell’umanità riflette, sin dai suoi albori, quella che dovrebbe essere l’evoluzione di ogni singolo uomo, che non consiste nel semplice fattore biologico di una nascita, una crescita ed una morte, ma in un aumento della profonda consapevolezza di ciò che significa davvero essere umani.
Siamo solo una specie che fa parte integrante dell’equilibrio naturale ma fingiamo di non accorgerci che, per mantenere quell’equilibrio, che è il nostro stesso equilibrio, dobbiamo fare la nostra parte di esseri umani per preservarlo e migliorarlo, non certo per alterarlo, perché tutto questo potrebbe equivalere ad un suicidio di massa.
L’umanità intera si sta evolvendo da millenni, è stata giovane ed è cresciuta, secolo dopo secolo, ma adesso non si riesce a capire se stia ancora crescendo o, come sembra, sia terribilmente invecchiata e, di conseguenza, inizi a dimostrare i segni evidenti del cedimento che sono i prodromi della morte.
Si avverte, infatti, un certo senso di appagamento negli esseri umani di oggi, quasi la convinzione che ormai si sia “arrivati” e che non resti molto altro da scoprire, visti i passi da gigante della scienza in ogni settore negli ultimi decenni.
Gli stessi scienziati, e non solo la gente comune, stanno commettendo il grossolano errore che, nel 1900 commise Lord Kelvin, stimatissimo fisico ed ingegnere britannico, il quale, parlando davanti alla British Association for the Advancement of Science, a Bradford, pronunciò queste scellerate parole: “Ormai in fisica non c’è più nulla di nuovo da scoprire”.
Gli uomini hanno demandato tutto alla scienza ed alla tecnologia, convinti che, se dovesse sorgere qualunque problema, una macchina futuristica o un computer potentissimo sarebbero in grado di risolverlo. Ma è solo un’illusione.
Certo, l’odierna tecnologia rende molti aspetti della vita quotidiana più semplici, ma abbiamo mai riflettuto sul prezzo che abbiamo pagato e che stiamo ancora pagando?
Abbiamo delegato a quella stessa tecnologia tutto quello che ci rende umani, ne siamo diventati schiavi, non riusciamo a fare più nulla senza un computer, uno smartphone o un tablet. Abbiamo di conseguenza sacrificato la nostra creatività, che è la principale caratteristica ed il più grande dono di un essere umano. Non riusciamo più a creare qualcosa che sia originale, che sia nostro, che ci renda unici. E questo perché diciamo di non avere tempo, quel tempo che le macchine avrebbero dovuto regalarci in abbondanza ma che invece ci ha sottratto del tutto. Che cosa non ha funzionato?
Se non riusciamo a creare e quindi a far emergere la nostra “umanità”, siamo costretti a scegliere tra quei (pochi) modelli preconfezionati che la società ci propone ed in un certo senso ci impone.
Ed ecco che ognuno cercherà di assomigliare a questo o a quello, essere magra come una modella o bello come un attore, ricco come un industriale o seguito come un influencer. Si sono creati alcuni poveri modelli e, di conseguenza, milioni di copie venute male.
Credete che tutto questo sia “essere umani”? Ci siamo ridotti ad un ammasso di cellule con funzioni biologiche che sfruttano ed uccidono quegli animali che pure fanno parte della stessa natura e che reputiamo privi di diritti. Ebbene, anche loro, come noi, sono un insieme di cellule con funzioni biologiche che pensano, ragionano e provano sentimenti. Se dovessi fare un paragone, direi che sono anche migliori degli umani, perché tra quei sentimenti non sono comprese la crudeltà e la cattiveria. L’uomo è l’unico essere del creato capace di uccidere un suo simile per il solo piacere di farlo. Stiamo attenti quando parliamo di “superiorità” della razza umana.
Tutti hanno dimenticato che quello che ci rende “esseri umani” è invece la capacità (che gli animali non hanno) di porsi determinate domande.
Nell’antichità, i cui uomini non esitiamo a definire “barbari” o “incivili”, quelle domande erano invece all’ordine del giorno, la filosofia era una parte vitale delle società antiche. Molti sovrani erano abili condottieri e grandissimi filosofi, come Marco Aurelio, uomini nel vero senso della parola a cui veniva demandato il comando di interi popoli e dai quei popoli venivano amati.
Oggi non esistono più condottieri, ma solo uomini meschini ed individualisti e la filosofia, intesa etimologicamente come “amore per la conoscenza” è scomparsa del tutto, relegata a materia odiata nelle scuole ed appannaggio di pochi uomini che nessuno è disposto più ad ascoltare.
Ebbene le domande dei filosofi sono le “domande dell’uomo”, quello che ci contraddistingue come “esseri umani”, e che ci dovrebbe far progredire in un cammino che non può essere concluso.
Non dico che tutti dovrebbero porsi le universali questioni del “chi siamo” e “da dove veniamo”, anche se sarebbe auspicabile, ma almeno ognuno di noi si dovrebbe porre la domanda di “chi vuole essere”. Ma neanche questo accade, e se non ti poni il problema di chi vuoi essere, allora sarai sempre e soltanto ciò che gli altri di diranno di essere o faranno in modo che tu sia, e quello non sei tu.
I grandi saggi del passato hanno sempre affermato che bisogna vivere l’attimo presente ed avevano ragione, perché quasi tutti sprecano letteralmente l’intera vita a rimpiangere un passato che non può tornare o a preoccuparsi ed avere il terrore di un futuro che non c’è ancora e che forse mai ci sarà.
Paradossalmente l’umanità sta mettendo in pratica quell’insegnamento come collettività universale e non come singolo individuo. Così facendo sta sovvertendo i benefici di quel modo di essere.
Una umanità che è tutta tesa a vivere soltanto il presente, depredando le risorse del pianeta, inquinandolo, distruggendo intere zone ed ecosistemi, per il loro benessere di oggi, è destinata a scomparire.
Se l’individuo, per essere felice, deve vivere il suo presente, il genere umano deve avere lo sguardo dritto sul futuro e non spremere il presente come se un domani non ci fosse. Noi in quel domani non ci saremo, ma i nostri figli e nipoti si, ed oggi stiamo creando una generazione del tutto incapace di costruirsi un futuro, per cui dovremmo pensarci noi, preservando l’ambiente ed educandoli a farlo a loro volta.
Se per “essere umani” non abbiamo voglia di apprendere la filosofia, almeno impariamo la storia, ma non quella del nostro quartiere, della nostra città, regione e nemmeno nazione. Dovremmo imparare la storia di tutti i popoli, conoscerne le rispettive culture ed origini, perché sono convinto che il dilagante razzismo ed intolleranza nei confronti di chi è “diverso” da noi a cui assistiamo oggi deriva soltanto dall’ignoranza.
Se continuiamo ad educare le nuove generazioni secondo una logica di quartiere avremo una sempre maggiore frammentazione delle coscienze, gruppi chiusi a difesa del loro piccolo sentire, gli uni contro gli altri.
Non importa se il “diverso” è nella città vicina o dall’altra parte del mondo. Se conosco solo la storia del mio “gruppo di appartenenza”, ignorando quella dell’altro secondo la folle ed imperante logica dell’equazione che ogni “diverso” deve anche essere “peggiore” di te, otterrò sempre e comunque un mondo frammentato ed in guerra perenne.
Le tradizioni sono importanti e vanno tramandate, ma in quanto parti di una cultura comune che deve fare leva sulla curiosità della conoscenza (qui ritorna il vecchio metodo filosofico) e non sulla demenziale certezza di essere i depositari del sistema di vita migliore, perchè quale sia il sistema migliore credo che nessuno lo abbia ancora capito. Gli esempi che abbiamo oggi sono totalmente fallimentari.
Nuova conoscenza e tradizione possono e devono coesistere. Creare una società di persone, esseri umani appunto, che sanno da dove provengono ma che abbiano voglia di migliorare, arricchendosi di nuove esperienze e nuovi modi di intendere la vita rispettandosi, deve essere l’obiettivo a cui tendere. La certezza del passato per una evoluzione nel futuro, vivendo appieno il presente singolarmente, nel rispetto di tutti e dell’ambiente in cui siamo immersi.
Questa semplice formula ritengo sia quella che posa farci “essere umani”.

6 comments

  1. ciao vecchio milfone,
    bel post, molti spunti, tante incertezze, bravo!

    Forse, come amo dire spesso, siamo semplicemente dei mammiferi che nella loro evoluzione hanno sviluppato una blanda forma di intelligenza negativa, probabilmente l’unica specie che si auto estinguerà per dabbenaggine dopo aver distrutto il mondo.
    Anche il concetto di “progresso” è relativo, è bastato un virus per mettere in ginocchio il pianeta, ci sentiamo marziani perchè dipendiamo ormai dalla tecnologia ma siamo ancora tremendamente e terribilmente fragili e impotenti, fingere di non esserlo non aiuta.

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